L'Unità - anno VIII - n.50 - 11 dicembre 1919

Illusioni Quante volte si le, ano voci e proposte per il frazionamento o la colth•azione dei lati– fondi, la fanta!:tia si volge, quasi sempre, al- 1' Italin meridionale: terra che tutti credono -.ia naturalmente fertile, ma impoverita dai vasti \Jtirondi e dalla cultura estensiva, fatta :,elvaggia da sterminate distese di campi nudi e deserti, abitata <la gente nccidiosa o in– capace. E tutte le proposte partono da due pre• :,upposti fondamentali: a) la naturale fertilità tlel suolo; b) la grande estensione dei lati– fondi e dcl1c terre incolte da frazionare e porre a coltura. La fertilità del Mezzogiorno. L'optnione che 1'Italia meridionale sia una terra naturalmente fertile, non è di oggi. Essa data fin dai tempi della Magna Gre• ci:1. Ma. è basata su cL.ai di fatto erronei, cd è li rcsultato di una arbitraria generalizza– zione. ~: innegabile che alcune città costiere del- 1' Ionio e del Tirreno (Taranto, Sibari, Co– tl'one, Reggio, Siracusa, Agrigenti, ecc.) rag• giun~ro, in antico, una notevole importanza ; ma fu importanza, non agricola, nè manifat• turiera, bcnsl commerciale - spiegabile per Ja loro posizione sul mare. intermedia fra l'Oriente e l'Occidente del nostro Mediter– raneo, e per le necessità della navigazione che si faceva allora tutta lungo le coste. E \"Oler dedurre da questi fatti che tutta l'Italia meridionale fosse allora fiorente per agricol– tura e per industrie agricole, e di qui voler concludere per la naturale fertilità del suolo, è un grossolano errore. Le uniche industrie di una certa importanza, sviluppatesi in Ba~ili• cata e in Calabria, delle quali troviamo ri• cordo negli antichi scrittori, furono quelle delle carni dei maiali - la sal,iccia si chiama ancora luga,uga dalla Lucnnia antica - e della lana e dei formaggi. Queste prodllzioni ci conducono ad affernrnre. come spiega l'UI• plani, nella 1"rra~ a. l!, n. 1 1 gennaio 1918, la prevalenza nell' antichit:'t classica della economia latifondista, nella quale i pascoli vernini della costa si completa\"ano a bre,i::,– slma distanza coi pascoli e.,th·i della monta– gna; ma che, lungi d.1II orrnre ac;l una razio– nale coltura del suolo, abbandonava delle terre alt' inerbamcnto, rcnde,·a neccs,;ario l'3c• ccntramento della p;opriet~, era la base eco– nomica dei privilegi politid di una casta di grandi proprietari - la più potente cl)_c la storia ricordi. Nella Sicilia, che è del Mezzogiorno d' Ita– lia la parte migliore. Cicerone (In Verr. 11), d fa sapere <he i campi Leontini (piana di C.1tania), - considerati tra i più fertili -, venivano coltivati dai romnni 111ag11a impensa, magn()IJllt instrummto, e renclcv:mo, nelle buone arinute, svio I' 8 per r In frumento; solo in c<1iieccezionali, si om11u dù adJi,-·ml, quod si 'JUamloaccidtl.... id q1101l frrt11ro axnil, da'"ano il 10 per r (Cfr. 8.\RTRJ.~, Brùfe ri6er Kala– /Jr,~,, ,mJ Sù,lù.11.1781. Jlf, lett.24,p.9; 8.\LS.\MO •• Giorna 1 e di 1•1i,g.:/o i11 Siàlia, t8o8 1 p. 267; Ro<.ARIO DI CnRGORlO, JJiscorsi ù1- I 1110 vtlln Sièilm, di-.t. XVI11:G. 81~RT.\G~OLLI, Ddle vicmde ddl'ag, i,o/l1'f"ll ti, /ltlbiz, Firenze, Blrb"-ra, 1881, pp. 4j e ~g.); e, al tempo di C>lumclla, le terre colti,•ate a cercali rende– vano raramente più tld 4 per I in frumento; (V \RRO~Y, De r~ natica, Ili, 2). La Sicilia, q 1aml 1 era il granalo d' lta\i;.1, era meno f r• tilc di quel che non lo fosse c,rca tre secoli f1 (BRRTAG~ou.1 1 pp. 48 e '>g.); e molto meno di riucl che non lo sia oggi: es-.a era il gra– naio d'Italia, gr:izic odio sfruttamento feroce che ne faceva Roma; e contro siffat.10sfrutta– mento, che ricadeva sugli schiavi, questi rea– girono con continue rivolte. D'altra parte, i Rc,mani, come, ha dirnJ· Strato il RODDERTUS, ( P~r !t1 storia. d.:/1 ~·o/u– ;iont a,:ran~, sollo ;:li ir11/<111IDr1: ne:la BìUio!era di slori'n uonomic,1 del P.,nno. v,)1. H, parte II, p. 463, n. 1), contro il Dt1RL\1°nr L.\ :\I.\L!E, (L'f...~·011omù1 pol/ll~n dei Rommu: trnd. it. )I.I.mo , 190), libro H, car. 13; e libro 111, e.i~. 4): conoiCevano la ro\~11.ionc a-;s:d Lc:ne: nrin avcv~\110una cattiva vicenda e.li prodotti: fa. cevano seguire. fooùarnentalmcntc-, le 1.:~lture L'uNITA e realtà di cercali più di rado che non facciamo oggi noi: :»e1:,'l1ivano un c1ilerio suHicicnte di .:on– c1ma;.ionc; n, n erano nè inetti, nè infingardi. E c:c la terra rendev.1 ne:la mi~ura non straor– dinaria che abbiamo accennato, anche questo result,uo si dove,·a non alla naturale fertilità, ma nl duro lavoro che i coltivaton vi appli• cavbno. ~cli' Italia meridionale nes:suna civiltà ha attecchito fortem&nte cdure,·oltnente(.S.\LVJOU, Storia tro11omiì:a ,I' /lt1lm ntlr allo .Il. E., ?\a. poli, .\lvan\"'I, fQ13 1 pp. 4 e ~-.). Le guene di conquista fatte da Roma nel :\lezzogiomo furono sterminatrici delle popo– lazioni nati\'e. Erbe selvatiche coprivano, fin .:Jal tempo della repuùl>lica, rovine di città un tem 1 >0 famose. Siponto e Buxentum furono trovate, secondo le testhnonianze di Tito Livio (XX..XLX, :?::), completamente deserte dai Ro– mani. L'Apulia, fin dal tempo della Repub• bllca era detta i11anissimn pars flnlùu (C1c. Ad Allic. VUI, 3) La m ,laria era anche allora. la rovina e la desolazione di quelle regioni. C::i· cerone (.De l,g. aJr. JI, ::6, ::7) parla di un territorio propler sltrililalem ,i,c111/m11, propter )tslilmtiam vaslmnalquetleserlum: la palude Sala– pina, in Puglia, gli abitanti della quale ottennero dal Senato di potersi trasportare in luogo più sa– lubre (VITRUV. I, 4). Nelle campagne lucane viveva una popolazione servile (JuvENAL. VIIJ, 180) 1 e slU mercati lucani Cartagine, anche prima della conquista romana, acquistava i ruercen:tri. Nei boschi lucani era casigliano e indigeno l'orso come sul Vulture e sull'Ap– pennino, e lo ricordano Orazio (O.I. Ill, 4), Ovidio (ll,litul., c. 57) e Marziale (De ,p,,t., 8). Torme di pastori armati minacciavano i col– tivatori dei campi; questi, grati al Console Po• pilio Lena 1:>er la quiete loro assicurata, inci• !iero il suo nome nel marmo itinerario di Polla {SAVIOJ.I, /..Ql/1fra agricollori t pastori, in ki.. vista it,/ia11a di sociulogù,, a. 11, 1898 1 p. 12). Gli agricoltori occupavano oasi ~parse: la Lucania abbonda.va di pascoli, ove si trasferi– vano le greggi trasmutantisi nell'estate dalle piamtre pugliesi o tarantine, o svernanti dagli Appennini luf'ani nevosi alle pianure dcll' Ionio (CALPUR!<. Egl. Vll, 16; ORAT., Od. I, 1); op– p ire era coperta di selve, ove era frequente il cinghiale (ORAT. Sa/1•1·.Il, 8; Il, 3) e il maiale (Q>d. Tluol. Xl V, tit. 37; CASSIOD. Vori<u. XI, :w). Or,-enda è detta la Lucania da Avieno (Oescr. orb. Terr. llI, 503) e da Cal– purnlo (Egl. VII, 17). Frequenti le paludi, sic– cJlè i centri erano pdstl in alto, come Atena, Tegiano, Consilino, Sontia, non In basso come gli abitanti avrebbero preferito. Consilioo, a tempo di Plinio, era vuoto di abitanti (PLINIO, 11.n. III, 5. 70: ORAT. Ep. I, 7, 45; VERGIL. Georg. 11, 22.5; Ju.VE:S,\L. satJ•r. JII, 2); Sontia era già scomparsa al tem1>0del Romélni. Di altri ceotri urbani non è possibile individuare neppure l'ubica,done, perchè sono scomparse perfino le antiche vestigia. Andte Il Brutio,. come la Lucani:1 1 era coperto di boschi (Vrn. SEQUEST., in Geogrnphi ""Mres, ed. Riese, 1878, pag. 153). Degno di nota è ancor questo fatto: tutti i centri della coloni1.zazione ellenica al tra– montare della grande civiltil.greca, scompaiono, ecc~tto Napoli, Taranto, Reggio, che si man, tennero greche, ma che da Strabone sono an– noverate fra le città greche imbarbarite. Sotto Nerone la C.,-1,pania era riguardata come luo• go di pt·na, O\'C \"Cnivano relegati i liberti in– groti (TACIT., Ann. Xlll, 26). La povert:'l dcli' Italia meridionale, è ri– cordata oltre che da scrittori di cose agricole, anche dai poeti (S1L10 lT,\l~ICO, VIII, 545). Al tempo di Costantino, nella Campania erano rimasti abhanclo~li 5z8.0;12 jugeri cli terreno (circa 132.300 etlari), circa 1 / 0 dcli' intera re– gione (Co,/. T(0</. lib. Xl, til. 28 1 fr. 2). Nè in migliori . :orh.li: .doni si t ovavano le campagne del Sannio, del Brufo, dell'Apulia, tanto che il g•l\'erno imperiale <lovè comlonare i tributi fondiari (Ct>d. 1'"/uol. lib. Xl, lit. 28 1 fr. 7). Come t1 civiltà ~reca, CO!-Ì aaC'he la civiltà e i';m:u1inii,t1azi,,ne romana laiCiarnno pochis– sime t:-,1Cfe nell' ltali t meridionale, in con– fronto di quelle lasciate nell'Italia •ettentrio– na1e; e que:,t.:> ~i può :irouire dallo scarso nu• mero di titoli epigr.tfici il noi pervenuti: indizio della minore den::,it:1dcila popolazione, della minore importanza dei centri abitati, della :-.car:ndviii,\ del pae-;e. ~letaponlo era in ab– bandono già al tempo di Antonino Pio (PAU· s.-\x.J:.'lùu.posi.,_lib. \"I 19, 11 ): a Turio i Romani im·iarono coloni per ripopolare la citt:\ e le cam– pagne lSTnAn. Ge cr. lib. \'I 1, 0 ). Anche la Sicilia era in decadenza al tempo di Strabone (lbid. \'I, 2, 1.~)- Ll costa da Pachino• al Li– libeo era abbandonata; restavano solo gli sche• let,i di antiche ciuà; quella dal Lilibeo a Pe– loro ern mediocremente abitata con Segeste, Panormo, Cefalù, ecc.; da Peloro a Pachino, Strabone ricorda :,0!0 Messina, Catania, Taor• mina e Sirac~~1, come centri :.ibitati. !mera, Gela. Gallipoli, Sclinunte, Eubea ernno degra. date a poche capanne per asilo di 1>a,tori. Suss1ste\la ancora ..\grigenti. 1\la tutto il ter• ritorio era p0\'ero d'abitanti, e vi p~scolavano le greggi . Anche nella Lucania UU\"RN. VIJI, 18o), nell'Apulia (SB!<H!=A, ,p. 87, 7. u,d. Theod. J X, 29, 1, 30, 31), nelt'. lger su6urbitarù1s (Col11n11//11, 3; 11-13} dominava il latifondo (ProgrrSSOgiuridico, di Napoli, a I, 1886, fase'. IV, pp. 133 e ss..). [n Sicilia e in Sarde~na i pascoli erano tanto estesi, da richiedere per il loro g:>vemo un'ammiu,s1.razionc autonoma, allorchè passarono alla Ch.ìesa di Roma (Lib. pqutijir., vi/a Silr1e1/ri, I, 174; (;r,gorii I, tpisl. Vf, 38: Vll, 38). Le notizie del periodo clas– sid'o intorno •al latifondo riguardane. come ha dimostrato il Savioli (JJella tiislri/Ju::ùmt della prop, ÙllÌ fomlinrta i,, /lalia ,,/ ltMI_/JO dcli' lmp,tro Roma110, nell'Arthii.•10 gùtridiro, voi. LXII, 1899), sempre il centro e il sud de111 Italia. Altro, dunque, che naturale fertilità del suolo! altro che splendore economico e ric– chezza ag, icola nell'Italia meridionale ! Il concetto di fertilità che avevano gli an– tichi dell'Italia, com'è stato giustamente no– tato da Nitti (L'Ila/in all'all>a t!tl setolo XX, Torino-R, ma, Roux e Viarengo, 1901, pp. 10-16), era tutto relativo al piccolo mondo in cui vivevano. all'industria pot•} sviluppata, alle condizioni di produzione e di ..,cambio, alla posizione geografica centrale cieli'Italia in tutto il mondo allora conosciuti). Oggi i bisogni cresciuti della vita ci fanno apparire insuflclente e meschino il criterio della produtth-ità ammesso dagli antichi per il nostro suolo. Fino ali' inizio dell'età moderna, I' Ita– lia ebbe notevoli cause di superiorit:\ econo– mica : il commercio che si svolE;cva quasi del tutto nel Mediterraneo i coste estese ; neces– sità del cabottaggio; paesi all'Intorno poco densi cli popolazione e produttori di materie prime; le grandi vie dell'Europa centrale non ancora t·acclate; l'accesso ai mercati interni diffic.le. Spesso l'Italia, come ha dimostrato il Pareto (Cours d'l,·on. po/ili(jue, § 450), fun– zionò come un gigantesco parassita dei popoli · mediterranei, di cui esaurh·a le risorse. l\Ia la scoperta dell'America e delle nuove terre dell'oèeano indiano e dd Paciflco, la progres• siva conqubta clell'A8ia e dell'Africa, hanno spostato - chi I' ignor:t? - li centro del commercio a no~tro svantaggio: il Mediter• raneo è divenuto un grande lago la cui im• portanza relativa tende continuamente a di– minuire: e tutto que3to è a danno del }.lez– zogiorno· d'Italia. Eppure forse non v'è altro paese al mondo, < he abtiia creato tante illusioni, come I' halia meridionale! E in nessun altro paese esse sono destinate a cadere, non appena sieno ~ficrate dal soOio della realtà. Chi, per citare un es mpin f mo.~o nella i,toria, non ricord I il grandioso progetto di ç:olooizzazione dcli' Italia meridionalP. c, n ele– menti importati cli .Francia, ideato da Carlo I d'Angiò? Bastò appena un .decennio: non una delle famiglie importate rimase nel pae– se, atterrite e sconfortate dalla terra ingr:ita, dalla ma\arin, dal clima (DmrnrEU, Us arclri– t'ts a11;:lvù1tsde .i\t1f>/ts, voi. I, p. ::08; voi. li, pp. :?()(_)•2:?0. - G. FORTUNATO, li casltllo di Lagopuole, Trani, Vecchi, 1902, i'P· 106-107). Le p:tzienti e fortunate indagini <lcll' Egidi (!..a ro/onia sarncnw di Luan, e la st1a distrn– tione, nell'.i,cl,i ,O storià "fNr le /)1(,vincie napo. letmu, ·a. XXXVJ, ottuhrc dice111b·c 1911 1 pp. 655•.56 e n. .J), hanno .iimostrato che non migliore ru il rt;sul ate, d, I tentativo fatto per colonizzare Lucera, dopo che ne fu SL"ac– ciata la colonia saracena. Tutta\·ia la le~genda della n:,.turale ferti– lità della ricchezza del suolo continuò anche nell'epoca del nostro Riwrghnento e dura tuttora. « Se mai, scrive Giustino Fortun:no (f...a lf"tsl o,u mLrUiOnal~ e la r1Jo,-,na ln1,_.,_.,,_ rlil, nel .1/·;::og,Orno e lo Sia/o 1/,1/ia1M, 8;1ri, Later.ta, 1911, \"OI. H. p. 322), una ri,·olu-– ""zione politica fn intes:-uta di illu"tioni e di « ~pcranze, o eccessive o Jet tutto infondato, « quella fu certamente la nostra. Nessuna « preéisa nozione del passato, nellsuna \'era « conoscenza del presente; tutta Italia ere– « demmo fatta ad una immagine e simihtu– c dine, e il Mez:i:ogiomo, se mai, in condi– .e zione di natura assai favore\'oli, che ~ -lo ..:ingiuria e incuria di uomini a\"evano èan– « neggiato .... Non era sempre questo l'incan– « tato paese d0\ 1 e fiorisce l'arancio? Tuui « credevano che la terra pronn:~a, colma di « tutti i doni celesti, ai quali male avc,a.~vlo « corrisposto la fiacchezza degli abitanti. fo\i-e « appunto Il Mezzogiorno, troppo /morilo tl,/1" « natura, secondo il Bonghi, uce.zi011a/~nlt ,·o– " spièuo, a detta del Sella, si,rgolan,unlt ,.,;,o, 4< per bocca del Dcprctis, il pùi l>t/1<1 e ,1 piN « /,rii/, J><used'Europa, a giudizio del Miu• « ghetti, il quale, parlando alla Camera nel •« giugno del '6r, metteva in prima linea, tra le « inesauribili occulte miniere della nostra (or– « tuna, la nuda steppa - che è tutta un ha:,– « sofoodo marino - del Tavoliere di Pu– « glia>. Oh quanto in contradiziono queste r.... -.ee affermazioni con quel e aell90 di cose mone •• _c!le la campagna di Marsala spirava nel 1~. a Giuli0 Cesare Alba, i cui compagni e~~ vano di essere giunti nelle Pampas, e di es– sere andati t per aiutare i siciliani a liberare la loro terra dall'ozio!• (/Ja Qll(lrto ol lj,/-. · """", nolotlle di "n" dri ,1117/t, Bologna, Zanf• chelli, 1913, pp. 40, 42, 43). Ap~na oggi noi cominciamo a constatare,. la tremenda realtà delle cose ! Pochi uomini . - primo fui tutti Giustino r·ortunato - si sono dedicali al duro compilo di aprir i;I~ occhi e la mente a chi non voleva \'edere O· intendere, nella Camera e fuori, in pubblico. e io privato; e hanno dimostrato (li ,tlt:u– giOrn, e lo Sia/o ,1aliìu,o, vol. U, pp. 316 1 3zo. 321) che l'antica credenza nell'o/m" ;m-.iu dev'essere abban tonata ; la dolce prediaivne di Virgilio, secondo cui da per tutto in l~tlia la terra avrebbe prodotto tutto, ""'"'• _/4r1 """"" lt/lus, non si è av,·erata: il Mezzogiorno è « un paese che clima e suolo da un l.t to. << e configurazione· topografica dall'al;ro ren .. « dono essenzialmente povero», che « la que– « stione meridionale è quella, puramente e– « semplicemente, di. un paese che dalla geo– « gra6a e dalla storia fu per secoli condan- « nato alla miseria»; che all'Italia meridionale si conviene sopratutto quel che, conchiudendo la rela1.ionc finale dcli' lndue.fla o,:,rrani, del .1884-Sj, il conte Stefano ]acini ha detto molto giustamente sull' Ital}a tutt.i, che clo~ per I quattro quinti del suolo la denominazione di giardino della natura, che ci viene attribuito dagli stranieri e di cui noi ci compiacciamo, non è che un'ironia. Pre'l :nec.so tutto ciò, che cosa dev'essere, in un paese povero. il latifondo che da M!COli è sfruttato da una cultura di \"era rapina ? Si può credere alla possibilità di intensificare la coltura del latifondo solo che se ne trasformi. il regime giuridico? Il pro11lema merita un attento esame. E procureremo di farlo in altri articoli per i lettori dell' l"niltì. NOTA Sulla povertà. naturale dell' ltalia meridic,– nale, si vedano, oltre alla raccolta degli :;critti e dei discorsi del Feinunato, cbe è: fondnmentale, le pubblicar.icni del F1sc1mR(trad. del PASAK1s1), del1 1 J IASSERT (trad. ciel DE M:\GI~TRts), del TARA:'IIELl.l (Rendùo lidell'ls1,1.lombardo, r&>i; e RasUl{IIO11n:1011nle, 18Q9). dtll 1 Az1MONTJ ( Il Aft=wgiOrno a-trmWqual'i, Bari, Laterza, 1Qu,). Cfr. I. GAY (/J11lltlm cri/i,Jl,e. a. l()011'p. 114); G. Y\'t'R ({.,1" tommtrre ti /es tm1rtlra11d.11(011, /'/. tatù mt,-N,Onnlt au Xl I ti au Xl V s1«!t, 1903.._ pp. 23, 100, 127, 3q6); F. S. N1Tt1 (1\'ord , Sud, Torino, Rom<, 1900 1 intro<l., cap. I e II; L'Ila ili all',,tba dd stc. 4\".\" cit., cli::C. IV; Napoli e la qutsliont meridionalt, 1903 1 intro– du1.. e cap. VI e VJI); E. C1cçon·1 (Sulla quulùme men" io11alt, Milano, Moderna, 1904). EcaSTO CA!l.AOU G~rmle ,-uj>DHsa61"U Tipoerafia Galileiana, Via S. Zanobi n, 64

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