L'Unità - anno IV - n.1 - 1 gennaio 1915

t ano in rapporto co11 le banche degli altri paesi e si in dustr iìno a compensare i paga – ment i che il paese deve fare ali' estero con i pagamenti che esso daW estero deve ri– •cevere Tutto ciò è troppo elementare; e fin dalle scuole seconda rie gli student i im– parano il diagra mma che serve a spiegare il meccanis mo delle compensaz ioni. Non fu– rono però le lezioni dei professori o gli ar– ticoli di riviste che crearon o le città di com– pensaz ione. Venezia prima e Londra oggi .sono state il frurto di una lunga e delica– tissi,ma formaz ione storica, compiuta si a tra– verso secoli di sforzi, di adatta menti, di abilità, mercè un comp lesso singolare di .att ività industr iali, commerciali mar ittime, bancarie, che finora nella s toria forse si realizzò solo a Venezia ed a Londra . Non a caso, e non per ast uzia propr ia e dab be– naggine altrui Londra è oggi il centro delle ,1 compensazioni mondia li. Perchè quel cen- 1 tro potesse formars i fu necessar io che Lon– dr a diventasse e contin uasse ad essere un grandissimo centro di affari, dove fanno capo num erose linee di navigazione, da cui .si diramano ed a cui giungono i fasci più spessi dei cavi trans marini, e da cui atte n– dono un cenno per proseguire i loro viaggi ,o cambiar rotta masse grandiose di mere i. Fu d'uop o che si formasse a Londra un •centro bancario di primissim' ordin e, dotato di una liquidità non ave nt e la pari in nes– s un alt ro paese, senza immobilizzazion i in– dustr iali tipo germanico, con miliardi di rispar mio ognora disponibili per consent ire appu nto il funziona mento regolare della macchina delle compensazioni ; che in que– ·sto centro bancario le funi.iorù fossero spe– cializzate in guisa da consentire la vita a numerose case di accettazione, per lunga tradizione di decenni divenute abilissime nell' ,mica funzione di accettare tratte estere e presenta rle allo sconto alle banche pro– priamente dette. Fu d' uopo che, grazie all'opera specia– lizzata delle case di accettazione ed al- 1' aiuto dei fondi disponibili delle banche , .si pot esse passa r sopra ali' ostacolo che, nei piani ingenui di stanze di compensaz ione, i quali van no pullulando un po' dappe rtutto , in Germania, in It alia, negli Stat i Uniti, nella Svizzera è spesso insormontabi le, os- l s ia la mancanza della unicità : del tempo ; del luogo ; della valuta. Non basta invero che l' Italia debba al- 1' estero I milione e sia in credito di 1 mi– lione per potere compensa re le due partite . La compens:nion~ non è possibile se la ;scadenza delle due part ite non si verifica nello stesso giorno. Il che basta a spiegare -come tu tti tendano ad effettuare le proprie -compensazioni att raverso Londra , dove, ap- punt o perchè essa è la piazza urùversa le dei pagamenti, seffipre accade che il requisito de1la Unicità del tempo possa raggiu ngersi, •e dove, se per caso in un dato giorno non si ha, esiste una massa di mezzi creditizi grandiosa, specializzata appunto nel com– piere la funzione di fornire all' uno la di– visa estera richiesta, men.tre se ne attend e l' arrivo da altra parte. Non basta ancora che il debito ed il cre– di to si eguaglino nello stesso momento, quando il debito dell' Italia è verso la R ussia ed il credito verso l'Argent ina. Oc– corre una piazza unica dove affiuisca il commerc io delle divise di tutto il mondo, affine di effettua re le compensazioni colla minima fatica, al minimo costo. Due o tre grandi piazze potrebbero compiere ugual– mente questo lavoro; ma ad un costo cre– sciuto. ]I che non può durare in un com– mercio, in cui, in tempi normali, si lavora su margi ni mtnimi, talvolta di pochi cen– tesimi. Ed infine non basta che i debiti ed i cre– diti si uguaglino per ragion di tempo e di luogo; facendo d'uopo che si eguaglino altresì per ragione di valuta. Le compensa– -zioni non si fanno, senza stento, tra lire e franchi, fra pesos e dollari, fra marchi e corone . Occorre che le divise siano espresse rn un' unica moneta, se si vogliono ridu rre L ' U N I TA i costi e facilitare .le compensazioni. E sta di fatt o nel momento presente che la lira sterlina è l' unica moneta la quale sia ac- 1 cett ata da tu tti, in tutt i i paesi, da popoli civili e da popoli barbari, da europei e da ame ricani, da inglesi orgogliosi della pro– pria superiorità e da tedeschi ardenti dal desiderio di distrugger e quella superio rità. Non a caso. Anche la lira sterlina è una formazione storica. E. posteriore alle gl1erre napo leoniche. f: passato ormai un secolo, da quando gli uom;ni si sono persuas i che la lira sterlina era l' unica moneta la quale sempre, in qualunque momento, di pace e di guerra, di tranqu illità o di torbidi in– terni, qualunque part ito fosse al potere , qua lunque fossero le fantasie legislat ive del iorno, era permuta bile, a richiesta e su– ita, in un dato peso d'oro ; d'oro e non d' argento e non di carra. Ancora nella guerra odierna, il signor Lloyd George 1 il qua le pure troppe volte ha peccato indul– gendo alla mania del colossale, dei bei colpi, delle deliberazioni trag iche, dei piani genia li e complicati, si è arresta to osse– quente dinanzi a questa grande formazione storica britannica che è la lira sterlina . La rinuncia alle tradiz iorù paesane, che è così dolorosa nella condotta di taluni uo– mini politici inglesi e che ha fatto dubitare molti della loro capacità di conservazione dell' impero, non ha toccate questa che è la più paesana ed insieme la più universale tradizione della City : la convertibilità della lira sterlina in oro. Se Londra conserva oggi e conserverà per degli ann i ancora la posizione di stanza di compensazione mon– diale, essa deve cotal privilegio inapprezza– bile alla persuasione che gli uomini hanno essere Londra l' unica piazza dove si può in ogni istan te sapere quanta sia la quan– tità di oro che le varie divise ester e possono comprare. Non vuolsi dire con ciò che il privilegio di Londra debba essere eterno; ma solo che quel privilegio non lo si scalza con i gridi di guerra stampa ti contro l' egoismo e il monopolio britannici . Quando Amburgo o quando Milano o New York avranno sa– puto creare attorno a sè tale un complesso ~ di organizzaz ioni commerciali maritti me,) bancar ie, creditizie, che le compensaz ioni/ internaziona li si potranno operare con ri– spar mio di qualche ora o di qualche frazione di centesimo eseguendole presso d.i,loro in– vece che presso Londra ; qua ndo da alcuni dece1tni gli uomini dell'America e della Ci– na, dell'Africa del Sud e del Canadà, del- !' India e dell'Australia, dell'As ia ì\1-Lnoree del Giappone si saranno persuasi, e volon– tariamente persuasi, che il marco tedesco, la lira italian.a ed il dollaro a1J1ericanosono monete altrettanto, e forse più universali della lira ster lina, allora sarà suonata l' ul– tima ora della supre mazia di Londra come stanza delle compensazioni internaziona li. Ma sarà suonata perchè i tedeschi ad Am– burgo, ovvero gli ital iani a Milano, ovve ro i nord-americani a New York, avranno sa– puto dar vita ad una formaz ione storica più bella, più economica di quel che non l sia oggi la londinese lira sterlina. In quel giorno la sconfitta della lira sterlina sar::ì un v :i.nt o per i tedeschi o gli ita liani od i l f ord-ame ricani, ed un vantaggio per gli t tri popoli. Oggi è forse una impossibilità sarebbe certo un danno per tutt i. Luigi E in audi. Un esame ·di • coscienza. In un'ora grave come questa è carità di patr ia discutere poco sul presente, è un dovere la fiducia in chi ha le responsa bi– lità del governo ; ma è anc he un dovere confessarci sinceramente la verità cruda, e può essere un bene, invece di dar consigli ed incitamenti, ricercare gli errori che ci hanno condot to anche solo a dubitare se, propr io in un'ora culminante della sco– ria mondiale, sia una necessità per l' Ita– lia chiudersi nell' umiltà delle estreme ri– nun cie. L' It alia sconta in questo momen.to de– cenni di una falsa politica, fatua e super– ficiale, che forse non è nemmeno più il caso di chiama re spagnolesca. Essa si trova ora al punto di dover forse rassegnars i ,:illa parte di piccola potenza per aver voluto fare la grande potenza quando non era ne– cessario, e non ne aveva la preparaz ione mater iale e spiritua le, non ne aveva la so– lidità che è data • dai mezzi economici, dal– ,l'organizzazione ammirùstrat iva, dall'a ltezza di cultura, dalla coesione ideale. Appena ricost ituita in nazione s'illuse di poter fare come i grandi, ment re aveva ancora bisogno di crescere e di molti ricostituent i per rafforzarsi le ossa; al pari di tutt i i deboli sent ì sempre un triste bisogno di sperperare le poche forze, che verùva :i.ccu– mulando. Il peccato originale della nostra nazione è l' insipienza di quella classe media, che costituisce la pubblica opinione e la co– scienza politica generale, di cui i govern i sono le espressioni e gl' interp reti. Il no– stro guaio maggiore è l'analfabetismo della gente colta. I nostri goverrù non hanno mai saputo nemmeno porre uno dei grandi problem i concreti della vita italian a ; questi proble– mi sono anco ra perfettamente estranei alla cult ura dei più fra gli uomini politici. La questione meridionale per la grande maggioranza si spiega ancora col solito luogo comune della spensierata pigrizia na– poletana, ed il governo in armonia a questa scienza sociale da caffè ha largito a quelle regioni delle elemosine. ~ 1 essuno ha mai volut o capire che il problema del sud in- teressa tutta la nazione, e si riallaccia ai problemi di tu tta la naz ione, e quindi non si risolve regalando quattro edifici pubblici e concedendo un temporaneo alleviamen to di tasse, ma si può risolvere solo con una compiut a e saggia riforma di sistem i tribu– ta ri e dogana li, che permettano a quelle terre di esplicare la loro forza produtt iva. Ma chi ha mai saputo che vi siano pro– blemi tributari e doganali, e che la loro soluzione sia essenzialissima per l'au mento della energia economica e per l' equa di– stribuzione di vantaggi fra le classi e fra le regioni ? Giolitti ha qualche volta accen– na to ali' imposta prog ressiva, ma si tra t– t ava solo d'uno dei molti suoi specchie tti per le compiacent i allodole democrat iche. Le quest ioni dogana li poi sono un campo chiuso per i profan i della scienza economica : se ne occupano alla scadenza dei trattat i al– e uni missi-dominici delle poche organizza – zioni capit~listiche indus triali, buona gente piena di ardore per il bene del paese, ma che per sua natura tende a confondere il bene del paese con quello delle industrie che essa rappresenta . L' Unità ha sollevata la discussione sul protez iorùsmo; ma finora non ha provocato che gli SJ?ropositi e i luoghi comuni dei più addottrinat i fra i nostr i uomini politici. La mente dei nostr i governant i e politi– c~nti piuttosto che per questi problemi, è fatta per quegli argomenti d'i ndole gene~ r2le dove si può aver ragione da due con– tendenti e un terzo, può essere di parere contrario. Che poi anche le ferrovie possano, costi– tuire un problema nella vita d'una nazione, i più tra gl' italiani se ne sono accort i ora leggendo sul giornale quotidiano della stre– nua difesa opposta dalla Germania agli al– leati. Ma i tedeschi sono duri e noi siamo le geniali farfalle del giardino d' Europa. Vi sarebbe infine un problema scolastico; ma è meglio non indugiarvisi perchè nelle nostre scuole di serio non c' è più nemmeno la barba degli ispett ori : cioè c'è una cosa molto seria e nella vita scolastica cd in ogni ramo dell'attività italiana, ed è la pro– gressiva buro crat izzazione che va soffocando ogni forza spirituale e minaccia di trasfor- Gino Bianco 603 mare l' It alia in un mandarinato cinese vecchio stile. Dietro qualunque riforma sco– lastica state pur certi di veder saltar fuori imraancab ilmente, come in una scatola a sorpresa, due nuovi vicedirettor i generali, quattro ispettor i, e venti segretar i che deb– bono attendere a raccogliere elementi, coor– dinare gli sforzi e arrobustire gli organ i centrali . La lotta contro l' analfabetismo è una lotta santa ; ma se pensate che la mag– gior parte dei comun i, e non solo dell' It a– lia meridiona le, sono più poveri di Giobbe, e più primitivi di Gìarabub, dite nori era meglio spendere i nostri quattrirù per in– citare la produzione di ricchezza piuttosto che per trasformare i Provved itoriati in Prefett ure del sillabar io, i consigli scola– stici in giocondi p_arlament ini ? Ve lo im– maginate che, solo in diarie , i consigli pro– vinciali delle scuole elementar i costino più di mezzo milione ali' anno e in ogni prov– veditoriato albergano tre o quattro di que– sti par lament ini a sistema ridotto ? Un grave male è che in Italia la buro– crazia è riuscita ad allearsi coi partit i ava n– zati. Forse lo spirito burocrat ico col suo amore di ciò che è ord ine ester iore, colla sua visione arc hitetton ica della vita, si ac– corda magnificamente con quell'astrattis mo pseudoscient ifico che è la forma mentis della nost ra democraz ia latina. Una siffatta nazione ha voluto seguire una politica espans ionistica, sebbene non avesse da espandere che della miseria. Nat ural– mente ha preso a rodere gli ossi lasciati dagli alt ri e s'è rotti i denti, senza pure una speranza di ave rne futur i guadag ni. Non ha ott enuto che di metters i delle palle al piede, e per questo bel resultato ha spre– cato i frutt i del lavoro che la cattiva am– ministraz ione non era riuscita a spreca re. Non so se debba preva lere il riso o lo sde– gno pensando che Giolitti rispondendo agli argomenti del Ciccott i contro la politica coloniale, non trovò da obiettare altro che questo : che se il Ciccotti avesse ragione, bisognerebbe amme ttere che Francia cd In– ghilterra sono guidate da uomini che non sanno quello che si fanno. Eppure non ci vorrebbe molto per capire che l' espansio– nismo ha senso quando c' è una crescent e superproduzione industriale come in Ger– marùa, o un' esuberanza di capitali come in Francia ed in Inghilterra, ma è un' in– sensatezza per un paese come l'I ta lia che difetta appu nto di capitali per colonizzare la Libia che ha in casa sua . Ma la verità è che noi in fatto di esp~nsione colon;ale s;amo meno che ali' abbici ; noi non ab– biamo saputo fare ancora nemmeno i con– solati, e quello che è peggio, non sapp iamo ancora la geografia . E pur troppo ce l' ha dimostrato la sapiCnte prepa1azione delle nostre due grandi imp rese : l' abissina e la libica. Le conquiste della spada per gli altri Stat i servono ad assicurare le conquiste del lavoro ; per noi hanno servito a creare tre governatorati e un ministero, oltre che ad indebolire b nostra posizione militare . Ora cominciamo ad accorgercene ma solo qual– che mese fa, a dire tali cose, c' era da farsi guardare in cagnesco come nemici della pat ria. Bisognava accettare come oro fino tutti i ferravecchi della più vuota retor ica, tutti i luoghi comurù della politica da caffè: che si correva il pericolo di rimanere chiusi come se ci sia un popolo sulla terra che non sia chiuso; e che si correva I' ,lltro peri– colo maggiore della Germani a nel Mediter– raneo come se per un popolo debole la pluralità dei contendent i fosse un danno invece che un vantaggio; e che bisognava rialzare il prestigio de!P esercito senza pen– sare che il prestigio di un esercito si rialza solo coli' orgarUzzazionc e non certo spre – cando milioni e miliardi ; e infine che bi– sognava non arrivar e troppo tardi, senza pensare che i forti arrivino sempr e in tempo e i deboli arrivano sempre tardi. Tutti sappia mo che i soldali d' Ital ia si battono bene, lo diceva già Machiavelli cinque secoli fa; ma ancora cinque secoli dopo Machiavelli, dobbiamo riconoscere che

RkJQdWJsaXNoZXIy