UOMO - Anno III - n. 3 - settembre 1945

26 consistere nel cambiamento di livello sociale). Ma è cosa normale che le condizioni sociali più ele– vate non siano di per sè chiuse a nessuno, ed è pure normale, e più importante ancora, che, a qua– lunque struttura sociale gli uomini partecipino, ab– biano la medesima possibilità di accedere, ciascuno secondo i propri sforzi e le proprie condizioni, alla sua pienezza w11a11a, a quei frutti di saggezza e di umana vjrtll il cui sapore non è identico, ma pia– cevole alla stessa maniera per colui che passa la sua vita a lavorare la terra o a filosofare, e per colui che governa lo stato. Così nozioni come « pa·– rità di cha1tces » o « eguaglianza di condizioni >>, che l'egualitarismo ha trasformato in chimere, di– ventano reali se vengono intese non nel senso di eguaglianza pura e semplice, ma di eguaglianza proporzionale. Questa eguaglianza di proporzioni svolge un ruolo fondamentale nella comunità. Quel che Proudhon non ha canito è che nel dominio delle relazioni tra l'insieme sociale e le sue parti essa diventa la Giustizia personificata. L'eguaglian– za, per il semplice fatto che non riguarda l'Uomo astratto, ma la persona concreta, tende a passare in un certo senso - sempre rispettando però le diver– sità, e quindi le diseguaglianze concrete connesse con l'esercizio della vita individuale e personale nel seno della società - nel campo di queste stesse di– seguaglianze: diventa allora quella diseguaglianza proporzionale che caratterizza la giustizia distribu– tiva, la quale tratta ciascuno secondo i propri me– riti ; e così, percorrendo e risistemando tutte le dise– guaglianze, la giustizia ristabilisce in certo qual modo la eguaglianza. In conclusione, se l'eguaglian– za è alla radice, e la diseguaglianza costituisce le ramificazioni, è una nuova specie di eguaglianza che, grazie ai rapporti stabiliti dalla giustizia, dal– l'amicizia e dall'umana compassione, finisce con lo stabilirsi quanto ai risultati. E' opportuno insistere su quest'ultimo rilievo, e trarne le deduzioni. Poichè la vita sociale, pur es– sendo postulata dalla natura, è opera di ragione e

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