UOMO - Anno II - n. 1 - gennaio 1944

42 sacrificargli la serenità della mia vita: occorreva davvero che liberassi Rosa da lui. Mario, reso più audace dal mio apparente con– senso, un giorno cercò di abbracciarmi. Gli chiesi con cattiveria cosa volesse concludere. Non parve stupito a questa domanda. Rispose che dovevo in ogni modo aver fiducia in lui ed obbedirgli: intanto lo attendessi la notte seguente nel giardino della villa. Là mi avrebbe fatto conoscere quanto aveva deciso. All'ora fissata mi trovai all'appuùtamento. Ma– rio mi parve subito assai eccitato. Scorgendomi nel buio mi corse incontro e, dopo avermi abbracciato, mi chiese a bassa voce se volevo fuggire con lui. Mi ribellai. Gli risposi che non avrebbe dovuto illudere Rosa se non era sicuro del suo amore verso di lei. Non gli restava che allontanarsi da noi, perchè non ci avrebbe dato che male. Egli rimase un poco in silenzio, quindi mi chiese di per– donarlo per quanto mi aveva proposto. Amava me sola, ma gli sembrava disonesto lasciar che Rosa soffrisse. D'altra parte non aveva il corag– gio di confessarle il suo cambiamento. Nè Mario nè io trovammo in quel momento il pensiero di ricorrere a Rosa. Ci parve per un attimo d'essere creature disperate e senza alcun conforto se non il sincero scambio dei nostri sentimenti : << Bisogna aver fiducia nel bene>>, mi ripeteva senza convinzione Mario, « nessuno di noi ha agito per cattiveria ». In queste parole trovai una verità che prima non conoscevo. Gli credetti, giurai che mai più le avrei dimenticate. Per questo, forsc 1 11011 gli resistetti. Solo quando rientrai nella mia camera, di fronte al buio e al silenzio pauroso di ogni oggetto (la scala interminabile al buio, ogni passo pieno di

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