L'Unità - anno VIII - n.48 - 27 novembre 1919
234 L'UNITA La Costituente sono padrone di chiedere. per i miei meriti, che il parlamento mi assegni un vitalizio, e il parlamento è padrone di seppellire la mia petizione agli archivi. Si tratta di ben altro. In talune occasioni, il partito, o il gruppo orga– nizzato di elettori, che raduni la forza nume– rica uguale a quello che è stato il quoziente elettorale nel relativo collegio, potd, se lo cre– de opportuno per accrescere importanza alla proposta, presentare direttamente al parlamento un disegno di legge, sostituendosi alla inizia– tiva parlamentare, saltando il proprio rappre– sentante: e il parlamento dovrà prenderla in consideraziooe, come un qualunque altro pro– getto di legge. Pochi di coloro che sostennero la riforma della prOporzionale, hanno dato il gius!o ri– lievo al più importante carattere del nuovo metodo di suffragio': e cioè: la proporzionale non è, come si disse dai più, l'ultima espres– sione del sistema rappresentativo; ma benst la prima espressione del sistema fondato sull'eser- •cizio diretto della amministrazione dello Stato da parte dei cittadini : sistema questo che, come vedremo, nelle sue ulteriori espressioni può arrivare alla soppressione della rappresen– tanza. Non è stata chiarita, in altri termini, tutta la ri\'oluzionc implicita nella innovazione della proporzionale. 11 presupposto del sistema rappresentativo, come fu applicato finora nella pratica ed cspo• sto nella teoria, è questo: La massa elettorale non ha la capacità di amministrare lo Stato: intendendo per capa– cità, non quella tecnica, - perchè si capisce che un pescatore non conosce l'a scienza delle finanze - ma quella morale, derivante da uno speciale interesse, da una speciale passione per l'amministrazione della cosa pubblica. Da tale presupposto, si deduce : 1° che la massa elettorale, non avendo la suddetta capacità, non può delegarla ad altri, non può farsi rappresmlare nel significato giu– ridico della parola; 2° che gli oplimales, cioè i miglioli citta– dini~ hanno diritto di amministrare lo Stato. Essi son~ semplicemente designati. a ciò: la designazione è un riconoscimento del loro di– ritto: il voto è un espediente, una lustra vo– luta dai tempi, con la quale la designazione si compie; 3° che gli eletti, perciò, rappresentano la nazione (anzi lo Stato) e non gli elettori. Solo ponendoci da questo punto di vifta, possiamo comprendere il ragionamento dell'on. Orlando: « Il deputato rappresenta tutta la na– zione; nella nazione ci è anche la minoranza, che gli ha votato contro: ragione per cui le minoranze sono anch'esse rappresentate, e non hanno bisogno di rappresentanza propor.do – nale». Se noi ammettiamo il presupposto delle incapacità della ma~sa elettorale, il ragiona– mento non è assurdo. Ora, quale rivoluzione si è fatta nella pra– tica politica italiana in questi ultimi tempi? Semplicemente Questa: che si è considerato il presupposto e si è pensato: La massa elettorale ha la diretta çapacità (con la riserva fatta sopra sul significato della parola) di amministrarC lo Stato. Doflde si deduce : 1° che, avendo questa capacità, può de– legarla; 2° che quindi si deve stabilire una rap– presentanza personale e numericamente pro- . porzionale dei gruppi in cui la massa è divisa; 3° che gli eletti, non potendo, per neces– sità di cose, rappresentare personalmente gli elettori, rappresentano il gruppo che li ha votati. Questa è la prima riforma allo Statuto (ar– ticolo 41). Se si vuole giudicare il ragionamento del- 1' Orlando dal nuovo presupposto, si capisce che lo si trovi assurdo (GoeEITr, Onità, n. 27); ma bisogna tener di conto che si è mutato il punto di vista. Di fronte alla pratica della proporzionale, tutte le teorie, per cui gli elettori e gli eletti non sono altro che gli organi <<i portatori della volontà ,. dello Stato, vanno a rotoli. Alla domanda: « Che cosa è Io Stato? » bisogna rispondere: « Lo Stato è la massa elettorale ». Questa uguaglianza: Stato = massa elet– torale, deve avere un termine medio, cioè il partito. La massa elettorale, divisa in gruppi (par– titi) esercita direttamente il potere per mezzo dei suoi rappresentanti. La prima conseguenza della proporzionale è il mandalo imperativo. Ammesso l' intervento diretto della massa, i gruppi di elettori devono poter dire al loro rappresentante - che è loro, non dello Stato - : « Voi, sulla questione X> voterete bianco, e su quella r> nero». Una imposizione di questo genere, implicita nello spirito della riforma elettorale, non possono formularla che i partiti permanenti e organiz-' zati. Ecco ora la obiezione solita: « Dove sono i partiti, in Italia? Non ci sono: e alloi'a? ~ · Adagio. Due, intanto, ci sono. Il terzo; in– dispensabile per l'equilibrio della vita politica, si formerà: si deve formare, sotto la pressione del meccanismo della proporzionale. La massa media - nè rossa nè nera - degli elettori deve dare gli elementi per un terzo partito organico, con fondamenti economici e ideali politici propri: altrimenti essa. non potrà con– tare che accidentalmente nel funzionamento dello Stato, e a lungo andare, non potendo. svolgere un'azione legislativa autonoma, sa– rebbe assorbita. E ciò non è nè probabile nè verosimile, perchè bisogna tener presente il fatto che l'urgenza del pericolo farà sentir di più la necessità della coesione. Al riguardo del mandato iffiperativo, è ri– dicolo il linguaggio di coloro, i quali trovano inconcepibile la coazione che il Partito Socia– lista farà ai suoi eletti. Si dice: « Ecco l'in– tolleranza! I deputati socialisti non saranno p 1 adroni di votare secondo coscienza ! ,. Invece, è giusto e razionale quc1nto trovo in un articolo di «Caesar» su1J'.Avanti (n. 266): « Secondo r.oi il Gruppo Parlamentare non è « un organismo di per sè stante: esso non è « che un organo - e 110,i dei pùì imporlanli - « di un più grande complesso organismo: il Par– « tito. Perciò esso deve agire e muoversi secondo « le direttive e sotto il controllo di quello che « ne è l'muCo organismo direttivo: la dir;zione <<del Partito». Ciò può scandalizzare i professori di Di– ritto Costituzionale: ma è, ripeto, la logica e pratica conseguenza della proporzionale. E' a tali sistemi dovranno accedere: dalla parte op– pos1a i clericali, e nel mezzo la residua massa elettorale che vorrà contare per qualche cosa. Dunque: seconda grande riforma dello Sta– tuto, nella lettera e nello spirito: ammissione del mandato imperativo, vietato dall'art. 41. . .. Questa ne porta di necessità una terza: il dirillo di revoca: cioè la facoltà concessa ai cittadini di togliere una carica a coloro, cui fu conferita. Si capisce come questa potesse sembrare una enormità secondo il vecchio concetto rap– presentativo. Anzi, nel sistema maggioritario, la assoluta libertà· di opinion~ del deputato era una specie di garanzia, di compenso per la minornnza. La minoranza aveva infatti sem– pre la possibilità di vedere sostenute le proprie idee dal deputato che essa non aveva votato: e ciò accadeva spesso. Ora, non più. Di q~esta specie di compenso non e' è pili bisogoo: e il gruppo di elettori deve poter dire al rappresentante, non più del!o Stato, ma del gruppo stesso: « Voi non ci ispi– rate più fiducia: noi vi revochiamo il man– dato~- Anche qui, altri scandali per gli espedienti adottati dalla Direzione del Partito Socialista, in confronto dei propri candidati, consistenti nel rilascio obbligatorio di una lettera di di– missione con data in bianco. Scandali stupidi: che possono essere possibili soltanto per chi non ha capita la proporzionale. Abbiamo visto cosi le conseguenze imme– diate, anzi in corso di attuazione da parte. di taluni grupri più progrediti, della riforma. ì\fa c'è dell'altro. . *. La proporzfonale, abbiamo detto, è il primo stadio dcli' intervento diretto della massa elet– torale nell'amministrazione dello Stato: è la prima riforma consentita, anzi, imposta, dalle circostanze. Ma è anche lo stadio più semplice, meno completo e meno soddisfacente di quel– l' intervento. Esso ne deve portare altri ulteriori: e cioè: I. li di'ritllo di iniziativa : da non confondersi con quel diritto di petizione. che è una reliquia statutaria, e in base al quale io n o 2. Il Refere11d11111. Sarà la forma pili solenne di questo esercizio diretto del potere: dovremo arrivarci. Esso richiede un alt.'.>grado cli educazione politica. Ma non è il caso di 'cominciare a fare dei gran discor:-,i su questo <ealto grado » con i– soliti paragoni con la Svizzera, ecc. Infatti, noi abbiamo ritenuto che il nostro popolo sia ab– bastanza maturo per un referendum periodico: le elezioni. Le elezioni, col suffragio universale, devono sempre impostarsi su questioni grosse tali da ,interessare iutte le masse elettorali. Pace o guerra - rivoluzione o no: ecc.; l'osser– vazione è dello Stuart Mili. E allora, non c'è ntssuna ragione per non credere che, in tempo assai pross:mo, H nostro stesso popolo possa votare su qualche questione più o meno grossa, quando essa gli si presenti non più periodi– camente, rua occasionalmente. 3. La opposizione locale. Se il referen– dum sarà la forma più solenne di questo esercizio diretto, la opposizione locale ne sarà la forma piì1 efficace e pìi1 delicata. ~n relazione a certe ç;Hegorie di leggi, il corp9 elettorale dei collegi interessati, e gli enti pubblici di questi, avranno il dirittò di pronunci~rsi contro l'applicazione della legge nel proprio collegio, e di impedirla. Un refe– rendum parzi,Jle e posteriore alla promulga– zione della legge. Questa forma esiste già in Inghilterra; esiste anche rudimentalmente in Italia, relati– vamente a poche leggi nostre: p. es. compe– tenza dei Consigli Provinciali per modificare i tem1ini e i modi di applicazione della legge sul riposo festivo, e sul lavoro delle donne e dei fanciulli. Ma è poca cosa. Io credo che questa forma diretta di oppo– sizione sia destinata al più grande avvenire: essa si riconnette naturalmente a tutta la que– stione del decentramento e della riforma bu– rocratica, e mi pare il più efficace freno alle malefatte della nuova curia romana, consistente nelle Amministrazioni centrali. Come si vede, queste tre ultime forme por• tano alla parziale soppressione della stessa rappresentanza. * .. Orbene di fronte a questa rivoluzione co– stituzionale, già in corso di attuazione con la proporzionale e le due sue conseguenze imme– diate, e attuabili poi quando s\ voglia, colle altre tre forme di esercizio diretto: di fronte a così vasto orizzonte di studi pratici, di ap– plicazioni e di trasformazioni, quale è l'atteg– giamento dei gruppi della vecchia e nuo,·a democrazia? \ I. Non capiscono, e non si curano di capire, quale enorme cambiamento si sia fatto colla· proporzionale, e come il primo dovere per essi sia di perfezionare questo strumento di governo diretto. 2. Protestano di volere una rinnovazione ab tinis ftmdamentis; di volere che l'ammini– strazione della cosa pubblica sia realmente devoluta dal popolo. 3. Dichiarano di volere la Costituen– te, ed hanno impostato dove hanno potuto la lotta elettorale sulla Costituente. È oggi possibile rifare la base costitu• zionale dello Stato, rimpastare lo Statuto, modificarlo corue vogliamo, ionestandovi tutti i nuovi istituti che crediamo necessari: e ciò, senza perdere tempo e energie, quel tempo e quelle energie che ,·anoo dedicate ai tre im– mensi problemi: finanziario, burocratico, me– ridionale! Ebbene, no. Costoro vengono fuori con la Costituente. Cioè l'accademia. Cioè la rinun– cia a quanto abbiamo, a quanto possiamo a– vere, a quanto vogliamo. Cioè lospettacolo di cinquecento individui che sotto il pretesto « del Popolo che stabilisce il suo Patto na– zionale » (bella frase!) andrebbero a Roma a discutere di repubblica, di monarchia, di so: vietti, di bisogno di de,·olvere al solito Popolo la solita cosa pubblica: facendo fare ali' Italia la figura di quel tale imbecille che cercava l'asino, e c'era addosso. E poi sarebbe il bordello. Il bordello grosso auspicato da. tanta gente, anche da quella che non ha mandato nessun rappresentante al Con– gresso di Bologna. Perchè non è vero che la Costituente conchiuda un periodo rivoluzio– nario, come fu detto anche sull' Omi'tì. La Co– stituente inizia. il periodo rivoluzionario: que– c,ta è la pratica della Storia. E se la Storia dei morti non bastasse, abbiamo i progetti dei vivi che ci ammaestrano: « Vi sono altri nuclei fuori del nostro Par– << tito, che sono favorevoli alla Costituente, sia « perchè la Costituente è stata promessa da « Carlo Alberto (promessa ... di re!) e dovrebbe « costituire Ù solenne coronamento giuridico e e: costituzionale della «integrazione» della loro <<<<Patria»: sia perchè i r,;Jolu=i'Mariborghesi <<vorrebbero attraverso b Costituente arrivare « ali~ Repubblica borghese tipo francese o sviz– « zero, e P?i. .. ali. Essi sperano, assai ingenua– e mente, di contrapporre la _Costituente al So– « viet. Noi al contrario - infischiandoci di Carlo -«< Alberto - vogliamo la Costituente perchè at• << traverso di essa vogliamo arrivare al Soviet. « Essa rappresenterebbe un mezzo potente « di agitazione: sarebbe il primo atto dell'epo– << pea rivoluzionaria. In tal senso, alla Costi– « tuente si dichiarò favorevole il compagno Ser– « rati». Queste parole dell'Avanti (n. 260) sono le parole del buon senso... socialista. Se noi fos– simo bolscevichi, dovremmo parlare cosi. La Costituente è il simbolo della democrazia ventosa che aflligge il nostro paese. E 1 onore al merito, i ventosissim! fra i ven• tosi sono i reµubblicani. Ognuno di noi ha spesso sott'occhio dei tipi, per c'ui vien fatto di pensare: « La peggiore sorte che potesse capitar loro sarebbe l'avvento della repubblica ,., Hanno passata la loro vita nell'illusione di militare nei partiti estremi, gustando li piacere di essere all'opposizione, e gingillandosi con delle parole, vuote in sè stesse, di Repubblica e di Patto nazionale. In queste vuote parole hanno posto la loro ':ita. Se alla repubblica arrivassero, sarebbero uomini finiti: noc. avreb– bero più niente da dire, perchè non sanno niente. Se allora volessero a,·ere un significato politico, dovrebbero rarsi monarchici. Ora,, questa gente vuota di idee e scarsa di numero, cerca - e trova - un punto d'ap– poggio fra i « Combattenti », fra i « Fascisti>>, fra tutti coloro eh~, tornati dalla guerra con un commovente desiderio di rinnovamento, ma sprovvisti in modo desolante di uomini politi• camer.te preparati, sono i più facili a lasciàrsi prendere ai vecchi specchietti verbali, sui quali tante allodole democratiche sono andate a ca– dere, dal '48 in poi. J.,.1, Costituente è il più vistoso di questi arnesi. Conclusione: Gli « unitari », secondo me, non possono aderire alla pregiudiziale deita Costituente. Essa è contro la nostra ragione d'etsere, con– tro la nostra educazione politica, contro il « concretismo » di idee cui ci siamo formati, e che crediamo debba essere la base del terzo partito italiano. GlOVANNI A"N'SALDO. POSTILLA Questa della Costituente è divenuta, ora– mai, una questiune di parole. Che la Camera eletta il I 6 novembre debba deliberare le elezioni per un'altra Camera, che si chiamerebbe Costituente e il cui ufficio sa– rebbe di preparare uoa nuo\'a costituzione po– litica, - non crediamo che sia nel pensiero di npssuno. 1 D'altra parte, che occorra modificare in più punti lo statuto albertino, è oramai am– messo da tutti, co:ninciando dal nostro An• saldo, il quale trova anzi che i mutamenti sono già avvenuti nelle cose motivo per cui occorre adattare la vecchia legge alla nuova realtà. Nè le riforme necessarie si limitano a quelle indicate dall'Ansaldo: basterà ricordare la necessità. di sancire per legge costituzionale la nullità e il divieto dei trattati segreti. Eliminata l'idea di bandire nuove elezioni per una Costituente, e r:conosciuta la neces– sità di modificare lo Statuto, ne consegue che le modificazioni deve farle la Camera attuale,
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