UOMO - Anno III - n. 3 - settembre 1945

68 colo di tennis»). Non arrivavano all'orrore ma neppure al fastidio, al ribrezzo che lo scrittore raggiungeva in altre occasioni, non contribuivano neppure alla sensazione di di– sagio, a quel rimprovero che, preoccupati di noi stessi, incontravamo in Moravia, ri– conoscendoci nella nostra condanna. La disperazione di Moravia era altrove, nella rivoltella di Michele che non sparava dopo la recita del gesto in cerca di un'emo– zione che non lo possedeva, di una collera che non lo eccitava; era nel biglietto col nome dell'amante sconosciuto che Carla na– scondeva in seno. La disperazione era in quel non sapere entrare nel cerchio della vita, in quel non sapere rinunciare ai pro– pri vizi, ai propri errori (in un suo rac– conto Moravia parla di due amici e di una donna. Uno persegue un ideale di uomo, l'al– tro vuole osservare, sperimentare, la donna è una creatura animalesca, con l'esistenza ridotta ai sensi, al sesso. Lo sperimentatore vuole che l'amante seduca l'altro, e di qui un gioco persino ingenuo di contrasti, sinchè ognuno rimane nella sua posizione, nella sua miseria dopo avere riconosciuto un limite. E' una forza che vorrebbero credere estra– nea, una mano pesante che li riconduce nella loro squal1ida immagine; dicono, riconosco– no: « E' più forte di me», e lì si esaurisce la loro protesta, ridivengono rassegnati. So– no gente che non si può ostinare cont1~0una

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