L'Unità - anno VII - n.6 - 9 febbraio 1918

30 do a quel programma anche Fiume, che nella con· ven:ione <!i Londra era la,cjata alLIL Croa;ia, - ebbene è meglio che quel convegno non si ten· ga. Giacchè da esso uscirebbe u11a più aspra guer· ra fra iLnliani e slavi e un più clamoroso trionfo delle manovre deJ Principe di BUlow e di Bolo Pascià. Ma gl slavi ciel sud accetlerobbero il compromes· so adriatico sulle basi da noi proposte'/ Dopo avere ottenuto il dito, non pretendei·ebnero tutta Ja ma· no'/ Ci sono fra essi gruppi di persone ragionevoli, disposte a !'ifiutare francamente e ltpertamente 1e megalomanie bestiali dei nazionalisti jugoslavi, i quali pretendono l'Istria orientale, Tl'ie)òte, Gori· zia e magari anche Udine'/ Anche se a queste domande noi dovessimo rispon– dere riconoscendo che tutti gli slavi del sud sono abbrutiti dall'imperialismo italofobo, e che con e, si non c'è modo d'intenderci a nessun patto, - ru,che in <1uesto·caso noi non modiflche)'emmo i11 niente iJ nostro sistema di idee. , Perché l'amico :.\Jus;,olini ha torto, quando e-i descrive conle poveri diavoli, fiacchi e deboli, pronti alle rinuncie e alle a!.Jdicazioni, e degni tli essere paragonati a Benedetto Cairoli. Se osessimo tempo da perdere in disquisiziQ,1i slorjche, ci 8arebbe facile dimostrare che, comP In Tunisia fu lanciala fra It.alia e Francia al Con– g,:esso di Berlino cper scavare l'abisso fra le c)i,e nazioni sorelle, e costringere l'Italia ad entrare umilmente nella Triplice Alleanza, cosi i nostri cler•icali e giolittiani germanofili ham,o suscitata artificiosamente nell'esLale ciel 1014 la questione dalmata pel' rendere impossibile ogni intesa ilo#)· slacv:. e rufforzare l'Austria, e rendern difficili le relazioni fra l'Italia e l'Intesa anligermanica. E la corpa di Benedetto Cairoli nel 1880-1881 non in di avere rinunciato alla Tunisia: fu cli essel'si il– luso di poterla disputare alla .Francia, mentre '" Frru1cia a,·eva con sè solidali l'Inghilterra e Jt1 Germania, anzi era eccitatt1 eia Bismarck ad « an– ·clare avanti senza riguardi»; e in quesca illusio:1e • rifrntò di accordarsi in tempo con la Francia nel problema nord-africano, e la sciolse da ogni obbli· go cli cortesia con una serie di incidenti uno piu temerario dell'altro, e la spinse così a Tu.- •il Niente cli comune, dunque, fra noi e ;.;.nedello Cairoti: caso mai, ci sentiamo discendenti piutto· sto da Giovo.rJJi Lanza, che - Cassandra inascol· tata - rifiutò di approvar'e le leggerezze e le incw• renze cli Cairoli, al quale d<:veesserr, paragon,1to il « Senatore » del Giornale d'Italia, col <1uale Mussolini è invece d'acco:rdo ... E quanto alla nostra conivilà alle rinuneie e nl· le abdicazioni, noi vorremmo ricordare alramico Mussolini, che noi.non abibiamo aspettato neanche Ja .battaglia della Marna per chiedere l'intervento cieli'Italia nella crociata antigerman ica: l'abbi,1- mo chiesto il 14 agosto del 1914, ·nei giorni della di– sfatta francese di Chal'leroi. Ta11to poco abbiamo l'albitudine alla remissività! Se vuole trova1,e i u rinunciatori ,, per defìni~ zione, •:.\Iussolini deve cercarli fra quei giolitliarJ e cre,ricali tedescofili, che oggi sbraitano per negarn la Dalmazia agli slacvi del sud, mentre nella p1•i· ma.vera del 1915 abbandonavano non solo la :Jal– mazia, ma anche l'Istria al ... Principe di Bulow: vili coi gra1'di, prepotenti coi piccoli! La« rinuncia » della Dalmazia e della Liburnia - salve le garanzie della sicurezia militare ita– liana nelle isolP foranee dell'Adr'iatico, e salva l··' tutela giuridica delle minoranze italiane lasciale 1,· territorio slavo - quella « rinuncia » noi non fac· eia.mo dopo Caporetlo, la facevamo già nel nove·n· ibre del .1914, quando la malattia dalmatica com!n· ciò a infervorare, e credevamo lutti chP.l'interven– to dell'Italia nella guerra avl'ebbe deciso in breve la crisi della grande crisi. E Ja facciamo lultora, come Ja facevamo allora, non agli slavi ciel Sud, e neanche alle opportunità della lotta a fondo con– tro l'Austria, ma alla nostra coscien,a di demo· era.Licicoerenti e tenaci nellu 'loro fede, per i qu'tli questa guerra si ridurrebbe a un immenso esecra-. bile assassinio, se la difesa del diritto non la giu– stificasse e non clirige$Se le condizioni de!Ja pace. Se veramer,te la Dalmazia e la T,ibumia fossero territori a.bila.ti eia una maggioranza. desiderosa di unirsi all'Italia, - se veramente gli slavi vi fossero sta.li importati artificialmente in quest'ultimi cin– quant'anni dall'Austria; - se veramente gli sia ·i e 1a CO L'UNITÀ di Dalmazia e di Li.burnia fossero barbari e senza sentimento nazionale; - se verame11te il cun i , dalrmi~a e tulle le isole fossero indispensabili alla vita sicura dell'Italia; - allora non solo non r: nuncieremmo nè alle isole, nè all'enclave della con\'enzione di Lor.dra, ma grideremmo traditore anche citi rinuncia se a Traù e •a palato e alle Bocche cli Catlaro. Poiehè, in questo caso, la " ~o– luzlone integrale » del problema adriatico arao– bc, non un programma cli inique conquiste impena• liste, ma di integrazione e di difesa nazionale e democratica. Se nonehè, tutto ciò che nelle condizioni etniche e politiche e geografìche dell'Adriatico orientale è stato fatto c!'eclere in Italia, in questi tre anni, d,i una mezza dozzina di sfacciati, è fo.lso. Vero è sempre quanto Giuseppe >lazzini c'insegnò nell'èra eroica del nostro Risorgimento nazior,ale. Ecco perchè gridiamo e grideremo sem1>1·e che l'Italia di Mazzini - non quella di Benedetto XV, cli Giolitti e di Bolo pascià - deve « rinunziare » alla Liburnia e alla Dalmazia. La Dalmazia a la guerra. E c'e un altro punto fondamenta.le, su cui è ne· cessa.rio che un uomo di squisita sensibilità poli– Licfl,come il >lussolini,~1'11 la sua maggiore at- 1cnzi0ne. D,t tre anni a quE>staparte, quelle mistificazioni :,ùl'ialiche, le quali hanno avuto così largo credilo in Italia, perchè la censura ha , ietato prima c,1e fossero discusse alla luce del sole, quelle bugie non hanno trovato credilo fuori d'ltafia dove h1 censura non le proteggeva più; anzi tutti g'i sforzi, che sono stati fatti '!,)Cr metterle in ci.rcola· zione dai 1)ropagandisti della " Dante Alighieri.», hanno proct·ollo contro il nostro paese effetti elisa· strosi di discredito e di ostilità nelle grandi masse democrnl.iche. Gli operai francesi, inglesi e ameri• cani aver,do visto confuse nello stesso programma la D~lmazia e l'lslria, confondono oramai neLlo stesso sospetto di imperialismo l'una e l'allra ri· venclicazione. Guai a noi se non ci affrettiamo a dividere senza ritardo il vivo dal morto! Guai a noi se non ci àffretliamo a riparare l'errore d•i a,·e re voluto abb1'acciar troppo, dimostrandJ che Il uroblema dell'Istda è ben diverso da quello della Dalmazia, e dimostrando ciò senza mistificazfoni, senza esagerazioni, onestamente, com'è dovere del· le persone dabbene. Le grandi rnasse democratiche sono diventate, ovunque oi·amai, le padrone della guerra e della pace. Ad ogni giorno che passa, i Governi devouo fare i conti semprepiù scrupo,.osamer,le con i sen· timenli dei lofo popoli. Se in queste nuove condi· zioni, conti~ue,·emo a pretendere la Dalmazia, ·,oi daremo un'arma formidabile a coloro, che con,r ..- stano in Francia, in Inghilterra, in America, la guerra, accusando i Governi dell'Intesa di avere fini imperialistici; scaveremo un abisso spavérito· so fra il nosl.ro paese e le democrazie·deJle nazioni a noi alleate; aumenteremo le difficoltà, che incon· trano i Gol'erni a noi alleati nello sfor7,o di man· tenere f 1iopoli nella guerra fino alla vittoria; n– ma1'rcmo isolati mo1·a1Jnenle dw·anle Ja guerra, e ci troveremo senza appoggi di fronte ai nemici nel• le tratta live di pace. Questo non hanno ancora compreso, nel nost\'O paese, coloro che discutono se la rinuncia alla Dal– mazia sarebbe utile, o inutile, o pericolosa, o neces– saria, nei rapporti fra l'llalia e l'Austria, o fra l'Italia e la Se,,tia: ragionamenti da diplomal,i~i deficienti, i {J'llalis'immaginano che l'orologio clel:a storia non abbia più camminalo dal tempo di Met– ternich ai giorni nostri. Qui non si lralta in nessun modo di sistemare diplomaticamente nuovi 11 pezzi di cal'la » fra noi e l'Austria, o fra noi ~ la Serbia; non si tratta sem· plicemente di !risolvere fra ilaliar,i e slavi con mutua soddisfazione un problema locale. Si tratta di adatta1'8 il programma italiano al sentimento delle grandi democrazie alleale con l'Italia. Si tratta di costruire una buona volta, e senza un ulteriore ritardo, quel 11 fronte unico mo raie», la cui mancanza ha contribuilo assai a ren• dere impo~sibile prima il sorgere cli quel fronte unico militare, senza cui minacciamo di a,Tivare ad un disastro irreparabile. E se gli slavi del sud fossero davvero imbestia• liti' tnUi dall'imperialismo, e credessero di poter5i prendere le nostre « rinuncia » e continuare a 1i spulare il resto, avremmo allora noi diritto ùi nt· cusarli come prepotenti e perversi. E sarebbe !.a.n· lo peggio per loro! A buon intenclitor poche parole. g. s. Non comprendo perchè l'amico Saul Piazza, sul Popolo ct'Jtalia ciel :Jl gennaio, affermi cl1e io ho « tanto bistrattalo gli. irrcdenti e gli i1·redenlisti ,,. Io ho bistra,talo solamente quatti·o irredenti-il'· redentisli, i quali hanno per tre anni avvele11ato lo spirito italiano con una proluvie di notizie fal. se sulle· reali condizioni jugoslave e della Dal· mazia. Chi non si è reso solidale con questa campa· gna, clie ha fatto un enorme danno all'Italia, ha avuto semprn ed avrà il mio rispetto e la mia soli– darietà incondizionata. E fra questi irredenti-irredentisti che hanno con– servato il sentimento della giustizia e della mi· sura, io non dubito clie s·ia sempre l'imaslo l'ami– co Saul l'iazza, il quale è uno dei firmatari di quella petizione, con cui nel 1903 l!J. 11 Trento e Trieste » chiedeva at Parla.mento italiano la so– luzione del problema irredentista, e in cui si legge: 11 Noi non dimentichiamo, che sulle coste " dalmate vive una valorosa po1>olazione italia- 11 na, che lolla strenuamente contro l'invadenza 11 croata; ma è certo cl1e sta,bilendosi fra i dne 11 Stati (Austria-Ungheria e Jlalia) rapporti sin· " ceri e cordiali (mediante la cessione all'Italia ' « della Venezia Tridentina <1 della Venezia Giu- 11 lia), quella popolazione italiana avreb'.be assi– " curala piena integrità dei suoi diritli lingui· " stici » (:Milano, Biasoli e Marelli, 1903, pa· gina 23). Voci del _Monte1?-egro E' comparso I½ Roma, qua.le organo del Comi. tato « Pro Montenegro » un bollettino, che do· vre:bbe essere quindicinale, e che ha per program– ma « la rioostituzjone del l\fontenegTO, qua.le Stato indipendente, com'era prima della guerra>, e di sollecitare l'aiuto, sia della diplomazia, sia della sto.mpa italia.na, per « mantenere integri i diritti politici del Montenegro, .lrustrando le in– sidie e le violenze orga.n.izzate a suo danno >. Per quanto fautori convinti dell'unità. jugo– slava, non saremo certo noi a contrastare il di– ritto di qualsiasi popolo a. disporre di sè libera– mente; ma non vorremmo che delle aspirazioni di tutto lll'.l popolo si facessero interpreti piccoli gruppi travolti ds passioni e da rivalità dinasti– che, gJ'URPi che già tanto hanno nuociuto alla. causa degli slavi meridionali, sopratutto per l'o. scUl'ità che avvolge una parte delle vicende di questa guerra, e che dà modo a molti di trasfi– .gurare la· verità a favore della Set,bi& come del 'Montenegro. 1n quest'ora in cui tutte le forze devono es· sere tese' allo scopo supremo di questa guerra: alla dùtru;ione dell'impero absburgese, af.finchè ogni popolo possa vjverè la sua vita indipendetnte, e affinchè aJ. militarismo germanico sia sottratto per sempre il contributo della forza armata di tutti gli slavi danubiani, fino ad oggi strumento della coaJ..i7.ione tedesco-magiara, in quest'ora il venirsene su a suscitare liti nuove e inacerbire le antiche, non è opera davvero nazionale. « A cbe pro' tulio questo - si domanda un anpco fede.le del Mon. tenegro, Alex Devino - in questi momenti in cui il pericolo mondi,.Je_non è stato ancor superato? E nel gran tlll'bine Serbia e Montenegro rappre. sentano sl piccola parte 1 » Agli uomini di !buona volontà un largo campo d'!\.Zione s'apre a.nohe nei soli riguardi del Mon. tenegro: rendere noto al mondo la triste situa– zione, gli eccezionali mal.trattamenti inflitti dal– !' Anstria alla. popolazjone, alleviare le condizioni degli esuli, sollevarne lo spirito e la. fede, raf– forzarne la volontà di resistenza. e di vittoria_ Chi opera diversamente, lavora per l'Austria, poco importa se per pochezza di mente o per perversità dj cuore.

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