L'Unità - anno VIII - n.51-52 - 25 dicembre 1919

l'altro avevano ridotta la Camera a un teatro di farse nel quale nessuno più credeva, ed impossibile sarebbe ormai stato ridarle il do– vuto pre~igio 1,enza cambiare la ntaggioranza doi ~uoi componenti. Ma un'altra considerazione ben più impor– tante che può farsi è che i nuovi deputati staranno a rappresentare le varie correnti po-' litiche del paese in un modo molto più di prima ach;:guato alla loro entità. Se il partito socialista ed il partito popo– lare hanno ottenuta una co~i grande vittoria questa è sicura dimostrazione della vastità e dell'ordine delle loro organizzazioni. CÒloro• che invece non hanno saputo riunirsi attorno ad un qualsiasi programma o nçm sono riu._ sciti a trovare nelle loro file degli uomini che potes'::lerorappresentarli, è più che giusto che non abbiano parte nella vita politica della nazione, essendosi ad essa dimostrati insuffi– cienti. Ben ridicole appaiono adesso le recri– minazioni elev 1 ate- specialmente dai cosi detti partiti borghesi, che vorrebbero quasi svalu– tare le elezioni compiute in considerazione del gran numero degli astenuti. La massima parte degli astenuti non è dovuta a mancanza di fiducia nei candidati o a diffidenza verso il nuovo sistema elettorale come essi vorreb– bero fare apparire. La verità è che molti pen- 1 sano che « il mondo può benissimo andare avanti da sè » e si regolano in conseguenza non interessandosi affatto delle elezioni. È un male, ma è così, ed è sempre stato cosi. Anche nelle elezioni del 1913 vi fu il 39.6 per cento di astenuti. Secondo un calcolo approssimativo· fatto su 35 delle più grandi ciréoscrizioni questa volta avremmo avuto 54 votanti per ogni roo elettori iscritti nelle liste. Se si terrà conto delle classi ancora sottO le armi, del maggior n~mero dei morti in questi anni, non cancel– lati dalle li'ite e <lei profughi tomati ai loro plesi dopo essersi iscritti nelle liste delle città che li avevano ospitati, si vedrà che la diffe– renza fra gli ast~nuti di questa e dell'altra elezione risulterà minir'na. E se poi si consi– dererà che un buon numero di cdloro, che nelle altre elf!zioni cran portati alle urne con qual– che biglietto da cinque o da dieci, non hanno votato 1 non e,i,sendo più conveniente ai can– didati le maggiori spese di compra dei \'Oti che andrebbero a beneficare tutta la }fata 1 si potrà conchiudere che almeno questa parte di astensione non è stata un gran male. Mentre però i deputati riusciti nel 1913 col sbtema del collegio uninominale, per il quale il 38 per cento dei votanti non ottenne alcun rappresentante, potevan dirsi rappresen– tare solo il 36 per cento della totalità degli elettori iscritti nelle liste è certo che questa percentuale è assai aumentata con l'allargarsi delle circoscrizioni per la propOrzionale ed è quindi ragionevole il dire, come sopra ,dice– vamo, che i nuovi deputati rappresenteranno in modo più adeguato i .vari partiti della Na– zione. Gli inconvenienti riscontrati nella pratica sono dipendenti da varie causè: dal!' improv– visazione degli organi preposti alle diverse mansioni; dalla frettolosità delle disposizioni regolatrici; e specialmente dalJa novità della legge per cui i candidati che avevano già « concimato » il vecchio collegio hanno cer– cato di ritrarne per proprio conto i frutti, svolgendo i soliti metodi di propaganda con danno dei compagni di lista, e gli elettori, abituati a votare per un nome solo, hanno sentito in alcuni ·casi come un'attentato alla propria libertà il do\'et' votare tutta la lista di n'orni preparati dal comitato. Si dice da tàluno a questo proposito che converrebbe dar modo all'elettore di cancel• lare nelia lista i candidati che non fosse~odi suo gradimento. Non crediamo che ciò sarebbe opportuno. Infatti alla cancellatura si potrebbe dare due significati: 1) La cancellatura porrebbe il candidato cancellato in una posizione di inferiorità ri– spetto ai soli suoJ compagni di lista. Con que– sto metodo si otterrebbe sotto altre forme lo stesso resultato che col voto di preferenza, poichè tanto vale dare un valore negath·o ad alcuni candidati che dare un valore posith·o a tutti gli altri della stessa lista ; :?) Ogni cancellatura, oltre agli effetti precedenti diminuirebbe di un'unità il valore L'UNITA comple3Sivo di lista co11siderato come l' in– sieme di tante unità quanti sono i seggi da assegnarsi. Cosi chi avrebbe avuto l'intenzione di an·antaggiarc un candidato rispetto ai suoi compagni di lista gli darebbe invece mihore pro~bilità di riuscita in confronto ai candi• dati appartenenti alle liste votate senza can– cellature. Quello che invece andrebbe senz'altro abo– lito è il voto aggiunto. Esso è una cosa im– morale, pCr~hè determina nascoste alleanze fra i partiti più opposti che con le liste aperte ..cercano di crescersi artificiosamente il numero dei voti di lista; è una cosa illogica, non comprendendosi la ragione ptr la quale un elettore possa dare ad un'altra lista qualche cosa di più del suo voto senza toglierlo alla propria lista; è una cosa inconcludente, per– chè rende complicate le opera.zioni di spoglio e produce dei risultati miserissimi, aggiudican– dosi a ciascuna lista solo il quoziente dei voti Il problema Cara (/11iM, li, I I 20 ottobre 1919. Ti disSi che sognavo.... un sistema di edu– cazione nazionale - ma che prima di descri– vertelo avrei atteso di averne una visione più chiara.. Temevo che esponendola cosi, nuda e cruda come era allora e com'è tuttora, si sa– rebbe troppo facilmente potuta sdtrtare l' i– dea informatrice, definendone il sistema di attuazione come una semplice utopia. ì\la il modo gretto e mediocr~ con cui il sigTior Giolitti ha trattato il problema nel suo re– cente « grande » (forse perchè I lungo ? !) di– discorso di. Dronero, mt spinge a reagi– re.... scrivendoti. Tu, 011itd, :hai detto a noi giovani di essere « cvscienti della nostra im– preparazione attuale » e quindi lavorare. E lo facciamo. Ma ci hai pure detto di a\'ere fede in noj stessi. E sento che mi autorizzi con ciò a dirti quello che penso - ,qu,ello che credo molti come me sentano - senza attendere di sentirmi « preparato », fra dieci anni o più.... 5e allora I Perchè dieci anni sono lunghi - ed Ji,o fretta : è impeUente il bisogno di gridare in faccia alla generazione dei Giolitti e dei Nitti che la nostra genera– zione, cui la 'guerra ha aperto gli occhi, è stanca non soltanto di corruzione, non sol– tanto di inlque, misure a beneficio di loschi interessi, ma anche, e sopratutto, delle loro mezze misure, della loro mediocrità. Il sig. Giolitti ha governato per ~o anni l'Italia. Poi ha meditato per 6 anni. Ed ora critica la nostra scuola. Bravo! Ed intercala anche - come polvere agli occhi - qualche osservazione giusta. Bravissimo f Ma chi è il !Ilaggiore responsabile dello stato deplorevole in cui, dopo ÌO anni di trascuranz;,i, si trova il nostro sistema di educazione?· 11 sig. Gio– litti ha proprio voluto fare una .... auto•critica? In questo caso avrebbe fatto più bella figura a renderla un poco più completa, in\'CCe di limitarsi a fare una dissertazione pedagogica sulla maggiore o minore utilità delle varie d'i– scipline, senza toccare alcuna delle vere ca~se del male, nè tro\'are i radicali rimedi. Egli riduce il 1>roblema alla considerazione dcl– i' istruzione; mentre questa è solo una parte dell'educazione. « Gn popolo tanto vale quanto sa•, è la sua frase. No, sig. Giolitti, non ba– sta il solo sapere. Uu popolo vale in qua11l0ha cosciimza. Dopo venti anni di dittatura giolit– tiana abbilmo troppi « Dottori » in scienze ed analfabeti in moralità. E la scienza è una arma potente, che è pericoloso aflìdare al . primo venuto. La scienza, posseduta da un analfabeta morale 1 è come una bomba in mano ad un epilettico. Ma questo al signor Giolitti poco importa. Egli tratta il problema con q\1ella medio– crità facilona, che per \·enti anni ha soddi– sfatto il paese; mediocrità che è portata a galla dal!' incoscienza di un popolo ineducato, ed è quindi il prodotto della nostra organiz– zazione scolastica, ch'egli in venti anni non ha saputo nè voluto migliorare; mediocrità. che traspare da ognuna delle ovvie (e quindi indiscutibili) constatazioni e da ognuna delle conclusioni superficiali - puzzolenti di partito ' aggiunti ottenuti, diviso per il numero dei seggi della circoscrizione. Per tutte queste ra– gioni riteniamo che sarebbe bene non dar più all'elettore questa parvenza di libertà che gli è stata accordata col voto aggiunto. Tolta questa e poche altre modifizioni non sostanziali, già ampiamente svolte in questo stesso giornale all'apparire della legge, il pre– sente sistema elettorale è risultato anche nella pratica come buono, e diventerà certo migliore quando si siano allargate le circoscrizioni più piccole, ed al nuovo metodo si sia adottata la psicologia dei candidati e degli elettori. ERNESTO ROSSI POSTILLA Con quest'articolo dell'amico Rossi apriamo la discussione. fra i collaboratori dcli' U11ilà, sui miglioramenti da introdurre nella legge . elettorale 1 fem10 rimanendo il principio della proporzionale. l'u. dei problemi preso e di demagogica malafede - contenute nel recente discorso di Dronero; mediocrità amorale, e perciò pericolosa, di cui il signor Giolitti è l'esponente; mediocrità, sotto la cui penombra la nostra génerazione è nata e cresciuta, ma che quattro at1.ni cli guerra ci ha finalmente rivelata. Ed ora, cara 011itd, ci « prepariamo », in attesa che tu << c'inquadri • e ci conduca a strappare l'Italia dalle mani rapaci delle me– diocrità, che da un quarto di secolo la tra– scinant}alla rovina. ~on siamo pronti ancora, ma a qualcosa possiamo già forse essere buoni. Almeno possiamo rivolgerci a te per dirti la nausea che ci opprime, e chiederti consiglio; per invocare i tuoi ordini ·nella nuova guerra. Perdona dunque la mia presunzione, e dim– mi cosa pensi del mio sogno. Se trovi ch'esso sia capace - almeno in parte - di attua'– zione, dimmelo, e dimmi dove e come lo mo– dificheresti. Altrimenti demoliscilo, cara 011ilt1. Dimmi brutalmente clic è un'utopia. :& se tu, - e non un Giolitti - lo dirai, ci crederò. Ma almeno sentirò trattare il problema radi– calmente - energicam~nte - come merita. Ed ecco il mio sistema. Esso tenta di sod– disfare ai due requisiti fondamentali di cui ti ho già scritto : I. - Di essere alla portata di tutti coloro che ne siano intellettualmente e moralmente degni, e solo di questi. II. - Di educare sopratutto il carattere. L'educazione costa, ma frutta. Tu c'insegni che lo Stato sta « regalan– do » imrf!ense ricchezze a siderurgici, zucche– rieri e· c,qmpagni ; e che sta sperperandQ per la burocrazia. Ci guiderai al combattimento nella guerra contro queste iniquità; e verrà il giorno in cui l'ingerenza dello Stato nelle varie attività del Paese sarà ridotta al mini– mo. Ma, come per ogni regola così anche per questa, c'è un'eccezione: il problema scola– stico. La cui soluzione di esso incombe pro– prio allo Stato, in quanto che dal grado di educazione d'un popolo dipende la bootà stessa del suo goverpo; nè il problema, lasciato alla sola libera iniziativa, potrebbe venir risolto con quella completa universale estensione, che oggi s'impone. Ma per ottenere un sistema che risponda ai « desiderata » già esposti, non bafta con– tinuare negli inadeguati limiti economici del · passato. Abbiamo ingenti debiti - è vero: ma dobbiamo rkordare che i debiti si pagano non solo lavorando, ma lavorando bene. E siccome le future generazioni 'in tanto sa– ranno laboriose e produttive in quanto saran– no state bene educate, ne consegue che l'edu– cazione nazionale è un affare che frutterà ali' Italia il 100, il 200 1 il 300 ° 0 • Per potervi investire adeguati capitali sarà neces.:,ariopri• mo: che cessino le inique « regalie » e lo sperpero vergognoso dO\'Uto al protezionismo ed alla burocrazia ; secondo : che siano forte– mente aumentati, in corrispondenza alle ne– cessarie spese scolastiche, le imposte progres– sive che saranno messe sui redditi. Senza le economie dovute alla fine del protezionismo e del parassitismo burocratico, l'Italia non 2.49 sarà mai in grado di affrontare solidamente il <..: problema dei problemi ». Perchè le spese per. l'educazione nazionale debbono essere non grandi, ma immense. Ciò posto, due sor.o gli scopi al cui rag– giungimento dovranno tendere tali spese. Pri– mo: avere degli insegnanti, che siano al– l'altezza della loro missione. Secondo: creare un sistema, il cui meccanismo garantisca ad ogni individuo la possibilità di raggiungere quel grado di educazione, di cui è intellet– tualmente o moralmente meritevole, senza im– plicare una degenerazione dell'educazione stes-– sa - come oggi avviene - e senza escludere ma anzi incoraggiando, ra scuola privata; un meccanismo, cioè, che dia la più completa democratizzazione della scuola, senza però proteggere la mediocrità, che della democra– zia è finora stato apparentemente il principale portato. Insegnanti degni della loro missione. Il primo di questi due scopi è quello fon• <lamentale. Quali gl' insegnanti - tale la scuola. Per -portare una_vera raodificazione in queslt> cam– po, occorre gettar via pregiudizi secolari e guardare coraggiosamente avanti. Una solu– zione radicale cli questo problema significa uno sbalzo avanti di un secolo per il pro– gresso del Paese. Per risolverlo, occorre dare alla professione, dell'insegnante il posto ebo·nomico che le spetta nella gerarchia delle attività umane Bisogna spezzare un circolo vizioso, e precor· rere la lenta evoluzione del tempo. Il valore dato alla profes~ione dcli' insegnante non sarà mai adeguato, se attendiamo che Il livello generale dell'educazione sia tale da fame ri– conoscere spontaneamente I' importanr.a. Ma lo Stato pu~ imporre la propria valutazione. Nelle mani degli in~gnanti, più che nelle mani di ogni alfro livello sociale, sta l'avve– nire del paese. Hanno essi I' incarico di for– mare la coscienza delle generazioni ruture : di dare ali' Italia di domani i mezzi morali ed intellettuali necessari per il •progresso. Se l' I– talia sa1à grande, ricca e progredita domani, lo si dovrà ai maestri di oggi. Se i maestri di oggi sono piccoli, l' Italia di domani sarà povera e retrograda. Quella dcli' insegnante è dunque la più alta missione verso la so– cietà. Ed ceco il dovere dello Stato : ric:ono~cere questo fatto - primfl di lutto eço11omii:a111eul~ - collo stabilire altissimi salari per la cate– goria degli insegnanti; salari tali, che le mi– gliori energie del paese siano allettate a con– correre per fame parte; che tale concorrenza dl\'enti enorme ; e che da una rigorosa .. sele- 1.ione fra i concorrenti emergano gli eletti del paese. Per modo che i plasmatori della co– scienza del paese, i foggiato~el suo .ivve– nire, siano veramente i migliori. ' Il meccanismo del sistema. Quanto al secondo scopo: 1 - Il meccani– smo dcli' organizzazione scolastica - esso di– pende evidentemente in larga misura dal primo, specie per quanto riguarda il funzionamento. Ed è un problema che ammette cérto molte soluzioni. Ne porgo una - in attesa che sia accettata, corretta o demolita. Occorre per primo aumentare grande– mente, aggregandoli, dove possibile, agli stessi stabilimenti industriali ed agricoli, come si sta già facendo, l'impianto di quei vari tipi di scuole, che si possono raggrupparè sotto l'ap– pellati\·o generale di « Scuole di arti e me– stieri •· (Solo questo soggetto richiederebbe un volume pe1 ampliarlo adeguatamente). Tutte le scuole debbono, poi, riguardarsi come « proresslonali •· (Jna produce professori, un'altra. ingegneri, un'altra capi tenici, un'al– tra ancora muratori 1 etc. etc. Si può, quindi, instituire una specie di gra– duatoria tra le "arie scuole, in cui la prima, per ragioni già esposte, sia quella che produce insegnanti, e l'ultima quella che produce, per esempio .... gli uscieri dei l\linisteri ! ognuno ha facoltà di concorrere per entrare in una qua– lunque di queste scuole, che si possono rap-– presentare, per darvi un' idea concreta, come tante gradinate parallele, progressivamente più lunghe. Qnanto più in sù nella graduatoria si trovi la scuola, e tanto più rigoroso dovrà es. i

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