L'Unità - anno VIII - n.10 - 8 marzo 1919

L'UNITA Sulla riforma dell'amministrazione Se UJ?.roblema, e insieme il programma. di un vero <.: profoncio dccent ramcnto regio1talè ~eve es:,ere - ~ne credo - il massimo cen– \ro del nostro stttd.io e dei ho:::.tri sforzi, - e -poichè Jl aniino di moltissimi italiani, di v:trie cl:1:::.si e regioni, & già inclinato in que~to senso (come efficacemente ha detto U~ro Ojetti); - ne-consegue che è necessario anzi tutto. per es<,ere pratici: 1 ° incanii.larc questo malcontento e qu~– sto spirito di fronda verso un 1 evolll~ionc pa– cifica e ordinata dcli~ nostre istituzioni (ciò che è buono - a parte ogni cou:::.iderazione di partito - per evitare perdita di tempo e disper– sione di energie): ~ 0 i,tudiare un serio e co11creto pro– gramma: abbandonare, cioè, ogni formula-ri– cetta generica, e sviscerare davvero il problema. L'oJUra uegaliva, &Miro l'acccntram~nto, con– tro la burocrazia, è già stata fatta: lavoriamo ora :'\)acremente all' op,m jlositùJ11, di ricostru– zione. AbQiamo detto che cosa ,um <10glit11110: mo~triamo ora. con precisione. che co!'la i• iliam, dmmuo. Per parte mia e sin da ozgi, due pa• role preliminari, fin troppo O\'de, mai senza le quali molti filosofi e dotti !auda.'or,s t,mpon"s <JCli ci rinfaccerebbero scnz:~ dubbio di non aver pensato alla storia, di esser dei dottri– narii, eccetera eccetera. Per evitare lunghe polemiche e schiarimenti lungo la via, enun– ciamo sin da principio alcune :;piccìole Yerità. 1 ,a. li « federalismo » di Ferrari e di Cat– taneo non può pil1e:berc rimesso a nuorn. Nella prima metà del secolo XIX. es~o si opponeva alla unificazione d'Italia. quale poi si è realiz– zata. Que:>ta unificazione, è vero, fu ua mira• colo di abilità e di fortuna, ben più che cosa profondamente radicata e matura nella co– scienza ùella maggioranza. Di qni il suo ca• rattcre livellatore, rigido, quasi d'imposizione. Forse sarebbe stato m1•glioche le cose aves– ::-eroseguito altra piega. l\Ia oranr1i quel che ~ fatto è fatto. Le antiche regioni politfrhr sono morte, e per sempre. Jndietro non si torna più. 1.• Che in Italia siano, tuttavia, ,·ive e ben J'adicate tradizioni re~ionali, per effetto -della grande varietà geografico-economica, e, più, della diversità ùi secolari tradir.ioni str– richc, è verissimo. Tanto vero, che si è sempre temuto che organizzare la Regione fo::.se un intaccare l'unità nnziona le ancnra mal cemen– ta!a. Così opinando, in va ie date e occ ,sioni, dal Risorgimento sino alla guerra mondiale, molti valentuomini furono certo nel \-Cro. 3.• Ma oggi (e, se non fosse oggi. da"• vero mai plùl) l'unificazione morale d'Italia è compiuta, l'unità c'è, ed è ben cementata negli animi. Quel peri~olo è dunque·scomparso. ◄·"' Ed anzi, -come una "era e vitale So– c.ietà delle Nazioni richiede in pritno luogo che esistano ben vive naiionalit:\ e che queste poi si colleghino ed organizzino insieme, così la Nazione sarà più fort(:, pill \'itale. pill concreta, quando sia d1fferem:iala nei suoi elementi, met– tendone in valore le peculiar:tà: non già i pur– tir,!an"mu: ma le particolari attitudini che na– tura e .:;toria han date a ciascuna. . . . Ma, benchè oggi non abbia più ragion d 1 e&;ere l'opposizione, che Giustino Fortunato risolutamente moveva al concetto delle auto– nomie regionali nel 1896, sacro:,antamente ,·ere sono sempre queste parole eh' egli !)tC:,SO, ap– punto in quel!' occasione, proferiva ( li 11/à:o– giorno, lo Staio italiano. Bari. Laterza, 1911, vol. I, pagine 445-468): <( Voi potete vegliare .: tutte le vo:,tre notti e lambiccarvi il cer• ~ vel:o nella ricerca dei rimedi al pariamen– « tari:>Pl0 im·adente: potete escogitare tutti « i n·etodi, tutte le leggi di que:,to mondo, « e rifar da capo tutti gl'istituti. tutte le « circoscrizioni dell'oggi; potete. se meglh « vi piace, bandire a' quattro \'enti le glo– « rie del verbo no,·ello, il decmlrammlo regi<>– « ,,alt 1 e con esso dar fondo all'universo: « nulla, assolutamente nulla voi otterrete nel– «. l'interesse della giustizia e dell'amministra- « zione, se, dato un sbtema eletli\'O a \'0to << limitato, e un paese povero come il nostro. <i ove la ·pubblica opinione è ancora fatta esdu• << si\'amente dai giornali, non 1110\ 'erete.co – « munquc e sempre, da una ipotesi semplicis• << :$ima. E !a ipote:,i è quella di una Camera. '< nella grandissima sua maggioranza, integra. « che non ammetta e non tolleri mai. alla su– « prema direzione dello Stato, nn Governo nf)D « integro: un Governo, che tale non sia 1 pub– « blicame11te e privatamente, in ognuno e' in << tutti in..,iemc r suoi componenti. e non abbia « ,·ivo, alto, perenne il sentimento del proprio « decoro e della propria rispettabilità,., Ripetere oggi queste parvle significa : 1. 0 affermare che non siamo 'editori di ricette toccasana, ma che vediamo sempre a base d'ogni riforma nna questione morale, di probit I intellettuale e politica: 2° accostare la que~tione òelle regioni a quella del suffragiu universale, cioè non più a voto limitato, e della rappresentanza propor– zionale ci n collegio interpro,·inciale, che è la via prati, amente migliore che concorra alla creazione di una migliore rappresentanza pvli– tica nazionale, ed è perciò un piccoto· prin– cipio di I imedio e guarigione. . .. Per I t comprensione esauriente della que– sti, ne, dobbiamo oggi in primo luogo fàr no– stri i risultati dei precedenti studii su qllesto tema. Senza risalire al Ferrari cd al Maz– zini, ricordo: un disegno~ del Farini; una nuova edizione di es::.o, presentata dal Min– ghetti; congre.\,:;i,\'Oti e relazioni di un « Co– mitato lombardo pel Decentramento»; un vo– lume (al solito, introvabile cd ignorato! ma solido e profondo, a detta di G. Fortunato) re– datto nel 1891 dal Consiglio di Stato, per ri– spondere a quesiti posti dal Presidente del Consiglio, Di Rudinì, sul decentramento. Nel campo culturale, il volumetto del Crocioni, « Le Regioni e la cultura nazionale,. (Catania, Battiato, 1914).E molte altre cose, che io ignoro. LVIGI EMER\'". l!. Saremmo assai n"conosu11ti a quei 11ostri gio– vani amic,~· ,1,, voless,ro p,epararci un nfUsu11to delle pubbiièadoni acum1at, dal 11~slro Eme,)'. fi vo!tu11e del i1fi11ghel/1:assai importante Del Governo rappresentati vosipuò /renareti,quai,mque pubblica biblioteca. I lavori del Comitato lombardo per il dei:e11lrammlodebbo11ocerlamenle lroz:arsi 11clle brbliot«he pubbliclu delle rillà lombarde. La nla– sioru del Omsiglio di Staio del 1891 11011 è pùì ù1tro– -zx1bile,Ct'ltleera qualldo 11eparlava Gùuti110Fo1·/11- t1alo, jurchè fu ripubò!i'cala nelia rti!isla fiormlù1a li Risorgimento d,I 1912, i·he si /rom nella Bihlio– leca ,,·a:41Qm1/e di .. Fùmze. Riassumer, I, idu em– irati, caratleristic!,c di' questi lavo,.i ùi non più di quallro colo1111e d ll'l! nità, ecco 1111 co11/rib1~lo pnzioso eh, 1111 gùwane ù1ld/igenlt e ;,'0/mtuoso può arrecare ai nostri studi. Per evrìa,·e che due pe,s011efnt• cia11,1 co11te111po,-a1mu,un/, lo sltsso lavoro, sarà bene du gli amici~ desiderosi di J>al'lecipme ali' ()plra comwu, ci scri--,xmo e si mel/a110d'accordo co11noi: lntanlo, pe, chian·,·e pù11a111mle l'a~·cm110 fatto dall'Et11,r11 a!lt idu di Giustino .Fol'lmmlo, 11'pro– d11cia11W qui dalla rauolta degli scrlÌli e discorsi politici del Fortuna/o (eh, OK11i g,inxuu de.stile.roso di seria coltura politica dovrebbe leggere t! medi– tare) i passi /iti carallcristici de.Ima,f!nijìcodisrorso pmlllmmta,, d,! 1896 su I, RegioNi. Che cosa. volete significare per decentra~ mento? Spogliare, forse. la pubblica amministrazione di alcune o di molte delle sue funzioni. lasciando che libe'ramcnte d pron •i.da I" iniziali\'a pri· \'ata? Ebbene, dbingant atC\·i: tutto il moto della civiltà presente contraddice ad es..o. per– chè, piaccia o dispiaccia agli indi\'idualisti e a' liberbti de-lla scuola, tutta la vita politica delle società moderne conduce. fatalmente. ad unll estensione sempre maggiore, sempre pilt lar'.la, delle funzioni di Stato. Delegare, fo~e, alle autoritù governative locali molti dei poteri e molte delle facoltà, che oggi. con gra\'e dànno e infinita noia dei cittadini 1 spettano alle amministrazioni cen– trali? Porre in atto, cioè il co.siddetto decentra- • ,11enloburocrali'co. in tutta quanta la sua possi– bile applicazione? Ebbene. mano all'opera. concordi e solleciti, perchè nessun dubbio, nessun contrasto, nessuna diverq-cnza è tra noi, ,.tanto ue è chiaro e manifesto il vantaggio che ne verr:\, e certo non tradirà le comuni aspet– tative; solo che in pari tempo dctennineremo 1 con apposita legge su lo stato degl' impiegati civili. i diritti e i doveri dei pubblici funzionari, assicurando gli uni e gli altri dalle volubili 1 ca– pricciose ,·icende della politica parlamentare. Non iperemia al Ccr\'cllo, non anemia alla pe– riferia: è il voto unanime. cl'antica data. di tutti noi. Ma se, im~ecc. per decmlrammlc ammù1istm– tivo propriamente detto 1 voi intend~te 1 come intende la « Giunta esecutiva del Comitato fombardo pel Decentramento», l'attribuire ai corpi locali. più o meno autonomi, vere e pro– prk: funzioni di Stato: se di coteste funzioni volete }orocommettere, insieme, la deliberazione e la esecuzione: io non esito un istante solo a respingere lungi da mi.:, 11cll' interesse stesso di quelli fra' miei corrcgionari che pilt soffrono e più lavorano, un dono cosiffatto, che renderebbe sempre pili la organizzazione dei poteri pubblici (accentrati o decentrati che siano, poco importa). una vasta, poderosa, odiosa clientcl.i delle classi dominanti 1 e l' Ita– lia stessa un oggetto di lusso, fatta per chi po~iede e chi comanda, i signori, i ricchi, i pubblici funzionari e gli uomini politici! È un decentramento, il vostro, che i comuni e le province di mezza Italia, con~orziate o non, sono incapaci di a<.sumere senza il pericolo, che dico?, senza la certezza di veder crescere a mille doppi i guai dell'oggi,- l'infeudamento e il prepotere delle consorterie locali e il loro non equo cd anehe iniquo proceder:e in tutte le manifestazioni della vita amministrativa. È un decentramento che non è, no, la giu-.tizia nella libertà, non il cli.ritto, non l'eguaglianza, non la morale, nessuna di queste graftdi deità filosofiche, nessuna di queste gr,1ndi cose che voi ci promettete con tanta larghezza di animo, con tanta abbondanza di cuore. Se altro non potete fare, oh, molto meglio l'accentramento dell'oggi, cui pure dobbiamo quel tanto di di– fesa, di sicurezza, di coltura e di benessere,· che finora, Dio 5;\ come, abbiamo raggiunto! E il vero è che molto, e in via relativa– mente facile, noi possiamo ottenere, solo che modestamente, ~condo la logica ,.Ielle cose, ci facciamo a considerare il decentramento per quello che è. per quello che dev'essere, - senze innestarlo artificialmente alla idea di una riforma amplis:,ima, dubbia, indeterminata, che non trova fondamento 'nella re<lltà delle cose, che non ha, no, il segreto della nostra salute, che non può non suscitare timori e paure in quanti credono tuttora non intima né sicura l'unione morale e mnteriale del nostro paese 1 - cosi dh·erso nella sua stessa costi– tuzione natural(!, CO:>Ìvario nella ~ua stessa organizz..1.zioneeconomica .... A me fa pena, confesso, il -.emplice accenno ·a codesto argomento. pe1chè mi pare che tutti, qUi c'entro, dovrebbero sentire che l' unitll è nelle leggi, non ancora nel fatto; nella lettera, non ancora nello ~pirito dei nostri ordinamenti; che le correnti regionaliste, s<:endano clall'a.lto o vengano dal basso, sono tutt'ora vive in Italia più di qualunque altro sentimento; che non mancano, specialmente nelle campagne remote che noi abitiamo, lieviti cfo:sol"enti; e cr..eove più ove men,,, da per tutto si tendono inSidie al nostro edifizio unitario, delle quali, prima, non si aveva neppure il sospetto ... A me fa pena, ripeto, discorrere di ciò, e quit~di, senza insbten·i più che tanto, mi · affretto a chiedere: ma il decentramento re• gionale si imbatterebbe o pur no nell'osta• colo gra, 1 issimo, insormontabile della pub!,\ica finanza? Già, per lo appunto della pubblica finan::a; perchè. contraria.mente alle affermazioni di ~– loro, i quali immaginano e sperano di poter dare, fin dmente, elasticità e leggerezza al bilancio dello Stat, mediante il decentramento su larga scala, - sarebbe oppur no possibile di porre a carico delle Regioni tutto un cumulo di nuove spese, quali, ad esempio, la istruzione secondaria e i lavori pubblici, senza cedere ad 61 esse 1 in pari tempo, molti e importanti cespiti" delle entrate presenti dello Stato? E se ciò, via!, non è possibile, se è vano aspettare economie iu favore del bilancio da.1- l'opera del decentramento 1 oh, rifuggiamo dal cacciarci per una « via lunga ed oscura», che non ha uscita, e releghiamo nel regno dei sogni qllcst1altra novissima ubbia delie Regioni, che sola ormai, per sua e nostra scia– gura, è fuori tutt'ora del « mar crudele è mal• vagio >) di questi ultimi anni ! Lascia1uola da pane, e contentiamoci per ora di volere quella dislocazione e quella semplificazione dei ser– vizi che sono nella comune aspett;11.ione. nel comune desiderio di noi tutti, e di volerla sul fondamento naturale, su la base legittima della provincia. Della pro\'incia com'è, preci:>amente, perchè è cosi e dura da tanti anni, perchè essa è entrata ormai nelle abitudini dél popolo; perchè la sua autorità non è messa in dubbio; perchè, infine fra tutti i nostri enti amministrativi la provincia è quello che certàmente si è saputo goverr,ar. meglio o, se si vuole, meno peggio. Provate\'i a cancellare dai nostri cuori il nome della pro– vincia che ci vide nascere, in cui abbiamo tutte le memorie, tutte le speranze di casa nostra! w_ provincia - _lasciò scritto Marco Min– ghetti - ha in Italh antiche origini, ed ha per avventura una personalità piìt spiccata che in alcun altro paese di Europa. Essa ri• sale in molte parti della penisola a quell'epoca, nella quale ferveva la lotta tra l 1elemento de– mocratico della città e l'elemento feudale della campagna. Che se in alcune altre parti la Pr0vincia ebbe origini diverse, non fu meno spontanea e meno distiJ-ita; e noi troviamo fin dal secolo XJV i nomi e le circoscrizioni quasi identiche a quelle delle provinçc nal>O· letane ». Nè si accampi la solita obiezioni! della scarsa sua base di popolazione e di territocio. Delle sessautanave pro,·incic del Regno, sette soltanto hanno un piccolo numero di abitanti; Sondrio, Porto Maurizio, Massa Carrara, Li– vorno, Ravenna, Belluno e Grosseto; dician– nove oscillano da' 250 a' 300 mila ben qua– rantatre superano i 300 mila abitanti i la inia Basilicata ne ha 550 mila, con un territorio di undici mila chilometri quadrati. E, del resto, non ha for~e 1:t Svizzera, elle ora, come una volta l' inghilterra, è di m.od¼ citare ad ogni passo, cantoni pili piccoli delle nostre provincie, - cantoni, che salvo il vincolo fe– derale, sono pure assolutamente padroni di casa loro e dello ste-.so lor Governo politico? Molto e facilmente noi potremo ottenere, qualora noi movcrem~, puramente e sem– plicemente, dal \ oncetto del decentramento amministrativo nei limiti e nei confini dalle presenti circoscrizioni provinciali. A dì 27 marzò del 1891 l'onorevole Di Rudini, rite– nendo utile e necessario « senlplificare il congegno governativo» e • togliere 'dal centro tutto ciò che vi è di soverchio •, si rivolse, con apposita nota, all'alta competenz~ del Consigli) di Stato, chiedendo la soluzione dei due se.;uenti quesiti: « Quali funzioni, eserci– tate presentemente dall'aulorild governali'va, possono essere affidate, senza danno, anzi con benefizio dc' cittadini, alle au/ortìd provimiali e ci:mwmli.' Quali funzioni 1 esercitate pre3CYte– mente dall'aulortìà gO;Jemaliva un/raie, possono essere affidate 1 avvantaggiando il pllbblico sen·izio, alle autonìà governai/ve locali.:>» Io non dirò dell'ordine e del metodo se• guiii dal Consiglio di Stato nell'adempire, con :-ollecitudine davvero mirabile, al còmpito dif– fit:ilissim.01che gli era stato assegnato. Dirò so!o' che il molto e grave suo lavoro consacrò in un volume, che è documento cd anche, perchè no?, monumento di sludio profondo e di estesa conoscenza di tutto il nostro or– dinamento amministrativo e della legislazione che lo regge: un volume, che io mi dolgo e . mi maraviglio non sia stato messo io com– mercio nè, quello che è più 1 neppure comu– nicato al Parlart:lento. Orbene 1 la massima parte dei \'Oti es1>ressi dal Consiglio di Stato riguarda modifica1.ioni da introdurre in leggi esistenti, o nuove di– sposizioni da dare in via legislativa. Ma tutte, non una eccettuata, tutte quelle norme legi– slative ,on dettate «. con puri crileri giuridici e amministrativi », senza punto entrar « nel campo delle riforme politiche, le quali (dice

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