UOMO - Anno III - n. 2 - giugno 1945

ceva voglia di sputare. « Manca persino il sale », diceva Attilio. Queste parole annoiavano Tomma– so; ha appoggiato di nuovo la testa sul cuscino, i capelli lunghi torti sul collo fanno male. Ma la voce di Attilio è mutata, è tesa, dura: sta acca– dendo qualcosa, forse quello che attendevamo da sempre. Non sappiamo cosa si attendeva, pure ades– so qualcosa sta accadendo, basta guardarsi in vol– to, basta parlare per capirlo. L'ira che sale e que– sto lividore di bufera, i tonfi delle imposte. Ora succede qualcosa. Tommaso sentiva ansia nella sua voce. « Che succede Attilio», disse, « che succe– de?>, diceva ed era come cadere a precipizio. « Sia– mo in sciopero>, Attilio disse, « non si lavora più, siamo in rivolta. lessuno è andato a lavorare sta– mani». Aveva gli occhi chiari fermi, le guance fitte di barba. « Non si lavora più», diceva, « nep– pure i polacchi, gli ucraini sono andati a lavorare stamane». Era accaduto questo, accadeva questo e i lavori devono andare avanti, l'ingegnere ha fretta, l'ingegnere chiamerà la polizia, vi saranno arresti, percosse: soltanto questo, niente si decide, niente si risolve. Qualcuno aveva acceso la stufa, lo stanzone si riempiva di fumo. « II capocampo ha detto che non darà più da mangiare», diceva Fe– derico, « stanno cercando di accomodare il telefono per parlare con l'ingegnere». La porta sbattè di nuovo improvvisa, ma non era il vento, Tomma– so lo comprese <lai silenzio improvviso, le voci trattenute come per un'apparizione. Erano l'assi– stente e il capocampo. Vennero direttamente verso la branda di Tommaso come se dovessero parlare con lui. II capocampo infagottato in una grande mantella lucida sembrava un nano; teneva una ma– no in tasca, la tasca era gonfia. Parlò con la sua voce sottile, facendo scivolare le parole una sull'al– tra, neppure compiendo le frasi. Tommaso poteva capirlo meglio, lui doveva parlare ai compagni. Do_ vevano tornare al lavoro subito, non erano in un paese che permettesse lo sciopero: non era una 55

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