UOMO - Anno II - n. 1 - gennaio 1944
Kòn dove\'a esser passalo molto tempo quando mi ridestai. P'!r un poco non mi fu possibile di– stinguere coloro che mi attornia vano. Sorpresa e incerta nelle parole, non mi accorsi dapprima della pesantezza che mi gravava sul capo e scendeva dentro di me sino a mutarsi in una nausea ansan– te: un irreale torpore mi legava, allontanando da me la paura del mio stato. Finalmente potei chie– dere cosa fosse accaduto. I compagni della serata mi guarda,·ano ostina– tamente, senza parola. Come se già conoscessero che ero scossa non Yolevano azzardare, restavano in un silenzioso imbarazzo che faceva più forte il loro respiro, quasi in un'incerta attesa. Rosa stava appoggiata alla finestra, volgendoci le spalle. La chiamai, e finalmente tentai cli sapere. La pa– drona di casa s'alzò e, avvicinandosi a me, chiese tin)idamente, eludendo la mia domanda, se 11011 fosse meglio accompagnarci a casa. « !\1"011 sto male», mentii. « Vorrei sapere quanto è successo». La signora VV.. si volse allora agli altri, per doman– darne il consenso: ma il marito, quasi imponendole 1111 necessario silenzio, le ricordò che occorreva molta discrezione. « Dopo tutto>>, raccomandò, « sono affari delle signorine, in cui non dobbiamo entrare in alcun modo». Ero sbalordita. Provai ancora a rinfrancarmi. ma 11011 riuscii a smuovere nessuno. « Debbo aver fatto qualche brutta figu– ra ... », sospirai con mentita spensieratezza, « 11011 ricordo davvero nulla». Fui così ripresa-da quanto pativo, e confessai d'aver la febbre. Rosa allora s'avvicinò a me. << Basta, Giulia», mi disse. << Questa è stata una serata un po' bizzarra, ed è tutto. Scusiamoci presso questi signori, e tor– niamo a casa». :Mi alzai con sforzo, tentando cli sorridere, ma trovai attorno a me goffi uomini che, 47
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