UOMO - Anno II - n. 2 - aprile 1944

Nell'Atene cli quei tempi d'oro de111os erano i cin– quemila «privilegiati». Nella repubblica giuridica di Roma, f,op11/11s furono i cives. Le arti e i me– stieri in Firenze medioevale e de1 rinascimento, le botteghe milanesi nel primo comune, le corpora· zioni di Francia e d'Inghilterra credettero di es– sere «popolo»: /11/10 il popolo, tutto quello, cioè, che potesse comunque aspirare al governo della ,·es p11blica. Venne la rivoluzione francese: il citoye11 1 per la prima volta massa, ebbe il diritto cli combattere in armi per la propria patria. Da quel momento seppe di far pur esso parte del «popolo» che aveva m, dovere da compiere ed una dignità da difendere. L'idea che noi ne conservammo nell'Europa libe– rale proviene per linea diretta dallo sconvolgi– mento del 1789. E' de111os la borghesia, il « terzo stato». Chi appartiene ad un gradino sociale infe– riore - quarto stato o proletariato - non lo è che di nome: non riesce nemmeno a realizzare il prin– cipale postulato della nuova legge sociale, la libertà. Perchè non è libertà l'abbrutirsi sul lavoro per guadagnare da vivere. Non è libertà il 11011 es– sere in grado di aspirare ad un miglioramento spi– rituale quando manca fino il tempo di rendersi conto che la vita non è soltanto sudore e fatica. Non è libertà lo scegliersi, per votazione, un capo che non si conosce, e che 1 anche se lo si conosce, non si è in grado di valutare, di giudicare, di stimare, se non per luoghi comuni, per suggestione o per istinto (che sarebbe già molto). 61

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