L'Unità - anno IV - n.21 - 21 maggio 1915

\ 688 L' UN I TA illusione gli operai i1a1iani : nella stima dei comp :1gni tedeschi gli operai itali ani sono oolloc:ui poco piu su dei negri e dei ci– nesi; come noi altri, i cosidetti intellet – tuali , siamo considera ti come i glo ssatori zop – picanti dd pensie ro tedesco. E badate : se la volon là di potenza è il segno di una mistica ele zione , se la fona crea il diritto, se il progr esso econo mico e l'accre– scimento dtill a ricch ezza è la sola molla che dia lo scatt o alla storia i se la vita int ensa– mente mecc ani ca e ind ustriale è la forma suprema della civiltà, nulla si può opporre a queste affcrmaiioni tedesche, che pure a noi sembr.ano brutalment e ciniche ed inu• mane. La German ia non ha nessun ob-– bligo d1 rinuncia re alla potenza e alla riccheua per amore di popoli meno co lti e piì1 tiacch i. Cuu cun popolo o indi • viduo 1an10 vale quanto può. Lavor:ne, agite , or11:anina1cv i per la conquista e per l' espansione come facciamo noi e sare1e nostri ugua li - essi ci dicono : se no accon1enrn1evi d i servire, di ubbidire e di lacer e. Perchè il Belgio si è lascia to conquis tare cconom icamen1c dn noi ? pensano i tedeschi: pcrchè tnnle industrie sul suolo stesso della Francia sono nelle nostre mani ? Perchè tan te banche, tanti onic i, tan te tranwie ita– linne sono ammini strate e dir ctt<!da tedeschi ? Perchè questi popo li non hanno volontà, nè forte coscie nza, nè energia; perch è sono po· poli inferiori, destinati a resta re perpetua– mente pupilli dei più attivi e laboriosi ; e se noi domani facciamo pesare su di loro la no~tna ferr ea disciplina e la nostra mano pesante cd armat a, ci ringr:nino: essi non possono ch e nva ntaggiarsene. Cer to v• è più di una ragion• e Ji una protesta legittima da opporre a questa idea brucale del diritto e della s1oria ; ma il materin llsmo storico non può offrirne al– cuna. La religione cris tiana potrebbe insorge re e protestare in nome di quella particella divina e imm ortale, che Dio ha posto in ogni creatura umann e che fa uguali tra loro l'uomo negro e il bianco, il de bole e il forte, lo schiavo e il padrone, il berli – nese e l'o llcntotto . Ma l' anima moderna si è a tal punto scristianizza ta, che neppure la Chiesa hn 5:lputo far suon are e risplend ere tra il fragore delle armi questo principio del Vangelo: e sanguinosa ironia! - appunto tra i cattolici si tro\•ano anche in Italia molli ssimi che augurano e invocano il trionfo della Germania. La fede mistica ed umanitaria del Mai.– lini insorger ebbe cont ro l'apoteos i de lla forza materiale, affermando che tutti i popoli, anzi tutta l'uma nità, è chiamata a valorizzare nell11storia l'i dea di vina t.: che pe rciò nes• sun popo lo hn il dirit to di proclamarsi su– periore e di asservire e cur vare i più deboli sotto il giog o de lla violenza. Francesco d 1 Assisi o Leone To lstoi ten – tere bbero disarmare tale vìolenza co lla forza dcli' amore e co l non resistere al male. i\fa tutte queste dott rine si fondano sullo spirito e non sulla mater ia ; insegnano la gnmdezu morale, non quella tempor2le. 11 materiali smo storico, se è coerente, non può che inchinarsi ,:1,Jla forza trionfante e dirle: Tu sei divina e il diritto \•ive in te e per te : la tua violen za che mi prostr a e mi dilania è il giudizio stesso di Dio. Ai viati non resta altro scampo che servire o ten– tare di essere i piii forti e schia ccia re al la lor volta, senza pict:\ 1 gl i avve rsari. E, in• fatti, qualunque sin il popolo o il grup po di popo li &he uscir:\ vittorioso dalla lotta presente, esso de ,,e prepararsi ad altre guerre in term inAbili : di fronte al suo imperialismo , al suo preteso diritto al primato, altri im• per ialismi sorgerann o mina cciosi , e l'Europa sarà perpe tuamen te il circo sanguinoso ove si rionove rnnoo i ludi gladiator i dei popoli che si dicono civili. Perchèsi amm:ansi Innativa feroc iadella razza umana, perc h~ il suo istint o etern o di lottasi possa esplicare senza versare san~ue o semi· nare ruine, ~ nece ssario trasferire il campo de l conlli110 dal mondo esteriore dei beni materi ali in quello in1eriore dello spirito; affermare e cele brare supremazie e vittorie spirit uali; ricor dare che la Grecia, più de – bole di Roma, ebbe una letteratura , un'ar te, una filosoha più ricche e gloriose e fu mae– stra alla nazione vinc itrice ; che I' Italia del Rinascimento , politicamen te de bole e divisa, 1rasse l'Eu ropa dalle barbarie; che la Spa· gna dì Ca rlo V I polente e prepotente, pre– parò la propria ruina e non lasciò die tro sè che la decadenza politi ca ed economica ; che infine la scienz.a, l'arte, la bontà, l'e– nergia mc,ralc valgono quao to e più della potenz.a milita re ed econ omica . Iaco po Burckard t, storico e filosofo di intelle tto possente e nutrilo di cultura uma• nistica, scriveva nel 187 1 al suo giovine amico Federico Niet'zschc-, che fremeva di am– minn.ionc e di orgog lio per le recenti vit· torie prussiane: e Non lasciate\ i tro ppo e inebb riare da questi trionfi clamorosi della e: fona arma ta: essi sono effimer i. Le po· e: tenze veram ente creatric i della storia uma – c: na sono altr ove: uno sconosc iuto edifica « Ntilre•D,1111e d Paris; ~·lichela ngelo co– c struisce la cu pola di S. Pietro in Roma ; e Goe the ci dà ìl Fa11sl: ecco )P vitto rie « dura ture del lo spirit o umano ». Le spe rnnze e le prome sse della dem ocra – zia od ierna stanno naufragando nel sangue: la democruin di doman,, se vorrà esistere, dovrà rende rsi conto degli erro ri commessi ed elaborare per le generazioni future una scienza , un• cos:ie nz.a 1 un pensiero politico e socia le nuovo. li dovere immediato . Quc slo sad il compito di domar.i. Ma oggi ? Oggi significa guer ra e violenza , romb o di cannoni e vampe d' incendi. di• struz.ione e mnssacro i ed io mi sento fre• mer e di pietà e di vergogna pensando che men tre disco rro qui al sicuro intorno alle origin i e :1gli cffelli del con flitto euro– peo, per tante ter re d' Europa si agd nizza e si muore. L' Italia no n ha voluto questa guerra i essa ha fatto, anzi, quan to era io lei per impedirla : questo è un peliO di men o sulla nostra coscienza, ma non basta a rasseren arla . Possiamo noi come Italiani e come uomini torcere gli S!(Uardi indifferenti dall'atro ce 9pettacolo e dire colla Beatrice di D2nte: la vostra miseria 110,r mi tange, o più prosaicam enle : Voi a\•ete voluto que– sta sanguinosa follia i tanto peggio per voi: questo non ci riguarda? No. Nulla di ciò cbe è umano può rim aner e estraneo ad un popolo civile, e nella fornace ove l'Europa lancia a morire le sue vite più giovani e più for ti si fondono e si rinnovano ,rnch e i nostri destini. Le sorti dcli' Italia neu trale sono in gìuoco nella terribile pMtita come que lle de lle nazioni bell igerant i. L' imperialismo ge rm :mico vittorioso ci lascerà forse vive re, ma ci imp orr:\ la sua scienza e le sue arm i, le sue organizzazioni e le sue leggi, i suoi pregiu dizi e i suoi odi : si potrà forse an – cora pensare a scri,•cre in Italia, ma purchè si pensi col pensit:ro tede sco, purchè si scriva coli' inchiostro tedesco . Il socialismo potrà esistere ancora, ma purchè si ricostrui– sca, ~i rinn ovi, pro ceda o si fermi secondo la legge e l'esempio tedesco. Le forme della vita rimarranno italiane, ma lo spiri to, il contenuto sarà germanico. Ci saranno italia ni dispost i a p.agare una quiete poltrona e sen 1 ile a tal prezzo? Pen s:indo alla docil ità rassegna ta co n cui pe r piì:idi ire secoli il nostro popolo ha sub ito ogni sen •itl.1 1 ha piegato il co llo al giogo di tanti pa– dron i,un dubbio ango scioso ci assale : che pensa verame ntt e che vuole questo paese, in cui sono legione i sornioni egois ti e poltroni, che vor– rebbero si trin care allegrament e alla coppa del successo e della prosperit~ , ma non cor – rere i rischi dcli' azion e e della conqu ista ; che posti tra Don Rodri go e frate Cri sto· foro, non si sanno decidere , ed banno I' ideal e di Don Abbondio: la canonica tranquilla, la grassa prebenda, lasciar fare ai prepo tenti, evirare a qualunque costo le schioppe ttate dei bravi? Ma se anche l' ince ndio che divam pa tra i a Gino Bianco popoli vicini non ci toccasse; se potesssimo - che non credo - uscire integri N1 inco– lumi alla riva, in men. o al naufragio co– mune i è Jegno di un popolo che come I' i– taliano patl tant o dell'altrui violenza, che sanguinò sotto tanti colpi. che lott ò fiera– ment e per rompere la stretta dell'artiglio austria co, che chi amò I Europa a testimone dei suoi do lori, e affermò al tament e colle parole e coi fotti con tro In l~gge del più forte i diritti sacro santi delle nazion i : è egli degno di noi assistere indifferenti alla ruina di chi invoca a propria difesa quei princi pi stes ,i, in nome dei quali po– temmo risorgere? Si uccide, si incendia, si spianano città, si calpesta ogni legge cd ogn i diritt o nc ll' Europa del seco lo vente– simo: e I' halia alu le spalle? Posti di fron te ad una mischia cosl sangui – nosa di civilt à e di an ioni , i popoli, che han no volontà e coscie n1a, pesano le ragion i degli uni e deg li :1ltri 1 si fonno un' idea del diriuo e del tono, poi si risolvono e agiscono. I fiacchi e gli ignavi nelle ore ca– tastrofiche della vita e della storia sono ine – sorabi lmen te condannati a sco mparire. Alossandro Manzoni, ded icando alla me– moria del giovane poeta tedesco Teodoro KOrner mor to nel 1 13 alla battag lia di Lipsia l'ode M (lf {O 182 r I sco lpiva in versi perenni In morale umana della coscienza latina , con trapponendo la al duro ed atroce egoismo 1eutonico . Egli poneva ai tedes chi la domanda che suona ingenua alla distanza di cento anni, ma che defini sce e giudiC3 due civi ltà. O strnnicn ! sui vostri stendardi sta l'obbrobrio <l'un giuro tradi to; un g:iudtJ.io dit voi proferi to \t'accompitgna ali' iniqua te11zon; voi che a stormo gridaste in <1uci giorni: Dio ri1,JdtA la for.rn strnnicrn, ogni gente sin libern, e pern della spndn l' iniqua n1gion. Chi \'' hn dello che sterile, eterno sarin ìl lutto dcli' i Inie genti ? Chi v' hn detto che ai noslri l:unent1 sarin sordo quel Dio che v'udi ? I tede schi risposero con un riso di scherno alle ragioni del poeta che erano le ragioni della giustizia immanente i ma altri popoli udirono e si commos sero e sentirono nel nostro dolore il dolore dcli' umanità. L' Ita– lia risorse anche per la simpatia e la pietà ch e le sue S\•cnture destarono nelle anime genero se. E il poeta segu itava : Cani Italia! dovunque il dolente Grido usci del tuo lungo servagg io; Dove nnror dell'uman o lignaggio Ogni speme deserta non è ; Dove già libcrtade è fiori tn, Dove ancor nel segre to mnturn, Dove hu locrimc un'nllra sven tura, Non c'è cuor che non ba lla per te. Ogg i vi sono popoli che lottano e sof– frono e agonizzano come noi allora : il loro grido di dolore valica i continenti e i mari e si ra udire impehioso dovunque siano ani– me capaci di piet à umana e di sdegno . L' I– talia deve ascoltare quel gr ido. E per il do – lore sofferto come per le spe ranze future , per le sue memorie e per i suoi morti, ha il dovere di levar si in piedi ed agire. A LFREDO GALLETT I. P osta dell' " Unit à ,, In teressi pa rti cola ri e pro tezionismo . llluslrt prof. Snlve mini, Leggo nell'U niltì dd 23 apr ile un intere ssa nte ar ticolo del pr of. G. Luzzntto.sulle idee politico– commerciali da mc S\•olte in alcuni recen ti scrit.ti . Sono lieto che ques ta pubblicazione mi offra il modo - epper ò Le scrivo, pregandola di voler da re osp italità a ques te poche righe– di depl ora re pubblicamen te, insie me col pro– fessor Luzzatto, che la mia lettera al Colajanni sia stata s fruttata per scop i tutt'altro che con• soni con quelli della gencrnh tà, intesa come comp lesso n:u.ionale , dalla pleiade inoumere\'ole degh organi finanziari semichindes tmi che m– les tan o 1' ltaha~ ~on dubiti, 11 prof. Luualto, che esse ndo io ~r 11 prtHczionismo - ovt– proprio occorra - e non per i prote tti, quando questi \·orranno far prevalere i loro specifici intere ssi particolari contro quelli della Nazione. sarò con lui II cornballt-rli, come se nessuna divergenza tcllrica ci dividuse. Suo MA RIO ALnu1.n. L a neutralit à. l a 1u11trnlil,i nrlfr ,.;utrrt d" altri l buona a chi i' j>(i/t11/e in modo cht n,m ha eia ltmtu di qudlo di lort.> cht rtsltr, I s11ptriort; prrcltl :.i w11.~rn·t1 sr11:a lr11- t·aglio, t puù spadr,· ,:11c1da~110 clt' clisor– d111id'altri; JIINt1 di qur~lù è i11co1t~i– cltrala e tl,11rnosa, perr/1tlsi rt\la i11 preda dtl 1·i,1rilorr t tld d11/o. 1:.· prgJ:iOrt tli tulle t quella rltt 11011 si fa prr gi udizio, ma per irrisolu:iont. cio, 1 quamio 110n ti ri– so/rendo se -,uoi rssrrr neutralr o no, ti gon rni in modo rhr 110 11 St1lisfai m,rhr a chi prr allora si nm lrnh·ubbr cltr /11 lo assicurassi di ,·ssrrr nrulral,·. Citi 110 11 11 bcnr sicuro o prr rom 1 t11::/(u 11 o per sentirsi si potrulc rht mm llbbia i11 caso nlr11110da ltmar, fa pnz:ia 11clle guerre di altri a ,\/ursi 11culrr1fr, pcrrhi! 11011 salisfà al 1•i,1/o e riman,: prrda dd r incilorr. Stampiamo que sto nume ro do ppio, in previsione che la guerra ci impedisca di pub blica re in qu alche settimana il giorna le. Flruu, lflS. - s,••. TI,. AlDISO,Yl1 ,,1 Ru 1I, Il, - Tt l, a-u GIUS. llRTE~ZA e f lGlll- Barri EDIT O R I ----- NOVIT À Scritt ori d ' It a lia IACOPO NE DA TODI: La Laad, se· condo la stampa fiorentina del 1490. a cu ra di G iovanni Fe rr i (n. 69) - Voi. di pag. 316 L. 5 .50 - Rile– gato in tela ed oro L. 7 .- Qucsta édizi one delle Lnud, iacoponichc risponde a un antico volo non pur degli slu – diosi, che erano costrett i a serv irsi, quand o poteva no, della infidn e rnrn edizione secen – tesca del Tresatti, non potendo sempr e per – ven ire fino alla rnri ssimn edilìo pn',icrps del 1490, o ad una di quelle poche che ne de. rivarono nel secolo XVI c nei primi de l XVII; ma delle persone colte, a cui saggi famosi, come quelli cieli' Ozonam e del D'Ancontt, avevnn fiotto gus1nre qucs ln rozza mn ~chiettn, vigor osa e a volte misticnrnentc profonda poesia del vecchio poeta umbr o, e ispira to un vh·o desiderio di più ampin e dire tta co– noscenza. Non è ancora quella edizione cri– tica, augur ata fin d:t 35 nimi fa dnl D'An cona ; poichè la trnd1zionc scri tta ricchissima , ma quanto mai incerta, rende presso che di· sperata l'impresa di chi \•oglia ricostituire in tutta la sua intcgrilà e pureu:a pnmi1iva il patr imonio poellco di fra 1acopone. Ma mette alla por tata di tutti quella edizione del 1,190 che, derivata con accurat ezza e se• verit :\ di cr iterii mir.lbilc da manoscritti, non più possedu ti, che sono i più an tichi e at110• revoli, di cui si abbia notizia, è finora la più. sicura fonte, e per l'aut enticità dei ritmi che vi sono raccolti e pnr la corre ttezza della lezione, che meglio d'ogni altrn semb ra con– se rvare le impronte idiomat iche delln re– gione, ove il poeta nacqu e e cantò. Il valente studioso che \' hn curata, aveva qualche anno fa, per conto delln Società filo– logica romnna, riprodott o in elega nte edi– zione des tinata Ai soli studiosi l'an tica e prc• ziosa stampa <1uattr ocentinn . Tornn ndo a riprodurla negli Sc rillori d'flalw intr oduce nel testo le modificaz ioni consenti te dal ri– spett o dovuto a uno stampa cosi autore,•olc i e, sempli ficando la grafia, aggiungendo un glossari o delle forme lessi cali più difficili, agevola l'int elligenza dell e La11de a ogni sorta di lettori. Dlrl snt u■■IHIHI t u 11!1 11!1 Cui e,iu1u 0. LA· TEllA e fl&II. Bu i.

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