UOMO - Anno III - n. 2 - giugno 1945
ubbidire. Tommaso aveva paura 1 di sè stesso e di qualcosa che poteva accadergli dentro o che po– teva essergli già accaduto 1 uno smarrimento in– fantile al confine del pianto. Gli tornarono in men– te gli occhi azzurri di Eric, la sua paura del mon– do. Atterriti anche per una speranza. Perchè un giorno segue all'altro e niente si risolve, niente si decide: noi, tu, jo, gli altri, rimaniamo nella nostra umiliazione, nel nostro rancore: e anche l'ira non può riscattarci 1 ad ogni sera siamo più schiavi 1 più umiliati, sconfitti. Le stelle si erano alzate sulle abetaie e la loro danza inquieta pareva denunciare una catastrofe. *** Riprese a nevicare; come l'altro ieri, come ieri: dei fiocchi larghi azzurri dal cielo senza clemen– za. Il freddo sembra essersi sciolto intorno in in– sperata mitezza ma subito ha preso a cadere neve, i gridi, le voci suonano inutili. 11 carrettiere po– lacco riportava indietro i cavalli, parlava in tede– sco con i cavalli 1 la voce era umile e con le mani cercava <li carezzarli e convincerli. I cavalli tor-– navano indietro. Troppa neve, e più gli operai sa– livano, più la tormenta della notte aveva spaz– zato ogni segno di strada. Tommaso guarda la neve liscia, quieta e perfetta come la sabbia dopo il vento. Adesso cadeva altra neve. I paloni ab– bandonati dai cavalli erano già coperti da un orlo leggero, nella giornata sarebbero stati sepolti. I cavalli non potevano più lavorare, ma gli uomini potevano lavorare ancora; quando la neve è trop– pa si toglie, si spala via. Si libera la strada che sale la montagna verso le buche dei paloni, e poi arrivano i cavalli 1 s.i trasportano i paloni alle buche, si alzano i paloni: la linea elettrica va avanti tra abetaie d'ombra, pendii lisciati dalla tormenta. Set– tanta uomini, ma sempre qualcuno è malato, ed è male: i capi si lamentano, così i lavori non pos- 45
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