UOMO - Anno III - n. 2 - giugno 1945

il volto. D'improvviso udì dietro di sè le esplosioni della rivoltella. I lunghi ghiaccioli che pendevano dal tetto della cucina volarono infranti. La porta della cucina si aprì e Kata gridava venendogli in– contro con le braccia tese. Nia non era col– pito, solo sarebbe meglio, perchè questo cuore è stanco dell'urlo delle abeta.ie , del cielo inclemente, della miseria. Noi non viviamo, questa è la nostra sorte terrena, ma non sappiamo morire. Le esplo– sioni erano rimaste nell'aria, che il vento le por– tasse via a valle. Il capocampo guardava davanti a sè, poi la rivoltella gli è caduta di mano. Era un uomo smarrito. E jl vento precipita su noi. *** E' inutile tentare di ribellarci, credetelo: noi siamo confinati nell'attesa, l'attesa di un fatto che muti tutti, noi e gli altri. Siamo nella rete della paura, della miseria: il pane che cj siamo rubato, le menzogne che abbiamo detto, l'ira che abbiamo tante volte contenuta, repressa e che ha finito per avvelenarci il sangue. Adesso, d'improvviso siamo in rivolta, ma non sappiamo combattere, lottare, anche adesso attendiamo. Si resta in baracca, dalle finestre guardiamo la cucina, poi la strada che vie– ne dal paese tra le abetaie infuriate di vento. Attendiamo che ci diano da mangiare, che venga la polizia: non importa neppure cosa. Importa che siamo fermi e tutte le parole suonano vane, delle menzogne cui vorremmo rinunciare. La luce era livida fuori, le montagne erano scomparse nella tormenta; l'ombra avanzava verso la branda. Tom– maso attendeva, come quando era all'ospedale, quel– le tristi, lunghe giornate con gli occhi sul moscone azzurro, impigliato al soffitto, quando pensava ad un ritorno nella sua terra, a casa con la convin– zione che tutto fosse impossibile, impossibili anche i pensieri. Stava dentro alla febbre come ad una casa, un vecchio edificio rovinato, pieno di morte 59

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