UOMO - Anno III - n. 2 - giugno 1945

44 siero. Si lasciò andare sulla neve, non gli impor– ta va di prendere freddo. Si rannicchiò, tenendo le mani nel calore delle cosce, poi ricordò il pane che aveva in tasca e tirò fuori l'involto. Man– giava con furia e rivedeva il volto rosso della suora. Il vecchio gli si era fermato vicino e guar– da\"a scuotendo la testa. Poi con un piede toccò il corpo del giovane e Tommaso guardò il vecchio e il vecchio gli diceva di muoversi, di alzarsi, cammina– re, che a rimanere fermo sarebbe. morto. Parlava il dialetto della valle, è come se un groppo gli ruzzoli in gola nelle parole; scuoteva la testa e rideva. Tommaso rimaneva sdraiato nella neve e quel riso di vecchio, quegli occhi malevoli e sospettosi lo irri– tavano sino all'eccitazione. Non riusciva più a mangiare, il boccone era di colla, un impasto cat– ti vo 1 amaro. Si alzò e le gambe parevano non poterlo sostenere, strette dal freddo. Ora veniva fuori la luna, sul deserto di neve gli abeti dive– nivano ombre di una paura infantile. Il vecchio rideva sempre. Tommaso sollevò un braccio, vo– leva colpire : ma poi si vede la mano aperta in quel gesto inutile, sospesa nella luce fred– da. Questa non era vita e le tempie gli bat– tevano nella febbre. Ripresero a camminare accan– to, come se fossero amici. Il vecchio doveva essere il padre di Kata; Tommaso tornava al campo e l'avrebbe rivista. Gli scarponi scricchiolavano sul– la neve ghiacciata, un lieve vento muoveva fioc– chi di neve dai ram.i degli abeti. Sulle montagne deve essere tormenta. Ora mettersi ad urlare, dire il proprio nome, chiamarsi con affetto. Per strada abbiamo bisogno di compagnia. Ma si è sempre soli. La strada si restringeva ad un varco esiguo nella neve dura, le pedate di qualcuno che era già passato. Saljva verso le montagne e il vento era voce di angoscia tra le abetaie. Tommaso era stanco, già stanco di quello che avrebbe fatto e avrebbe detto domani. Perchè tu non sei libero, ti comandano e devi ubbidire, gli stranieri devono

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