L'Unità - anno VIII - n.11 - 15 marzo 1919

68 pali organismi sindacali e corpora/ivi della regione. I due rami del Parlamento eleg– geranno il Governatore. E questo sceglierà I suoi ministri. Il potere legislativo e di controllo risiederà nel Parlamento. Il po– tere esecutivo spellerà al Governatore e al suo ministero. Il Governo centrale, risedente a Roma, sarebbe costituito da due Camere. Una, che potrebbe contare circa 300 deputali, sarebbe eletta con suffragio popolare. l'al– tra, composta di circa 250 membri, sarebbt formata col voto dei comuni e dei sinda– cali professionali, indus/riali, operai delle singole regioni. E sarebbe rinnovata per un terzo 01;nidue anni. la Camera bassa si rinnoverebbe ogni cinque anni. lo stato federativo sarebbe in Italia con un capo dinastico. Se si preferisse, come in America, un capo o presidente elettivo, questo dovrebbe essere eletto ogni sessennio con volo a doppio grado: il suffragio uni– versale sceglie i delegati, questi proce– dono ali' elezione del Presidente. Il mini– stero, in questa ipotesi, è presidenziale e non parlamentare. Il parlamento centrale avrebbe, come quelli regionali, l'iniziativa di legiferare t il controllo sul poltre esecutivo, imperso– nato nel Presidente e nel suo ministero. Del Governo centrale dovrebbe pure far parie un potere giudiziario centrale e un' allb Corte di giustizia, che sarebbe chiamata a dirimere i conflilti di giurisdi– zione, che insorgessero Ira Governo cen– trale e Governi regionali, t a porre il veto alle iniziative dei Governi regionali che Invadessero il campo del potere centrale e unitario. le singole regioni potrebbero consor– ziarsi pér gli affari che interessano pili regioni. E potrebbe contribuirvi anche il Governo centrale. Una riforma di questo genere sfolle– rebbe Roma di moltissimi affari, che oggi si accumulanonei ministeri, e che sareb– bero trattali invece negli uffici delle am– ministrazioni regionali. Queste ammini– sirazionì, essendo più vicineagli interessa/i, sarebbero meglio sorvegliale da questi, si specializzerebbero meglio per oda/tarsi agli speciali bisogni locali, procederebbero pilÌ spedile. Il governo centrale, non potendo più fare pressioni per mezzo della burocra– zia nella vita locale, non avrebbe pili tutti I mezzi di asservimento, di cui dispone oggi; sui deputali. Non dipendendopiù dal governo ctnlrale, tutta la injlnta congerie di interessi individuali e locali, che ne dipende oggi, i de– putali non avrebbero più modo di distribuire molli favori, e avrebbero maggiore indipen– renza di fronte al Governo.rlnche il Parla– mento centrale funzionerebbe meglio: perché oggi, aggravato da tu/la la infinitd di leggi di interesse locale, che si accumulano a Roma, deveapprovare ognicosa senza che i deputali abbiano neancheil tempodi leggere i progetti di legge, e anche se avessero il tempo di leggere, non avrebbero la compe– tenza per gludicare ltr argomenti cosi sva– riati. Così il parlamento non è che la fac– ciata, dietro essi si nascondeil dispotismo della burocrazia. Quando, invece, lutti gli affari locali, oggi malamenteaccentrati a Roma. fossero trasferiti ai parlamenti re– gionali, e questi non dovessero occuparsi degll affari di vero interesse nazionale, il lavoro, così distribuito fra vari organi, riu– scirebbe menogravoso e piri agevole per ciascunodi essi. Il principio fonllamen/ale della riforma deve consistere non in utl decentramento burocratico regionale, ma nella costituzione di autonomie elettive regionali. BOSCOLO' domanda se il conce/lo di Cec– coni non porterebbe I' lla/ia a un veroepro- 1do smembJamenlo, incui/edij'erenM! attuali fra regione e regione sarebbero accentuale, e.onsvantaggio delle regioni meno rie.chee 111eno progredite, le quali hanno il dirillo di essere assistile e aiutate dalle regioni più fortunate. LEVI rileva la gravità della questione, cheimplicaunanforma tributariaprofonda, t solleva vasti problemi di dirillo costitu– zionale. Sarebbe utile avere unaconoscenza L'UNITA sistematica dei precedenti storici del proble– ma in Italia. OJETrl ritiene anche egli che una larga conoscenzadel precedenti storici sia neces– saria. E occorrerebbeancheunaseria infor– mazione delle discussioni, chesi fanno all'e– stero sui problemi analoghi. Essendo con– vinto della saldezza del sentimento nazionale italiano in tulle le regioni, non ha le preoccupazioni del Bosco/o sugli effe/li di un decentramento largo e radicale Nel si– stema a/tua/e, non sono le regioni più for– tunale che assistono te regionipirì arretrale: ~ la burocrazia,cht sgovernatulle le regioni, intralciando lo sviluppo delle più ricche e ritardando i progressi delle più povere. Quando si esaminano le conseguenzedel– /' attuale dispotismo burocratico, bisogna tener conio non solameule llel male che esso fa olla vita locale, ma anche del bene ché' alle amministrazioni locali impedisce di fare. la Sardegna, per es., avrebbe prov– veduto assai meglio a sè stessa, se avesse potuto badare da sè 011/i affari locali, cioè st ootcsse risolvere questi affari senza do– vere per ogni cosa chiederepermessipreven– tivi ai ministeri di Roma, e se il Governo centrale, assorbendo tulle le funzioni de/– l'amministrazione locale, nonavesseprivalo gli enti locali anche di ogni seria risorsa finanziaria. SALve1111N1 conviene sulla opporlunild di studiare i precedenti storici; ma crede che il resullalo dello studio sord che 110nc' è da ricavarne molta luce per la soluzione del problema attuale. Chi /eg!/'eper es. il magnifico discorso fatto da Giustino For– tuna/o nel 1896 contro il decentramento regionale,e vuoleapprezzarenellagius..ta luce le idee del Fortunato, deve tener conto delle seguenti circostanze : I' Il For/una/o discute il problema in 11nmomento, in cui il diritto elettorale é un privilegio delle classi colte e proprie– tarie: una maggiore autonomia, lasciala alle amministrazioni locali, quindi, avrebbe significato u11'i11asprimen/o de/l'oppressione delle classi dominanti sulle classi proleta– rie del Mezzogiorno, senza nessun freno da parte di una autori/à nazionale supe– riore: il decentramento avrebbe ricostruito il feudo. Oggi il suffragio universale con– sente alle classi inferiori di difendersi da sè. 2.' Il Fortunato era preoccupa/o del pericolo che la ricostituzione delle regioni facesse perdere tutto ciò che si era già guadagna/o infatto di nnijicazione morale della nazione. l'anno 1896, a cui appar– tiene quel discorso, é a mezza strada fra la presa di Roma e il prossimo cinquan– tenario del/' unificazione; è staio pronun– cia/o fra la rivolta siciliana del /893 e i moli di Milano del 1898. Oggi, in 1/aiia non esiste la pùi /011/ana velleità di sen– timenti separatisti: fa generazione, che ha fatto la guerra, non comprenderebbe più oggi le preoccupazioni, che erano legit– time nel 1896. 3.' Il Fortunato comballeva nel 1896 l'idea di ritornare alle vecchie regioni anteriori al 1860, secondo la quale la Si– cilia avrebbe costauila una regione, e il Napole/0110 un'altra, e contrapponeva a queste regioni, veramente pericolose per l'unità nazionale, le provincie. Ora le pro– vincie, specialmente nel Mezzogiorno, cor– rispondono a regioni naturali e storiche 11ella111enle d finite: laprovincia di Potenza, per es., é né più né meno che la Basili– ca/a naturale e storica; e così la Terra d'Otranto, la Terra di Bari, la Capitana/a sono provincie-regioni. Eliminalo, quindi, lo spettro di un ritorno agli Stati regionali anteriori all'unità, le autonomie provinciali del Fortunato sono in molli casi vere e proprie autonomie regionali. Mentre alcune delle obiezioni sollevate dal Fotlunuto nel 1896 contro una rior– ganizzazione amministrativa a base di decentramento regionale, hanno perdu/o molle ragioni di essere, un grande osta– colo si è costituito oramai contro ogni pro– gramma regionalista. Oggi delle auliche istituzioni regionali italiane non esiste pifl nessuna traccia. Esse sono state distrulle, (0 fino alle radici, quasi tulle. in sessant'anni di accentramento burocratico. Oggi biso– gnerebbe ricostruire di sana pianta tutta l'ammimstrazione regionale, se si volesse riorganizzare l'amministrazione italiana su questa base. Ciò posto è da vedere se non sa,ebbe assai meglio prendere per base Jr provincie, Queste già esistono con le loro amministrazioni, già organizzale. Molte di esse corrispondono a regioni na– turali e storiche nel/amen/e definile. E 1111//0 vieterebbe che pi/e provincie attuali si la– sciasse, nel nuovoordinamentoamministra– tivo, la pùi ampia facoltà di associarsi in consorzi per singole imprese, o magari di fondersi in pi,i larghe circoscrizioni re– gionali, senza dover chiedere nessun per– messo a nessun parlamento centrale e a nessun ministero. Mettersi a C.èslruireoggi cx novo delle regioni, co11un allo di vo– lontà /egislallva astratta, delinea11do a priori le funzioni dei nuovi enti, sarebbe anch'esso un allo di volontà del governo centrale, parlame11tare e burocratico, il quale dovrebbe suicidarsi a profillo di eredi ancora inesistenti. Gli eredi, invece, esistono : le provincie t i comuni. Insomma, il problema della riforma de/famministrazione a base di autonomie locali bisogna non complicarlo col pro– bleaw di una riorganizzazione regionale degli enti locali. Bisogna togliere alla bu– rocrazia romana la possibilità di atteg– giarsi a rivendicatrice de/l'unità nazlo11ale contro il risorgere del vecchio regio11a– lismo. Stabilita questa base di discussione, il problema dell'ammi11istrazio11econsisle– rebbe: /. 0 nel ricercare caso per raso quali funzioni si possono trasferire dalla buro– crazia staia/e agli organi e/ellivi delle provincie e dei comuni, coi redditi neces– sari perchè possano compiere quelle fun– zioni: l'esame potrebbe comi11ciare dal ministero llei lavori pubblici, che si po– trebbe i11 larga misura sopprimere, tra– sferendo alle provincie le sue funzioni, e una adeguala quota per es. di imposta fondiaria; 2.' nel ricercare caso per caso quali funzioni si possano trasferire dalla buro– crazia atl associazioni privale controllale llallo Stato (ferrovie, telefoni, telegrafi, ecc.); 3. 0 nel ricercare in quale modo si debbano riorganizzare i servizi staia/i 110n /ras/eri/i agli enti Joéalie alle organizza– zioni private: cioè tulle le riforme inter– ne, che sieno necessarie a rendere re– sponsabili gr impiegali, pili spedita I' am– ministrazione e pili dignitosa la siluuzione degl' impiegati (abolizione dei gradi inu– tili, riduzione tlei controlli preventivi, staio economico e giuridico dei funzionari, rap– porti fra ministeri e ujfici proviuciali, ecc.). Nello studio di siflalli problemi, biso– gnerebbe tener conio di due idee fonda– mentali. La prima è che comuni, provincie, mi– nisteri non sono organi superiori l'uno al– l'altro, di cui l'uno deve co11trol/aregiorno per gioruo l'altro : sono orgoni diversi l'uno dall'altro, di cui ognuno compie certefunzioni specifiche. e tu/li debbono es– sere controllati da organi elellil'i e da spe– ciali magistrature amministrative,che eser– citerebbero il controllo per iniziativa pro– pria o su richiesta dei ci/ladini interessa/i. l'allra idea è che le funzkmi /rasje– rile dai poteri centrali ai comuai e alle provincie e la pili larga autonomia rico– nosciuta agli enti locali, 11011 implicano in nessuu modo 1111 ral/en/amenlo dei vin– coli, dei doveri e dei diritti della solida– rietà 11azionale.Il Governo centrale, sia in quanto parlamento, sia in qua11/oam– ministrazione, deve conservare larghi po:. ten, che gli llieno la facoltà e l'obbligo lii sostituirsi agli enti locali, quando que– sti vengano meno, per illcapacilà o per malo volontà, ai loro doveri. La solida– rie/li nazionale lieve conli11uaresempre a mani/es/arsi ia forma di aiuli dati a spese del/' i11/era nazione a quelle parli del patst, che sieno pili povert, meno pro- gredite, meno capaci di sopportare con le 1o;o sole risorse il peso di un'amministra– zione modema. È un insieme di problemi formidabili, la cui soluzione richiede studi seri e sva– riati. E dopo avere risoluto il problema sulla carta, bisogna rendersi COflO della difficoltà della esecuzione. È necessaria und grande opera di propaganda e di agitazione nel paese per prepararlo a vincere gli ostacoli che si oppongono ad ogni seria riforma dell'amministrazione. Gli impiegali dei Ministeri creeranno dif– fico//d di ogni genere. I deputati, che /ar– mano ancl>'essi una oligarchia, la quale si perpetua appunto mediante i favori e le pressioni amministrative, rese possibili dal/'accentrarnenlo burocrutico, non secon– deranno affollo il movimento. Molte reda– zioni di grandi quotidiani, specialmente romani, hanno Jr• i /oro redai/ori de– gl' impiegali dei ministeri, e quindi sono contrari a qualunque riforma · che non consista in aumenti di stipendio. Una riforma qell'amministrazione,falla sul serio, presuppone o una rivoluzione violenta, in cui i cittadini rifiutino di pagare le imposte al centro, si stringano intorno agli enti locali e rico– slruiscano I' impalcatura amministrativa andando dalla periferia al centro; oppure un colpo di stato fatto da un gruppo di uomini, che giunti al Governo, mettan& Roma in islalo d'assedio, ·e in sei mesr procedano allo sfollamento degli uffici della capitale, dispensando dal servizio un terzo dei Junzionari, e trasferendone nelle provincie vicine 1111 altro terzo. Que– st'ultimo metodo è preferibile al primo; ma non potrebbe essere applicato senza !,n preventivo lungo lavora di propaganda nel paese. Specialmente i partili demo– cratici hanno bisogno di questa prOJIO– ganda, per abbandonare il funesto errore, che li spinge sempre ad affidare allo Stato, inle~o come burocrazia accentrala, il maggior numero possibile di funzioni, salvo a /ame11tarsi continuamente del cat– tivo funzioname11/o dello Stato, dopo averlo rafforzalo e reso piii oppressivo. Gli amicidi Firenze si rit-ordino che domenica, 18 marzo, alle ore I~, nell11 sula della Dibllotcc" Filosofica, Piazza Donatello, 5, il • 1,rnp• po d'azione » di Fil'euze si riunisco })Cr disc■t~re sulla rap11reseutanza propor– ziouah•. Ricordiamo vivamente a quegli amici, i quali si dispongono a par– tecipare nelle prossime vacanze di Pasqua al convegno degli « unitari», che ci è ne– cessario conoscere prima del convegno i loro nomi e i loro in<lirizzi: 1° per poterci ref!olare in base al numero delle adesioni nella organizzazione del convegno (scelta llel/a sala, ufficio di segreteria, ecc.); 2' per tulle le comunica:ioni personali, che resul– lassero necessarie. l'invito di conrnnicarci il nome e l'in– dinzzo lo rivolgiamo anche a quegli amici, le c11i lettere sul convegno so110state pub– blicate, nei numeri scorsi, avendo noi bi– sogno di conoscere co11 sicurezza quanti di essi mantengono l'impegno di parteci– pare al co11veg110, anche dopo che è staia scelta come sede Firenze. Spese improduttive li 1Vi11isfc1·0 deU'Jutcn,o e quello dcffa P11,bblica, lsfruziottc ha1wo orgauizzato per il lJrossimo mnw scolastico tina, Berio cli co11fercuzedimostrative di i[Jieue pratico, da tenere in alcu,nc scu.ole normali del re9110 allo scopo cli pron1uoL·ere e, traverso l'iuseyuomeuto 11,11,'crn,pia diffusione nel no– stro popolo delle JJih indispensabili cono– scenze <fiaicuc. Se il• Jfiuiste,·o dell"Jstruzione comin– ciasse a fm·c spozza1·e meglio le scuole. pagando meglio i •idelli? Co,,,prencUamo che allora un certo tJl(,– inero di para,'tsiti 110n potrebbe più, an,dare in gi1·0 pCr le scuole chiacchierqn.do a speso dello Stato! Tipografi.1. Galilcian:i Via S. Zanobi n. 6-4 Eo1STO CAS.tt.GU G,--;;,it~ rapm1ulul~

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