UOMO - Anno II - n. 1 - gennaio 1944

La. \ppeu.1 ·tocca111111u il cancel\n posai gli occl1i sul bianco abito di Rosa la cui falda si allargava irrealmente attorno alla sua persona. ?\li spinse nel viale. sor"cgliando i miei gesti. <<Vieni», mi co– mandò. « 11011 temere di nulla». « Non voglio en– trare in casa», urlai, << ho paura!>>. Tutto era enor– memente dilatato dal mio spa\·ento. La casa ave\·a sotto i raggi della luna un suo ghigno di gesso che pareya sul punto cli esplodere se non fosse stato inchiodato dalle licyi colonnine ciel portico. Due platani si picgaYano morbidamente verso la facciata, esausti. A me pareva dovessero crollare dinanzi alla porta. Urlai ancora, gettandomi a terra. <<Alzati>>mi ordinò Rosa. Sentii improvvisamente l 'ur.to del suo piede contro il mio seno. << Lasciami qui>>, gemetti, « non voglio entrare in casa, questa non è casa mia». << Sei malata», continuava Rosa, « debbo dunque avere ancora tanta pietà di te? Alzati, va a coricarti». Volli obbedirle; ma, guar– dando ancora verso il giardino (ero ormai sul por– tone) mi parve di scorgere tra i primi alberelli delle aiuole, a sinistra, una figura maschile del tutto simile a quella che un'altra notte aveyo là it1co11- trato. Essa si tendeva, sorridendo, verso di mc. Le sue mani erano lunghissime, per tutta la zona d'ombra. Riconobbi l'apparizione e urlai il nome di :vfario. «Strega!», esclamò soffocata Rosa e mi percosse nuovamente. In quel momento udii per le scale i passi delle cameriere che si erano alzate, in allarme per noi, e ci venivano incontro. Appena Rosa, rovente d'ira, si distaccò da me (questi mo– menti mi tornarono alla memoria qualche giorno dopo), svenni. * * * Per parecchi giorni la febbre continua mi allon– tanò da ogni incubo. Poi, ristabilendomi, comin- 49

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