L'Unità - anno III - n.39 - 18 dicembre 1914
592 L'UNITÀ gravi rare nc11'orbita russa, è sta ta la ne– cessità in cui si sono trovati di ricorrere alP c1iuto della Russia ne Ile loro lott e na– ziona li contro la Turchia e nella difesa della loro auton omia contro l'Au stria; salvo, ben inte so, ad appoggiar si all'A ustria, o al– i' l nghilterr::i. o alla Francia, secondo i casi, non appena la Russia pretend esse di farsi pa– gare troppo cara b propria solidarietà . li mezzo miglior e di emancipare i Serbi dalla Russia è quello di aiutarli a non aver più bisogno della Ru ssia, cioè a con– quistare l'unità e l' indipendenza nazionale conrro l'Au stria . l 11s0111ma anche 11ell' ipotesi che la Ser– bia conquisti tutte le provincie austriache dell'Adriatico e che l' It alia rimanga nei con– .fini attuali, l'Italia in questo cambiameut o non ha 11111/a da perdere ed ha molto da gua– dagnare. E 11110 dti rt:rnltati che il nostro Governo deve cercare di raggiungere grazie alla presente crisi europea, è la sostituzio ne della Serbia all'Austria nell'Adriatico. I[ Trentino e la Venezia Giulia. Finora abb iamo esaminato la ipote si di un a Gran.de Serb ia, che conquisti tutte le provincie adriatiche dell'Impero austro-un– gar ico, rimanendo immutati gli attuali con– fini terrest ri de ll' I talia. Ma sa rebbe inaudita stoltezza la nostra, se non approfittass imo di que sta occa sione per risolvere il problema degli italiani del– l'Au str ia e per assicurarci per terra e n.el - 1' Adriat ico una situazione militare meno sciagurata di quella che sortimmo dalla guerra del '66. Da quarantotto ann i il nostr o paese vive malamente sotto P incubo della minaccia austriaca. Dal Tremino e da ll' Isonzo e da Pola una perenne form idabile press ione gra– va su no i. Se dall'Au st ria finora abbiamo do vuto essere alleat i obbed ienti per non es– sere impotenti nemici, questa triste nece ssi– tà ci è stata, in larga misura, impo sta dalla fune sta debolezza della nostra posizione mili– tar e. Se la storia dei rapport i italo- austriac i, dal 1866 ad oggi, non è Stata cht una serie di ultimatum, più o meno brutali da parte dell 'Austr ia, e di remi ssività più o meno disinvolte da parte del!' I talia, questa sto– ria si deve spiegare, non solo coi _nostri errori e con le nostre legger ezze, ma sopra– tutto con quella spec ie di 1t monopolio di posizione>> - cbme direbbero gli econom i– st i - che ha l'Au str ia gra..-.ie al possesso del Trentino e alle disgraziate condizioni della linea dcli' Isonzo e alla superiorità di basi navali ncll'Adriatico . E non solo siamo stat i sempre minacciati nella nostra sicu rezza militare, ma siamo sta ti feriti con sistematica brut alità nei no– str i sentimen ti di giustizia e di solidarie tà nazionale . Gli itali ::mi del Trent ino sono stati abban ~ dona ti da l governo austriaco alla mercè dei tedesch i del Tirolo, dissanguati con ta sse ini– que, tra scur ati nei loro bisogni economic i e cu lt urali, tormentati con vessaz ioni polizi e– sche, frustrati nella loro richie ~ta di una mo– desta autonom ia amministrati va, che non compromette va in nessun modo la compa– gine austria ca e disturba va solo i piccoli interessi perSonali e locali dei tedesch i di - Innsbruck e dei buro crati ci di Vienna. Nel Goriziano , a Tri este, nel!' Istria la situ a– zione etnica non è cosi chiara come nel Trentino : qui ferve una lotta accanita fra contad ini slavi e cittadini italiani, in cui è impo ssibile dividere nettam ente fra gli uni e gli altri il diritto e il torto : lotta inevita– bile per rag ioni sociali, a cui, per altro, si può e si deve metter e rimedio con la giusti– zia sociale. :Ma questa lotta è stata sistema– ticamc.nte sollecitata, esaspe rata, pre cipitata dalla bur ocraz ia austriaca in un cieco fu– rore antiitalia no, col tri ste programma di srad icare da tutta la Venez ia Giulia qua– lunque ultimo vestigio della nost ra i toria e della nostra civiltà. Irredentis mo e politica naziona le. Chi scrive que ste pag ine non è mai stato un irr edent ista . Ha avuto, anzi, pa_recchie vivaci polemic he con gli irredentisti, ai qu ali ha spesso rimp roverato di subordinare il destino dei 35 milioni di regn icol.i alle <1spirazion i di neanche un milione di irre– denti, di essere troppo disposti ad aiutare l'Au stria nelle sue amb izioni balcaniche pur– chè cedesse gent ilmente il Trentino e l'Istri a, o magar i il solo Tr ent ino all' f talia, e di voler mett ere a fuoco tutto il mondo al solo fine di cuocere il picco lo uovo delle loro rivendic azioni nazionali (1). Prov oca re una guerra coli'Austria a causa degli It aliani irreden ti è sembrat o sempr e a chi scrive queste pagine o una pazzia o un delitto : perchè o la guerra si sarebbe estesa a tutta l'Europa, e ch i se ne fosse assu nta la re– sponsa bilid avrebbe comme sso un immenso delitto; o I' It alia sare bbe st:ita abbandonata d:i. tutti in un a lotta impari con l'Au stria, e avrebbe pagato a caro prezzo le conse– guenze di un. vero e proprio accesso dì' follia . l\'la il delitto è orama i sta to commesso da altri. L' accesso di follìa è venuto da altri. E l'Austr ia, stron cata già a mezzo dalla Ru ssia, imp egnata con la Serbia, as– salita probab ilmente doman i anche dalla Romania, non può opporre oggi a noi quelle forze che la rendevano ieri formidabile. Se noi l' assa lissimo oggi, non commetreremmo un. atto di follìa. Avremmo, anzi, grandi probab ilità di successo . In tutti i cas i, im– mobilizzando contro di noi una notevole parte dell'ese rcito austriaco, contribuirem– mo notevo lmente alla vittoria fìr1.ale della Tripli ce Inte sa. O noi ripariamo oggi al- 1' erro re del 1866 e comp letiamo l'opera di unificaz ione e di consolidamento naziona le tr onca ta miseramente allora, o non potremo risolvere questo prob lema mai più. Noi dobbiamo volere non solo che Fattuale crisi europea si chiuda con la sronfit !a del pr.11germa11-ismo, ma anc ',c che non .ii cliw!tJ sm za che l' Italia si sia annesso il Trentino e la f/ cnezia Giulia. E se altra via non esiste a ragg iungere lo scopo , noi non dobbiamo rifiutarci a un.a guerra che voglia raggiungere contem– poraneament e i seguent i resultati : 1° sosti– tuire nell'Adriat ico ali' Austria uno Stato as– sai meno potente, la Serbia ; 2° neutraliz– zare l'Adri at ico; 3° assicurarci, tanto verso l'Austria quanto verso la Serbi a, una buon a front iera terre stre; 4° risolvere uno sta to di disagio sentimenta le, che da mezzo secolo ci um ilia e ci disturba. G. Salvemini. (r) Di siffatt o loc..,lismo irredent ista , abb iamo avuto qualche sintomo caratter ist ico nei giorni scorsi, allorchè sì è parlato del Trentino of– ferto dalla Germania ali' Ita lia. Uno dei con– dottieri pii.1aut orevoli del movimento irreden– tista non ha esitato a dichiarare privata– mente che se la Germania offrisse anche «Trie– ste città libera 11. la offerta si potrebbe accet– tar e. Etll i è triestino : messi al sicuro gl' in– teressi locali suoi e dei suoi amici, se ne infischia dcli' Ist ria e dell' ....Italia ; il problema generale della posizione élell' Itali a nell'equi librio eu– ropeo non lo riguarda; ragiona come irredenti– sta , non ragiona come italiano. MARIO CALDERONI Era uomo di grand e ingegno e di versatile coltura, educatos i al lavoro nella compagnia di Giovanni Vailat i - un'a ltra eccezionale temp ra di st udioso mietuto da prematu ra morte. Ed era - meglio ancora - un carat– tere di mirabile probità morale, generoso e disinter essat o, non timid o amico del vero, nobile e fermo sot to una modesta semplicità di maniere, con cui dissimulava agli estrane i il suo profondo valore. Fu di questo piccolo giornale amico fervido e prezioso. ] n un momento di penosissima crisi interna, che non appena pubblicati i primi num eri, minacciò di toglierci ogni possibilità di lavoro, non esitò ad assumersi le responsa– bilità necessarie in uno slancio di solidarietà frat erna, e ne ebbe noie assai gra vi. Spesso ci assistè col consiglio ; talvolta anche con la critica; sempre coll' affetto. Scriviamo qui il suo nome con un dolore acerbo, che ci toglie anche il conforto elci pianto. g. s. BibliotecaGino Bianco A che cosa serve la guerra in Italia. I TRIVELLATORI ALL'ASSALTO DELLA LIBIA Un colpo di mano, li regime protezionista è stato imposto in Libi a per decreto reale, senza. consult"are il par lamento, approfi tta ndo della presente di– straz ione guerresca ciel paese , che pure , nei congressi politici, nella sta mpa. nelle associa– zioni, aveva mostrat o di interessars i, in un senso o nell' altro, della grave quest ione. Ed è stato imposto proprio quand o la si– tuazi one internazionale, annu llando ogni pos– sibile concorre nza delle merci este re, penn et– teva in Libia un monopolio di fatto delle 1nerci italian e ; mentre l'immin ente rinnova – zione dei tra ttati di commercio avrcbbe do– nito consigliare a non modificare l'attua le sistema tran sito rio, clw avr ebbe, anz i, potuto servire come punto cli riferim ento per giudi– care del migliore ordinam ento da imporre alla nuova colonia . La relazione ciel capo degli affari economici del Ministero delle Colonie, dopo aver notato come dal regime doganale dipenda in gran part e la riuscita dcli' opera di colonizzazione, dichiara che non si può venire ancora ad una soluzione definitiva del problema dogana le per la Libia, perchè non siamo in possesso di tutti gli ele1nenti, che ci sono indispensabili per crearci dei concett i fondame ntalm ente esatti in materia (p. 33). f.!: una posizione menta le piuttosto protezionista. Noi liberisti non ab– biamo bisogno di nessun profondo st udio per sapere che il protezionismo, aum entand o in Libia il prezzo della vita, vi intralcerebbe il movimento economico, renderebbe pili sten– tata quella qua lunque colonizzazione italiana che è possibile dat e le condizioni locali, cree– rebbe ostilità non necessarie fra gli i1_1digeni, diminuirebl:>e: le entrate fiscali, obbligherebbe l'Ita lia a maggiori spese. Un protezio nista queste cose non le vuole o non le può capire . Ma questo almeno deve capire: che non si può creare alla cieca un regime doganale pro– tezionista . Per la Libia noi non conosciamo ancora perfettamente a quale movimento commer• ciale reale possa dar luogo la colonia in con– dizioni normali : lo stato di guer ra, che rese difficili i trasporti, gli sbarchi e le operazio ni doganali, e il movimento vertiginos o dei pri– mi tempi dovuto sopratutto ali' agglomera – mento delle truppe., ha turbato finora l' am– biente commerciale e quello economico in ge– nere, e resa impossibile la ricerca di tutt i quegli elementi, che sono necessari ali' esatta valutazione di ciò che in definitiva dcv' es– sere un regime doganale protezionista. Da.' queste premesse dovrebbe logicamente dedur si che sia pericoloso prendere decisioni affrettate, e che occorra anzi attendere il ri– torn o dello stato normale per accertare que– gli clementi, che a causa della guerra "erano rimast i addirittura sconosciuti ». Jnvece, l'ottimo funzionario ha propost o II un sostanziale mutament o dcli' attua le regime do– ganale n. C'è qualcuno, insomma , in Jta lia che, abu – sando delle preoccupazioni internazionali, tenta - direbbe l' on. Luzzatti - " monetizzare » a beneficio di pochi gruppi cli trivellato ri, l' en– tusiasmo nazionale ; e per arrivar e allo scopo crea un fatto compiut o, che fornirà doman i l' argomento, già tante volte usato con suc• cesso, che non si possono tur bare gli intere ssi già costi tuiti, ·che una riduzione di tariffe por– terebbe alla chiusura delle fabbriche cd alla conseg uente disoccupazione, ccc. ecc. La logica di un comm endatore. Dall'es ame delle sta tist iche - secondo il sullodato funzionario, comm. Bodrero - si ricava « che I' ltalia , sotto il Governo otto– mano ha saputo, nel corso cli :26 ann i, di– ventare, dal sesto paese importatore in Tri – politania e Cirenaica, il primo, facendo salire la sua quota cli parte cipazione al commercio d'importazi one in quelle regioni da l 5,8 a :28,6 % ». Jl che è quanto dire che I' ltalia in regime di libera concorrenza di fatto (è risa puto che sotto la dominazion e tur ca esi– stevano i dazi dogana li, ma la \'it a economica dalla '.[ur chia era cosi insignificante da non turba re prat icamente la concorrenza fra gli importa tori) era riuscita a conquistare il primo . posto nel mercato libico. Scnonchè, agginnge la relazione, dopo I' oc– cupaz ione da. pa1•tc dcli' Itali a, fra il 19r3 e il 1914, il commer cio italiano accrebbe l'espor – tazione dei suoi prodotti nelle nuove colonie medite rranee solta11/o nella proporzione degli altri Stati, mantenne cioè soltanto il primo po– sto. Donde l' 11rgen1.a di provvedi menti, « i quali valgano, non soltanto ad assicurare che 1• incremento delle nostre esportaz ioni verso le colonie avvenga proporzionalm ente allo svi– luppo che il commercio va assumendov i, ma benan che ad accrescere la quota rli partec ipa– zione della madre patria al commercio cl' im portazion e di quei paesi » (p. 40). Ma con quale serietà si possono istitu ire confronti fra il 1912 che è « un periodo di traffico caotico, anormale, artificioso, creato da llo stato di guerra ,,, e il 1913 che è u un periodo di depress ione economica conseguente alla crisi ver ificatas i quasi come nat urale rea– zione 11 (p. Ji ) ? Per provvedere, citiamo un esempio, alle necessità militari si son dovute acquistare grand i partite di legname in Au– st ria e molti materiali da costruzio ne a Malta-: questi acquisti elevano molto la cifra delle importazioni estere : non è evidente che si tratta di un fatto t ransitorio ? E perchè mai le nostre merci, che potevano vitto riosamen te lottare con le stran iere sotto I' ost ile domina– zione turca, sono venute ad un tratto , « in condizioni di infe'riorità rispetto ad agguer riti concorrent i este ri • (p. ,p ), e perciò han bi– sogno di prote zione.? E badate : si tratta di ta le inferiorità, che non bastan o III i provvedi– menti presi dallo Sta to ir. mater ia cli trasporti , e le agevolezze di ogni nat ura che esso ha con– cesse alle esportazioni dalla madre patr ia verso le colonie ! ». Se il commendator Bodrero fosse stato messo dall'ex-ministro Berto lini a quel posto per tute– lare gl'intere ssi della nazione e non per: rendere servigi ai tri\ ::ellat ori dello Stato, spiegherebbe un po' meglio la realtà vera delle cose. E la realtà è questa : 1° per le merci, che l'Ita lia. espor– tava in Trìpolitania e Cirenaica prima dcl– i' occupazione, il nost ro paese si è fortemente avvantaggia to: sono i generi di maggior con– sumo : vini, cotoni, farine, macchine ccc. ; 2° per altre merci, di secondar ia importanza, che l' Ita lia non esportava. e che ha comin– ciato ad esportare dopo l'occ upazione, non ha potu to ancora vincere ciel tutto la concor– renza degli altri paesi, pur riuscendo a.d acq ui– stare un buon posto. Cioè : non solo per le merci di maggior consumo la posizione del- 1' Italia tende a migliorare , ma. il nostro com– mercio riesce a partec ipare anche a nuovi rami d'importaz ione. li commendatore, invece, tiene a farci sa – pere che questi risultati sono sta ti 41:-;JrnTRA · 1. 1zZATI dal!' increment o nelle importazioni dal- 1' estero di merci, per le quali i produttor i stra nieri si trovano in condizioni più vantag– giose delle nostre ». Le quali merci sono tali, che l'Ital ia, non ne produce affatto : per esempio, il thè !!! Si vede che il commenda – tore spera di creare o di aiutare in Italia, a furia di protezione doganale, la produzione del _th è. E auguriam ogli cli riuscire. Ma di grazia, con quale diri tto ... logico utilizza egli questo suo desiderio per proporre una pro– tezione per i cotonieri e i viticultor i, che hanno ormai conqui stato completam ente il mercat o libico ! Come si fabbrica la flsonomia morale di una colonia. li comm. Bodrcro propone per la colonia il sistema della tariffa speciale, il regime cioè della persoHa(ità o dell'autonomia doganale, secondo il quale la Colonia. ha un siste ma doganale proprio, diverso dalla mad re patria, con tarific modificabili indipend ent emente dalla tariffa metrOJX>litana, le qua.li consentano an– che I' uso cli tar iffe preferenzia li. E nel sistema doganale libico propone, appunto, delle ta– riffe preferenziali a favore delle merci della. madre paLTia.
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