L'Unità - anno IX - n.3 - 15 gennaio 1920

10 L'UNITA Scuola e carattere Le due lettere di 11/iles Studens pubblicate dall'Unità sono piene òi idee, e suscitano molte osservazioni. Ne esporrò qualcuna, mantenen– domi sulle generali. li mio compito è molto fa. cile, perchè si tratta, in certo qual modo, di triticare: e ringrazio prima di tutto 1lfiltts Stu.– dens di aver dato con la sua chiarezza e sin– ccri:à 11occasione di questa discussione. ,Il punto centrale, di cui si preoccupa 111i– les Studem, è questo: necessità della forma– zione del carattere. È vero. Credo che in Ita– lia si abbia una media di dirittu~a morale _inferiore a qualche altro paese. Noto però che imputarne solo o principalmente il signor Gio– litti> è un po' ripetere l'errore di quelli che vedev:mo nel Kaiser la sola causa della guerra. Ma tiriamo via. Dunque: scopo: formazione del carattere. Mezzo: riorganizzazione del si– -sterna scolastico nazionale. Ebbene, questo mez1,0 mi pare, di natura -sua 1 inadeguato allo scopo. La scuola, da che mondo è mondo, non ha mai formato nessun carattere, eccetto due, che non furono scuole, ma sètte: quella de– gli stoici e quella dei geSuiti. Il pregiudizio che un buon ordinamento scolastico serva a formare il carattere, è vec– chio : e ha dato origine a libri celébri : ma a nient'altro che libri. Leggendo le lettere di Mi/es Studms, mi venivano in mente i Discorsi alla nazi'one tedesca del signor Fichte. Tutta la generazione prussiana - diceva Fichte - im• putridita, come la rotta militare e morale di Iena aveva dimostrato, doveva mettere i figli in collegio; ccl met.Jdo pestalozziano, dell' au– tocontrollo e dell'armonia nello sviluppo fi– sico e spirituale, si sarebbe avuta la nuova ge– nerazione nutrita di ,m®lla di leofle; tempo: anni venticinque. Nel problema dell'educazione nazionale mi sembra si debbano distinguere tre questioni: I) Diffusione dell'istruzione eleméntare : in– segnare a leggere, scrivere e fare di conto : nessun'altra preoccupazione. 2) Formazione del raziocinio, cioè inse– gnare a pensare. 3) Formazione ciel carattere: cioè sommi– nistrazione della midolla del leone. Si deve chiedere alla scuola ciò l!he e.,sa può dare, cioè 1) e 2). E temo che oggi chie– dere tanto, sia già chiedere troppo. . .. 1) Diffusione dell'istruzione elementare. Sono alleato di tutti i partiti, (ii tutte le sètte', di tutte le camorre, se vc,lete, in quanto cooperino a questo fine. Sono col prete, an– che se farà compitare i suoi allievi sulla dot– trinetta; sono col massone, anc.he se li farà compitare sulle costituzioni del Grande Oriente. Lasciate che socialisti e clericali si battano a sangue ;er impadronirsi della scuola ele– mentare! lo regalerei la detta s(uola a chi mi garantisse di insegnare l'abbkcì a tutti gh ita– liani. Termini del problema: stanziamenti suf– ficienti di biÌancio, e leggi che obbligluizo lo Staio ·a mantenere gli impegm verso le zone più povere e più arre/raie del Paese. (Védi il volum·e di Salvemini, Problemi sociali ed educa– tori dell~Italia contemporanea, ed articoli nel- 1' U,,iliz e nell'Edu;azlt:me nazionale.) 2) Formazione del raziocinio. Qui passiamo ad una questione· piì1 com– plessa. Prescindo - per ora - dal discutere come alle scuole di istruzione media e supe– riore gli alunni possano arrivare.: se col con– corso, come vuole Mi/es Stmlens, o col sistema attuale. Comunque vi urivino, cosa possono trovarci? La cosa prima ed ultima che troveranno, a scuola, sarà una congerie di fatti e di no– zioni da mandare a memoria. Pensiamo un po' a quanto succede nelle altre nazioni: in Fran– cia, per esempio. Anche qui l'istruzione secon– daria consiste in una certa somma di nozioni. Anzi, il cosidetto sovraccarico, noi lo abbiamo preso più dalla Francia che dalla Germania. E credete che le generazioni, che ci hanno preceduto, e da cui usci quella minoranza che mise insieme l'Italia - e un po' di carat~ tere doveva averlo - abbiano ricevuto una istruzione diversa? Ma che! Erano tormentate peggio di noi dalla retorica di Padre Soave e da un insegnamento meccanico e formalistico quanto mai. Se oggi i resultati sono inferiori, òovremo dar la colpa alla scuola ? Prendiamo un esempio pratico. Una fami– glia ordinaria. Il padre impresariv. Una certa agiatezza. 1 genitori confidano a mc, amico di famiglia, le loro ambizioni: il primogenito dovrebbe essere ingegnere meccamco, la . ~e– conda, diploma di maestra di pic1no,eccetera. C'è un guaio. I ragazzi non studiano. I pri– mogenito, al Ginnasio, è bocciatissnnu. Ripe– tizioni e rimproveri. Come sanì, mi doman– dano, come può essere che 1w11 ami lo studio? Con questi programmi l C:m quuto latino I - Io mi guardo intorno. - La risposta non è nella scuola, ma nella casa. Casetta borghese, ele– gante. Nessun quadro. Nessun libro. Il padre leggerà, si e no, il Giornale d'ltalia: metodo g:arentito per diventare imbecille in tre anni. Uno ;Studio, do\'e si possa studiare con calma, non c'è: pensano sia meglio metterci la guar– daroba. Breve, nessuna tradizione di studio, niente. Perchè quel ragazzo dovrebbe studia– re? Ne è impedito materialmente e spiritual– mente. La borghesia ilaliana, non solo, ma tutta la borghesia, viene su co~ì, odiando lo studio, perchè non può studiare. • 1lfiles Studcns accenna .ai concorsi. Osservo subito, che coi concorsi sistematici, le cose non miglioreranno molto. Ho avuto sott'occhio, da studente, parecchi compagni con posti gra– tuiti nei convitti, o che usufruiv.. ano dell1e:-;en• zione. Ordinariamente, figli di impiegati biso• gnosi, che assillano il figlio perchè a'rrivi al- 1'otto : e il ragazzo studia, Stavo per dire trotta. Pen.:hè in realtà il suo è il trotto del- 1'asino. Carpita la licenza e il posto, non sente più nes~uu desiderio di studiare. Ac– cade mvece questo : che i ragazzi che si tro– vano in ambiente di studio e non sono pre– muti dalle insistenz~ paterne, sono medioc;i scolari nella prima giovinezza : procedendo ndl' adolescenza., sono portati allo studio na– turalmente, dal!' ambizione, dal desiderio di non sfigurare davanti al padre o ai conoscenti, dal trovarsi 1n una casa do\'e si disco1rt; di politica e dove si legge qualcosa di più che i giornall. Tutte queste ragioni per invogliare allo studio mancano nella borghesia attuale ; e::ii• stevano nelle classi superiori <li cent'anni fa: e non consistono affatto nell'avere molti quat• trini - anzi ! - ma nella· opportumt.\ e ne– cessità di studiare e di pensare. Si può m un tempo come 11 nor;tro, m una borghesia come la nostra, pensare? Quanto è prvfonda la radice della questione ! . .. Confesso poi che mi pak,uo un po' per– dite d! tempo le discussioni ~ullt inlh1tnze mas– soniche, o elencali, o in generale, :>ettane sulla scuola media (su quella elementare, ho deno che non me ne preoccupo atfa(to). Il problema è ben p1ù gros:,o. Bisogna ve– dere se oggi c'è ,a possibilità d1 studiare e di pensare; e stiamo a discutere se ~1. ùt:Vc pen– sare gesunicameme o mdssomcamente. Sarei tentato oi dire qui: de 11um1111S ••.• lv rido, quando sento parlare dell'influenza mas~onìca nelle scuole pubbliche. Ric?rdiamoci di quando c'eravamo noi! C'era il professore razionalista svalulato dal t:ollega, che vede– vamo in chiesa, quando andavamo a racco– mandarci a Sant'Antonio per gh esami: tut– t1 e due educatamente derisi dal terzo, piace– vole ~ct:ttico: salvo a trovarne un quarto - ed era per f~rtuna il caso più frequente - che dalla cattedra dava l'esempio della più educata tolleranza. Il guaio era che gli stu– denti non badavano a quelle bubbole: erano sfumature, che sfuggivano .al loro intendimento di ragazzi annoiati. È questa l' inflenza mas• sonica o clericale? E allora ... povera masso– neria e poveri preti ! Ria:::sumendo: i termini del problema del– l'istruzione media mi sembrano benissimo in– dicati dal programma unitario: « 1. Le scuole go,·em;-:tive debbono con- « servare il più rig do monopolio degli e:::.ami <( per la concessione di titoli di studio aventi « valore legale; e si debbono introdurre gli « esami di Stato per i diplomi professionali, « universitari e medi. » « 2. Si deve rendere possibile la libera « differenziazione didattica degli istituti pub– « blici, e la concorrenza effic.ice çlelle scuole « degli enti locali e delle associazioni pri– « vate. . * • 3. E veniamo ;,,\la formazione del carat– tere. Dovrò fare osservazioni riferentisi ali' lta– ,lia in ispecie 1 e alle condizioni <lella vita mo– derna in genere. Il l·arattere non lo forma la scuola : lo forma la famiglia. Dove la famiglia ha per– duto la forza vincolatrice 1 che ha ancora da noi, lo forma l'ambiente sociale. Temo che Mi.'/es 's1ude11s si sia lasciato troppo sedurre dall'educazione anglosassone. li nostro paese non ha niente a che fare con la vi1a sociale dell'Inghilterra e del Norda• merica. Dire a un siciliano che tkve conquistare la coscienza della propria vita com~ la vita di una pmte rwulan·o) della società, è parlar tun.o. E t·utta l'Italia è un po' siciliana. È bene, è male? È cosi. Nel Nord<imerica il carattere è presto for– mato. Padre e madre hanno un brutto figlio– letto (i bambini americani nascono brutti e gracili) che diventa bello e forte mangiando bene. Egli sa che deve guadagnare molti quattrini : suo padre non si arrabatta che per questo, i suoi vicini di casa non fanno che questo, tutta l'America non pensa l he a que– sto. Siccome vi\'e in un paese ricco, quel ra– gazzo, se ha capacità o voglia, fa quattrini anche lui, senza piegare troppo la spina dor– sale. Acquista così, naturalmente 1 tutte le qua– lità che vuole l\'[iles Studens: unso dell 1 onore, rispetto della lea:/iz e del coraggio, spirito asso ci'atlVO, ecc. L'America presenta potenziata quel che è I~ vita moderna, nella civiltà occidentale. Ma è perdere la visione della realtà, andare a ,cercare nelle sue scuole l'origine di questa vita. Le scuole invece ne sono la conseguen– za : ne sono ridotte a nulla i non sono che palestre. Non .c'è università 1 dove si studii meno che in quelle americane,. checchè ci vengano cantando le riviste e i .Afagazùus. L' It.alia è presa anch'e:isa in questo i,;irone infernale del guadagnare: ma è paese povero. Tutte le manchevolezze del carattere italiano derivano sopratutto da questo fatto: che an– che gli Italiani sono presi dall'orribile deside– rio ài guadagnar molto e spender molto : ma mentre gli americani sono in un paese ricco e grande, gli ilaliani sono costretti a farsi la concorrenza in un paese piccolo e p(!vero. Perciò, dove non possono arrivare con lealtà onore, ccc., cercano di arrivare con le gomi– tate, le lettere di raccomandazione, il con– fessionale, ecc. Semplicemente. Lasciamelo di– re, cara Unità: anche qui, come sempre, i; la miseria che ci folle l E l'Italia meridionale è assai più povera del!' Italia settentrionale: e questo spiega, se non tutte, moltissime parti della questione melidionale. Chi considera 0 come ideale di vita la sire• nous l,fe americana, deve arrivare logicamente a questa conclusione: per formare il carattere degli italiani, bisogna che di\·entino ricchi, che mangino bene, che giuochino molto al foot-ball, che facciano molti ese,ci:.i colletti'vz violenti. Questa è l'ultima conclusione del pro• blema educativo. . * * Ma Miles Studens è italiano. E un ita– liano non accetterà mai un programma inte– grale di lotta per la vita. Tant'è vero che egli immagina una lotta p(;:.rla vita, in cui si rie- · sca a dominare la passi'one pe,. la prepotenza I E a preparare i giovani a tanto, progetta un si– stema ben congegnato di scuole graduate e a _base di concorsi per un numero limitato di promozioni e ammissioni. C'è; nel S'JO progetto, una bella e chiara concezione d.... lle borse di studio e della loro funzione. Proprio così dev'e::.scre: e per giunta qui Miles Studeas è in perfetta armonia anche con gli ideali, diciamo cosi, americani: in Americ:t lo sforzo principale delle beneficenze pubbliche si esercita a favore dell' infauz a 1 e non della vecchiaia. Ma poi cade in una contraddizione, che dzia, non il suo punto di partenza (educa– zione del carattere) cr.e è ottimo, ma il suo progetto di ricostruzione. Un americano non potrebbe concepire una istruzione o una scuola di stato, in cui il con– seguimento del titolo legale potesse aversi solo per concorso. Sussidi e facilitazioni ai figli dei proletari, sì: ma anche assoluta libertà al ricco, che voglia sperperare un patrimonio per fare pre~dere a ~uo figlio zuccone la lau– rea di ingegnere. Potremmo dare torto a questa concezione? Quali sarebbero le conseguenze pratiche del sistema dei concorsi ? Probabilmente questa: che un mucchio di gente, che oggi studiacchia per mettere sul biglietto da visita un avv. o un doti., non farebbe più niente del tutto. !\fa Miles Studens ha previsto I' inconve– niente, e ha avuto cura di porre fra le sue conclusioni anche questa: - Obbligare ogni cittadù10a prmden almmo 1111 « diploma di uscita » ad una delle vane scuole. Arrivati a questo punto, bisogna chiederci se abbia mo beo chiaro in mente dove vo– gliamo arrivare. C'è un paese al mondo dove tutti sono obbligati a studiare nella maniera consentita dal loro ingegno ; dove l' istruzione è orga– nizzata press'a poco come vagheggia Miles Studens; do,·e, tutto si fa a base di concorsi, in modo che il figlio di un creso, se è zuc– cone, non può andare avanti; dove, cosa an– cor !JiÙ rara, i concorsi son fatti seriissima– mente; dove lo studio è una vera e propria professione, sussidiata dallo stato. risen·ata ai più capaci, senza imporre loro onere alcuno. Questo paese è la Cina. Ma in çina, tutti lo ~appiamo, la folta per la vita è una espressione priva di senso: chi poi si abbandonasse a giOChi collellivi e violenti sarebbe mandato al manicomio. In Cina l'ù1- gen112a della Stato nelle varie altivivilit del paese, che Miles Studens depreca, non è ridotta al minimo, ma spinta al massimo: o per dire più esattamente, la libera attività dell'individuo (che Miles Studens certamente im·oca) è com– pressa al massimo, dalla legge, dal rito, dal costume, da un ~istema di controlli sÒciali di cui noi non abbiamo idea. Ecco qui la contraddizione in cui Miles Studens è caduto i egli è a11w·,~m10 nella vita, e cinese nella scuola. Nei suoi articoli sono a forza composti due ideali di vita, che non pos,ono stare in– sieme. Una scuola come quelle da lui vagheg– giate, non potrebbe sussistere in uno Stato moderno, con ideale arnerisano. Potrebbe sus– sistere in uno stato socialista, per esprimerci con una parola vaga. Sussiste nello stato ci– nese. In fondo la ques;ione ultima, a cui si ar– riva, e che coinvolge tutto il problema d~lle civiltà moderne, è questa: dobbiamo organiz• zare la scuola in base ali' ideale americano Q ali' ideale cinese? lo. 'laturalrnente, mi guardo bene dall'af– frontarla. Solo dico: in una questione cosi grossa 1 in cui l'Italia non può essere uno dei paesi portabandiera, quale può essere per noi una immediata linea di azione? Miles Studens è un ma-ssimalista scolastico: vuole che la scuola dia il massimo bene. Io, 111ùui11inalùta, mi accontento che essa faccia il minimo male. Tralascio le questioni rdativame,i/e secon– darie, come quella della professi0,,alità delle scuole! Credo che in fondo a questa profes– sùmalità, che il Ministro Scialoia e le Camere di commercio portano tanto sugli scudi, ci sia molto bluff E tralascso l'altro deglì onorari agli insegnanti (che io non vorrei aumentati eu'ormemcnte ma sulfide11te111mte : io voglio dei maestri che insegnino con vocazione, non dei mestietanti che insegnino per lucro). E prendo qualche conclusione, o per meglio dire, ricon– fermo la mia adesione alle surriferite afferma-

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