L'Unità - anno VIII - n.51-52 - 25 dicembre 1919

248 corso, veramente notevole per forza di V en– sicro e di cultura e per l'abilità della forma, gli indirizzi fondamentali di quella ehe a pa– rere della sua parte deve es~ere la nuova po– litira estera dcli' Italia. io, non a\'endo rair prc1.entanza di nessun gruppo, parlando solo per mio coÌlto personale, per. soddisfare a quel senso di responsabilit~\ che dobbiamo avere tutti noi dì fronte a questi problemi da cui dipende tutta la storia d'Italia (perchè dall'orientamento della politica est~ra nasce la politica militate, e da questa la politica finanziaria, che è condizione di tutta la po– lita interna del paese) pcl <!overe, dico, che abbiamo di assumere le nostre responsabilità, c-hicdo alla Camera il permesso di espor\e le mie opinioni a (!UCsto riguardo. Affermo che la Camera de\·e proporsi il problcn a, se convenga a noi italiani conti– nuare nel giuoco dei ricatti reciproci tra noi e gli alleati, il cui risultato è di bruciare un bo3Co per cuocere un uovo, oppure se non sia giunte l'ora, anche per i signori diplo1na– tici di carriera o improvvisati, di ascoltare la voc.e dei popoli. che sono stanchi delle loro abilit;.,, e minacciano di gettare tutto per aria 1.-enon ottengono una pace che sia una vera pace. (Commenh). Signori, il mondo è inquieto : questo lo– sappiamo tutti i ma rendiamoci conto di una delle cause di questa inquietudine. Quando i popoli, dopo quattro anni di dir lori atroci, inviarono i loro rappresertanti a Parigi, non credo che essi pretendessero da que,ti uomini, mortali.. e fallibili come siamo tuÙi noi, un lavoro perfetto ed impeccabile. Chiunque si fosse trovato in quella situazione, di fronte a problemi così numerosi, così com– plessi e così malsicuri in parecchi dei loro elementi reali, certamente avrebbe commesso degli errori, ed avrebbe tompiuto opera imper• fetta. Ci sono voluti quattro anni per vincere lct guerra; ce ne vorranno altrettanti per a:r– i;ei,tare la pace. (Comm1nl1). ~la una cosa i popoli domandavano, ed avevano il diritto di domandare ai loro rap– pre!)entanti : cioè che dessero prova di buona fede e di buona volontà. Se essi, dopo il loro lavoro, fossero tornati a dirci: « Abbiamo fatto tutto quel che abbiamo potuto per si• stemare nel miglior modo possibile queste terribili pendenze della guerra ; non siamo riu'-Citi a far tutto bene : ma abbiamo il de– siderio di riparare a tutto ciò che di incoor– dinato, di ~co nesso, nella fretta dell'ora 1 non è ~lato possibile sistemare» - se questo i ne– goziatori avessero potuto dire, i popo,li avreb– bero compatito la debolezza umana dei loro c.ondottieri, la loro anl(OSCiasotto :1 peso delle m\'i re:;ponsabilità, ed avrebbero accettato con animo più calmo e paziente la imperfe• zione dell'opera. Invei e i rappresentanti di tutti i popoli alla Conferenza di Parigi, tanto i nostri quanto quelli degli altri, non hanno dato che uno i-!pcttacolo continuo di inganni e di ricatti reciproci, riusciti agli uni, non riusciti agli altri. È ~tato uno spettacolo continuo e disgu– sto-.o di mala fede e di mala volontà. Eque• sto ha avvelenato l'anima dei popoli, li ha resi inquieti e sfiduciati. (Commmti - Vivaci inltrru:iòni all'eslf'tma sti,iJtra - Scambio di apostrofi fra la sinistra e l'utrtma sinistra). Il giuoco dei ricatti reciproci céntinua. Gli Alleati ci mettono la corda al collo, a quel che ,embra, colla questione di Fiumo, e ci di• cono: se \·olete Fiume. entrate nell'alleanza antigermanica. (// pruit:kntt tkl Consiglio fa 111/i di dinitgo). La corda al collo è W1a me• tafora ; non dico che ci mettano proprio una corda. E nel nostro paese, non so se il nir 1'ltroGoverno, certo alcuni gruppi politici no– tevoli, rispondono e vogliono che il Governo rispoti.da: se non ci date Fiume e la Dalma• zia del Patto di Londra e il resto, noi ri• marremo neutrali oggi, e non appena la Ger• mania -,i rifaccia, vi salteremo addosso d'ac– cordo :on la Germania. Gli Alleati sentono che non possiamo su– perare la crisi economka e ,;ociale del dopo guerra, e cercano di farci pagare gli aiuti cç<momic.i, di cui abbiamo bisogno oggi, con un impegno di solidarietù politica per I' av– venire, per il giorno in cui ne avessero biso– gno, impegno le cui condizioni (non so se nella intenzione dei Commi, ma certo in al- L'UNITA cune correnti di opinione di quei pae!)i) im– pegno le cui condizioni, qua .... i quasi. noi non dovremmo neanche discutere. li presid(•nle ciel t;onsiglio ci ha spiegato che scm.a l'ai(ito delPAmerica non potremo superare la crisi: ed è.una cosa e\'idente che noi dobbiamo ripetere continu;un;>nte. M c'è nel n~tro Paese u.na corrente cl'idee, la quale non accetta l'aiuto dell'America e degli al• lcati se non come una catena, di cui vuolé • liberarsi al pil1 presto, e pretenderebbe i van– taggi economici di oggi, o vorrebbe negare i vantaggi dell'amicizia per dùruani. A questa politica, i,ignori, che ho chiama– ta la politica del ricatto, sono convinto che occorre ci:.ntrapporre da p..1.rtedclJlltalia una politica assolutamente divcrs.'l. Togliere ·agli alleati attuali, con una politica chiara. il Sir spetto che uoi si stia in agguato per buttarci dall'altri\ parte alla pri1na occasione; e nella nuo, 1 a alleanza di pace fra i vincitori, fare politica. di conciliazione ver~o i vinti col pro– gramma apertamente clichiar~to di correggere i trattati di pace in quelle parti in cui sono contrari alla coscienza morale umana ; di aiu– tare la Germania a entrare nel~'t Società del• le Na1.ioni a pari condizioni degli altri ;.,,di lavorare continuamente a èonqubtare nella Società delle Naiioni la limitazione interna– ;donale degli armamenti, il divieto delle fab– briche d'armi private, la tutela internazionale delle minoranze nazionali. (Commenlt). Jnterrutt'o1'i ail'tslrema siiuitra. Finchè ci ,sarà il capitalismo, ci saranno guerre. SAL VEMINI, Con questa teoria preparate gli animi ad accettare la guerra di domani. (P,mmenti - /11/errmsùmi - Rumon). - Questa politica non troverà, crédo 1 grandi entusiasmi, 'nè nel signor Clcmenceau, nè nel signor Lloyd George; ma al di là del signor Clemenccau, •c'e la Francia vera, la Francia d~iderosa di giustizia e di pace ( Com»Mnlt) ;.. c'è l'Inghilterra del lavoro, che, riavutasi ~al– la sorpresa delle ele1.ioni della guerra, -è ri• tornata su· sè stessa, e batte in tutte le ele– _ziqni .l!Uppletivei candidati del Governo. ~ L'ltalia, abbandonando essa per prima la politica antica, offrendosi pronta alla Francia e all'Inghilterra per una allean~a a patto che. sia alleanza di pace, raffor1.ercbbe in Francia ed in lnghilte ra le correnti popolari antimi– litarbtc, e assumerebbe essa nel mondo la iniziativa ma.r.r.iniaua della vera paLe. (G,111- mmli - fnltrl"u:iì.»u). La disciplina militare. Ma tutta questa discussione, onorevoli col– leghi, temo che non servirebbe a nulla, se noi continuassimo a•fare come don Rodrigo, che, preso dalla pestilenza, non osava guardarsi là dove ave,•a il dolore, per la paura di ricono– scer\'i i segni del male, cioè se non doman– diamo· che il Governo ci spieghi fmo a qual punto arrivano i poteri effettivi del GO\·erno civile, di fronte a quelli degli altri organi dello Stato. L'oo. Nitti stigmatizzò a suo tempo in termini recisi e ,·iolenti la indisciplina di quei soldati e ufficiali medi o inferiori, che abbandonarono nello scorso settembre le file de11'esercito regolafe. Di quanto di ingiusto conteneva la sua invettiva, l'on. Nitti ha fatto ammenda : e non darebbe prova di buon gusto chi continuasse a rimproverargli quella gaffe (commt11ti}. Ma ciò nop toglie che resti sempre aperta la via a una do- 1 manda : - La severità di giudizio, che si manifesta ncll'on. Nitti, cosi rigida, e ,;0- lenta.1 allorchè sono in gioco dei maggiori, , dei sottotenenti, dei soldati, - si ferma e si disperde forse, quando si ritrova di fronte ai generali e agli ammiragli ? Fino a qual punto arriva nella gerarchia militare, a qual punto si arresta Jlautorità della leggi'!? Esiste in Ita– lia la responsabilità solamente pei soldati e per gli uf6ciali minori, e 1>eri capi esiste la impuaità? Con lo scopo ~olamentc di dare al mio pen• siero forma, quanto più è possibile, chiara e concreta, propongo al Governo le seguenti domande: Prima domd.nda : è vero che il pericolo d( atti di Indisciplina nelle truppe stanziate nel• I' [~tria, fu• segnalato in tempo dal Governo al Generale Diaz: e il Generale Diaz smenti che vi fosse pericolo ? ( 1) (1I L'M~. Nitti non hs ri,posto • quc,1adomaod3. Se questo Ì! vero, nasce una domanda su– bordinata: è per ricono~cenza delle attitudini ispetti\'e dimostrate dal generale Diaz in que– sta inchiesta, che il Generdle Diaz è stato nominato dal Governo Ispett?re Generale del• l'esercito ? (tommmli - rumori). Seconda domanda. Respor.sabile della di• sciplina dell'armata, in cui prima si manife– stò il fenomeno di cui ci occupiamo, era il generale di Robilant. Nell'esercito, il caporale è respon~abile di quel che fa la sua squadra; se una ;quadra si :5banda ;:>t:run qualunque motfro, il caporale paga per tutti; secondo lo stesso principio - senza del quale nessun esercito potrebbe funzionare - il Generale di Robllant è responsabile della disciplina della sua armata. [I Generale di Robil3t11to non pre,•ide quel che a,·venne o lasciò fare. Sono stati presi contro di lui provvedimenti disci– plinari, per non avere preveduto, o per aver lasciato fare? (1). La terza domanda riguarda il caso l\lillo. Nel qual caso - stando al comunicato uffi– ciale pubblicato dal ~Ui1istero, di cui ho il dovere di rilevare le contraddizioni - noi avremmo un ex:ministro della Marina, governa– tore, ,•ice ammiraglio 1 il quale dichiara pub– 'blicamente di avere assunto l'impegno di non ubbidire al governo responsabile del proprio paese, se riceverà ordini che non rispondano a una determinata linea di condotta diplo– matica. Cioè non si tratta di un soldato o di un ufficiale, che si assume la responsabi– lit..ì. di abb;mdonare il posto per passare in altro campo. Non sf tratta neanche di un generale, a cUisi possa addebitare un errore o una colpa di imprevidenza o di omissione, ma che - formalmente almeno - cimane sempre nei cancelli èiella disciplina. conservando il suo posto nella subordina?.ionc e nella gerar– chia. Non si tratta neanche di un pu~blico funzionario, che - sentendo insorgere nella propria coscienza un contrasto irriducile fra il suo dovere gerarchico e le sue convin7,ioni, - si dimette dall'ufficio, cede il posto a una nuova persona di fiducia del governo respon– sabile; e acquistata la qualità di libero citta– dino, segue quella linea di <:ondottn politica 1 che dalla sua coscienza gli è dettata. Qui si tratta di un altissimo funzionariO militare, il quale continuando a rimanere a capo della gerarchia, il cui comando gli è stato affidato dal go,·erno respon~bile, assume l'impegno di di~ubb1dire e\'entualmente agli ordini del go,·emo responsabile. È un caso patente di in• subordinazione. Ebbene, dopo questa tipica insubordina– zione, il vice ammiraglio .governatore Milio è tuttora lasciato in carica. E allora noi abbiamo il diritto e il do\ere di domandare al Presidente del Consiglio, e ai l\linbtri della Marina e della Guerra, se in Italia la sovranità sulla politica estera o Interna è esercitata intera dagli organi del go,·erno civile, cioè dal Parlamento e dal Governo - quello di oggi o quello di domani, poco importa - che ha la fiducia del Parlamento; oppure se siamo in regime di diarchia ci– vile-militare ; nel qual regime contro le de– liberazioni deUa Camera e del Governo, qua– lunque esso sia, accettato dalla Camera, esista un diritto di· veto da parte degli alti gradi della marina e dell'e!)ercito. 1Con1111enll) (z). Questo problema, sul quale ho osato ri– chiamare la vostra attenzione, com.e quella r.lella pubblicazioue del Libro Verde, si riduce ad un solo problema : quello della dignità e della capacità fattiva della nuova Camera. La Camera, çhe ci ha preceduti, eletta con metodi di \'iolen1..a,che In buooa parte d'Italia furono obbrobriosi, scontò amara– mente la pena delle sue origini moralmente (1) L'on. Xitti non h:1 rl,posto n questi\ cloin:mda.. f:) L·on, Nini ha dichi:1rato, a queuo proposito, nel discorso del 21 dicembn • Il giorno t 4 no,·em– bre l'ammiraglio Milio, in OC\..J.Sionc dell':1rri,•.> dei ,·o'ontari fium:mi, disse che Il p.,tto di Lo~dr:i. s..,rà ri,peu.ato. Questa dichi:arnzione non è consentita :,,I. • l':ammir:aglio. Dobbiamo esigere il ri,pcuo dei trat- 1:tti, ma io materia politica solo il Go,erno e il Pu. lamento hanno diritto di decidc-r~, non I milit:ari. In un mio te1egr.unm• espressi immediatamente a.1- l'ammlraglio ~11110 il mio bi:l, mo, riaffermando che il militare è ,emprc alla Jipcndenza del !)Oltre ch•1le. Yedremo doro le responsabili1!. Oggi mi preme di ria «crm:1.rf ' che il 1>0tctc civile ~ sui ,.ril,r.: :al _potere militare>, irregolari. Molti fra i deputati, ,·cnuti nel H)IJ a Roma, contro il divieto degli elettori, senza prestigio, senza radici di consenso nella vo• lontà del paese - si trovarono deboli e di• screditati, allorchè venne l'ora delle grandi responsabilità. Cosi avvenne nel maggio del 1915, che trecento biglietti da visita contro la guerra si trasformassero d'incanto in tre- . cento voti nominali per la guerra sotto la ~-ressione della volpntà nazionale ( Rumori - ViVnci ù1termsioni al/I.Est.rema Sim'slra). E di quella eredità passiva di sfiducia anliparla– mentare, lasciataci da un lungo periodo di malgoverno :_ portiamo il peso anche noi di questa Camera, che possiamo affermare - almeno la maggior parte di noi - con sicura coscienza, di dovere il nostro ufl~do al libero consenso del paese. I tumulti popolari, le inquietudini militari, le agitazioni attraverso cui si arrestano di continuo le nostre discussioni, sono in larghis– sima misura !il rCsultato della convinzione generale che nel nostro paese nessuno h~ il do,·ere di obbedire, perchè nessuno ha il diritto morale di comandare : che nel no– stro paese gli uomini, che go"ernano - e noi oramai abbiamo la disgrazia di essere messi fra quelli che governano - non po.li · seggono nessun rudimento nè di buona fede, nè di buona volontà. Questa malattia dello spirito pubblico non si guarisce in un gic>rno. l\la appunto perchè si tratta di un male grave e profondo e diffi– cile e lungo a curare, - appunto per questo dobbiamo abbandonare subito il vecchio me– todo ,del lasciar andare, affidandoci allo stel– lone, finchè la tempesta non ci travolga. Ap– punto per questo, dobbiamo dimostrare subito che intendiamo prendere sul serto il nostro uf• · ficio, che vogliamo affrontare sul scrio tutte le nostre responsabilità, e che non siamo dispcr sti ad essere i gerenti responsabili di nessuno (Rumo,·i all'Estrnna SinUtra - Co,,,mentiani– ma/I). G. SALVEmNI. L'esperimento dellaproporzionale La grande esperienza elettorale è avve• nuta. Benchè ancora manchino i dati stati– stici uf6ciall, da quelli saltuariamente apparsi nei ,·ari quotid:ani possiamo già. trarre le prime concluston! e fare il bilancio del re– sultati del nuovo metodo elCttorale. Coloro, che in seguito a disillusioni elettir rali proclamano oggi il fallimento completo della rappresentanza proporzionale, ciò fanno per giustificare in qualche modo Ja propria sconfitta. Noi, che fino all'approvazione della rifonna elettorale abbiamo sempre temuto che i suoi oppositori le impedis$CrO di nascere, mostrando di volerla 'sempre più migliorare, e l'abbiamo sostenuta pur riconoscendo le sue diverse imperftzloni, possiamo ben dirci sod. dis(atti di quanto l'esperienza ha dimostrato. Gli scopi, ai quali tendevamo, sono ~ati rag. ·giunti. Possiamo giustamente parlare di mi– glioramenti alla nuova legge, non mai di ri– torno al Vecchi sistemi. Guardando l'insieme di tutta la campagna elettorale, essa ci appare infatti condotta con una compostezza ed una onestà maggiore di quanto potevamo aspettarci. Dopo la conclu– sione dt una guerra così lunga ed estenuante, durante la quale tutti gli individui più in vista hanno dovuto assumere delle continue,, responsabilità fortissime, e tanti odi sono sorti fra chi ha tutto perduto e chi ha fatto subiti guadagni, fra chi è stato combattente e chi è stato imboscato, se la lotta si fosse impo– stata, come necessariamente avveniva nel col• legio uninominale, sul valore degli individui invece che su quello delle idee, avremmo do– vuto certamente lamentare un maggior nu– mero ed una maggiore gravità di disordini e di vi?lenze. Inoltre, anche &cnza volere arrischiare difficili previsioni su \'ari atteggiamenti della nuo,·a Camera, crediamo che essa, per l'a,·• vento di tanti nuovi elementi, sarà, almeno in un primo tempo, più Oi!esta delle altre. I vecchi parlamentari conoscevano troppo il proprio gioco e si conoscevano troppo fra loro: i mille compromesSi che li legavano l'un

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