L'Unità - anno II - n.37 - 12 settembre 1913
Ì! UNITÀ I BARONI DELLO ZUCCHERO L'ese mpio tipico di un'indu stria crea ta da l nulla con la protezione doganale è c1uello degl i zuccherifici italiani. La campagn a osti nata sen– za tregu a condo tta per tanti an ni da Edoardo Girelli sul Stcolo, sull'Avanli I, sul nostr o gior– nale, ha reso troppo nota la storia mirac olosa di questa indus tria perc hè sia il caso di tratte– nervisi a lungo. Dovrebbe essere noto anche ai sassi che la fortuna rapidiss ima degli zuccherieri italiani è dovuta alla differenza fortissima tra il dazio d' importazione dello zucchero estero e la tassa di fabb ricazione dello zucche ro nazionale, per cui il consuma tore italian o paga effettivamente per ogni quin tale di zucchero rnflìnato 99 lire d'imposta, come se que llo zucchero fosse im• portato dall'est ero, mentr e l'erllrio non inta sca che sole 73 lire (lìno ili 1911, L: 70.15), perchè effettivamente tutt o lo zucchero consuma to è fabbricato in Italia. Il Ylilo di orlglo e. Ottenuta in ques ta forma una protezione di circa 29 lire al quinta le per lo zucchero raffi. nato e di circa 21 lire per lo zucchero gre1;:gio, le fnbbrich~ si videro d'un trull o moltiplicarsi ra• pidamente. Nel solo 18g<; gli zuccherilìci salirono da 4 a 13 ; nel 1900 erano 28; e 33 nel 1901, già capaci di una produzione notevolmente su– periore al nostro bisogn o. Ma nella ressa per giungere prim i a sfru ttare condizioni di favore eccezionali, si accumu larono in soli due anni tutti gli errori e i danni del sistem:t prot ezionista. Nell' Europa centrale, dove era nttta, l' indu– stria dello zucchero ricavato dalla barbabi etola , nveva un secolo cli vita, Attraverso una inces– sante e dura vicenda di fortune e di insuccess i era riusc ita a r isultati chi, hanno del prod igioso, Aveva crento la matelia prima, cie>ela bietola da zucchero, pa rtendo dalla bietola comune da foraggio, di cui con assidua selez ione c1uadru• plicava e quir.tuplicava il contenuto in zucche• r0; aveva escogitato pro cess i tecnici del tutt o ignoti alle indu strie affini, e organizzat o la pro• duzione in stabil iment i di irande potenza, riu· . scendo a ridurre il costo di estrazi one a prezzi bassissim i. Noi ci trovava mo nella condizio ne privil egiat a di poter app licare senz'altro i mezzi industriali più progrediti; di potere iniziare la coltivaz ione della bietola partend o da varietà già portate alla pil) alta ricchezza zuccher inn. Solam ente, il lavoro andava condotto con severa preparazio – ne, come imponeva l'entit 1)stessa dei capitali, che vi si dovevano impegnar e (circa 100 milioni in due anni). Bastav a perciò tene r prese nte che negli stess i paesi, dov e è più antica la coltiva• zione della bietola da zucchero, non si fanno impianti nuovi in regioni, che per poco si di– scost ino da quella dove è già fiorente I' indu – stria, senza far precedere serie e ripetute prov e cli coltivr1zione. ftf(I ,,, , ,, ,,., dov111q11e i fabbricm,ti di s11cchero si ba/10110i11 co11corrt11Jat,er la dilfermJJa di pochi cm/esimi ttl q11i11/a/e ml costo di fabbrica· 11io,11, dtr noi la sola prole1;io11eamct deva, a spese del co11s11malort, "" sopraprecto di almmo JO /irt..per quintale di prodollo I La 1peculadone trivellatrice. In tali iOndizio1,i non deve meravigliare che la intr oduzion e dcli' industria zuccheriera av~ venisse fra noi con tutt i i cara tteri propri della più frene tica speculazion e. Si lanciarono appelli al c:,pitnle per la costi• tuzione di anonime in base n preventivi di e– sercizio , in cui era facile ass icurare dividendi del 40 e elci 50 °/ 0 almeno. E i promo tori riu• scivano facilmente a intas care i primi lauti pro• fitti facet1Closi pagar cara l 1 inisit1liva degli im• pianti , poichè i sottoscrittor i di azioni, abba ci– nati dalle spera nze, non guardavan o tanto pel sottile. Si arrivò al punto che per la sempl ice 1>roposta di nuovi impianti da parte dei lancia• tor i più fortuna ti, gli azionis ti s"affollavano a solloscrivcre le azioni, pagando le a pre zzi assa i maggiori del nominale, mrn tre si era ancor lon• tani dal por mano alla costruzi one de lle fab– briche. La richiesta sub itanea ciel macchinario per trrn ta zuccher ifici nu ovi in due anni, fu pagata alle case specialis te str aniere con un aumento dei prezzi, che unito alla supravalut azione degl i impianti per opera dei promo/on·, ha fatto sl che ogni zucche rificio nostro costi il doppio ali' in– circ a di quello che costa all 'estero uno di egual potenza. E" fra l'altro ci ar rivarono apparec chi antiquati , che altri menti avrebbero dovu to ven• dersi come ferram ent a da rifondere ; acqui• stammo breve tti di novità che nessuno voleva; iniziammo prove di processi nuovi già altro ve condannati. Fu acquistato tutto all' estero (da c:1Sebelghe, tedesche e aus tr iache) un macchinario pagato più diecine di milioni, e che ,wrebbe potuto per la maggior parte prodursi in Italia se11.-a ,ressu,, impianto sj,ecit,le, solo che una richies ta meno tumultu osa avesse consentit o a qualcu no dei nostri stabilimenti meccunici e metallurgici di applicarvisi. S' impiantar ono zuccherifi ci anche dove era assu rdo sperare nuovej bietole da zucchero : cosi che alcuni stabilimen ti non riusciro ne mai a lavorare veramen te, e dove ttero chiudersi in breve per mancanza di materia prima. Quasi tutt i poi soffr irono e soffrono ancora per la qualit à delle bietole, per le quali non s'è fatto in quindici anni ness un lavoro serio di accli· rnatnzi one, usandosi ancora oggi esclusivamente il seme dell e varietà più pregiate dell' Europa Central e, in un ambiente come il nostro ,che ne anticipa di tre mesi la maturazione, e ne im• pedisce la conservazione per un per iodo supe – riore a pochi giorn i. E tulio ciò perchè la vera mat eria prima, s11 cui dovevano lavort1rt i , ,,ostn' ~,rccherieri, non era /e, bietola, da cui solo con fatica e spesa gra nde si riesce a spremere ,ma dern,ta del va• /ore di L. aJ per qi,inlaleprodotto/ bensì il con– suma/ore ilt1liano, da cui sen.ca ~;pese speciali di impia11losi potw a,,o spremere più ·di 10 lire st1 og11i quintale di smcchtro che gli I vm dulo. Nè basta; che i nost ri zuccherifici si permet• tono il lusso di far viaggiare le bietole per cen• tinaia di chilometri, mentr e :1ltrove si sa di la• vornre in perdita quando debbono perc orrere più cli qualche diecina di chilomelri, e per vie d'acqua. Si è persino vist o fra noi quello che è unico nella storia recent e del zuccherificio : stabili– ment i, cioè, che si spia ntano e si trasp~rtano da una provin cia all'altr a (da Seg ni a Napoli, da Ta ranto ad Avezzano, da Cremona a Piacen– za) in cerca dei luoghi di miglior prodaz..iooe della bietola, lasciando in rovina nelle prime sedi edilìci costa ti centinaia di mìgliaia di lire I Ecco come comi nciava in Italia un' industr ia che la protezione metteva in mano agli specu • latori di borsa. E dalle origini può bent- im– maginarsi quale dovesse esserne lo svolgi• mento. I trucchi dei lrlveUatorl. Oggi dopo 15 ann i di produzione cosl larga• mente 1>rotctta , i nostri zuccherier i sos tengono che, con qualsiasi riduzioue della protezi one, essi dovrebbero lavorare in perdita; che molti stabilime nti, quindi, sa rebbe ro costretti a chiu – dersi, con distruzi one dei capitali ingent i inve • stili negli imp i2:nti. E tali affermaz ioni essi tentan o dimostrare con l'anali si dei prezzi di costo per ogni ele– ment o della produzione. Incominciano, cioè, col dìvid ern la quan tità complessiva de lle biet ole lavorate in Italia per i qui ntali di zucchero fabbrica to: e pretendo no cosi di dimostra re che l' industria nazionale ha bisogno per un egual prodotto di ,ma q1m11/itcl me,lia di materia prima maggiore che la indu• stria straniera . Ma a questo risultat o arrivano facendo entrare nel conto tutti gli stabilime nti, cioè anche quelli esistent i in zone agr icole dove la bietola cresce male e povera di wc chero. Poi dividono, semp re con lo stesso sistema, la somma spesa nell'acquisto de lla materia pri– ma da tutt e le fabbri che, comprese quelle si· tuate nelle zone più iaadall e, per i quintali del· la stessa materia prima: e cosi ci provano che il pre~~o medio della vile bietola italiana è mag– giore di quello della bietola stran iera più pre– gevole. Poi affermano che l'imporlo medio dei salari, come delle spesege11erali, grava su ogni prodotto italiano più che non su quello estero. Ma si guarda no bene dallo spiega re che essi mettono nel conto i costi eccessivi, che pro vengono dall a l1oteca Gino Bianco cattivn amminis trazio ne di molte anonime e da lla volontaria limitazione de lla produzion e allo scopo di tenere alti i prezzi di vendita; limitazione che pone in stato di inferiorit.'\ an • che le fabbnche meglio orga nizzate. lofine pres entano come assai maggiore che all'es tero il conto per ammortamento e interessi del capitale. Ma fanno le viste di dime nticar e che c1uesto è l'effetto delle spese pazze ed e– sagera te fatte nei primi impianti, e dei lucri indebiti realizza ti dai " lanciatori • delle azio– ni: spese e lucri che non è lecito sieno paga ti dai consumato ri italiani. Per chi, dopo tutto questo, non fosse ancora convinto che i filibust ieri dello zucchero sono benemeriti della vita nazionale, i prop:igamlisti sala riati di questi signori serbano uni\ rip rova definitiva delle loro dimostrazioni: dividono, cioè, la somma dei profitti dis tribuitì in un anno eia tutti gli zuccherilìcì per la quantità totale dello zucchero vendut o, e dimostran che l'utile medio ;,r q11i,ilale è cosi meschino, che il buco consumato re italiano ha verso gli zucche rier i l'obbligo della comp;tssione, dopo aver regalato loro il suo denaro ! I dividendi del trlvellatorl, Ln verit;\ è che gli zuccherifici bene impian– tati posso no dar e fra noi, ancora con In tassa– zione vige nte, dividendi de l 30 e del 35 ¾ ; e potrebbe ro facihnente, in numer o di quindici o venti , pr odurre da soli tutto lo zucche ro neces– sario al nostro consumo attuale (pe r cui lavo• rano oggi 35 fabbriche), raggiu r.gendo una no– tevole diminuzione nel costo unitario di produ – zione, cos1 da poter sempre r iparti re equi divi• dendi sul capit ale realm ente investito anche dopo una seria riduzio ne della produzione . • E di ques te affermazi oni si ha una prova in• confut abile nel fatto del lent o ma continuo sor• gere di nuovi e semp re più potenti impianti. Se fosse vero, come sostengono gli zuc– cherieri, f he nelle condizioni att uali l'indu stria italiana dello zucchero è costre tta a lavora • re ovunque con profitti minimi, sarebbe del lutt o inesplicabile che stabilimenti nuovi 1>0- tcssero affrontare la concorrenza delle fab• b'riche di vecchia fondaz ione, le quali fino dal 1903 possono dare una produzione superiore al ~onsumo e appu nto per evitare la sovraprodu • zione sono unit e in un forte sindacato. Sarebbe _inesplicabile che le nuove fabbr1chc, purchè im– piantate con maggiore serietà e preparazione ed ;o regioni dove riesce m3ggiore e migliore la produzione della materia prima , sieno sempre ideate sulla base di preve ntivi e di piani cli finanziamento - stesi dal più abile forse dei nostri indus triali dello zucchero (non diciamo dei nostri.... finanzi eri dcli' industria ) -, dai quah pre ventivi appunt o risultano dividendi si– curi del 35 •/ 0 • Se i conti si facesse ro, come dovrebbe essere , sulla base d'eserc izio dei buoni zuccherific i, i quali soli rappresen tano le condi zioni dc li' in• dustri a, lo svanta ggio reale fra le cond izioni dcli' industria italiana e quella strani era, do• vrebbe ridurs i al massimo a 6 lire per quintale. I danni della protezione. Ma poi, fosse ro anche ·veri tutti i calcoli e tutti i ragionamenti de,gli indus triali, non sa• rebbe meno provata per ques to la necessiL'\ di sopp rimere o di ridurre a pr oporzioni estre• mamente inferiori l' enorme e ass urda prote– zione concessa ali' indus tria zuccheriera . Gli effetti della prot ezione si vedo no imme• diatamente , appena si getti l'occh io sulla ta– bella de l Consumo medio individuale deffo zucchero nei principali Stati d'Europa. Campa&n• 1909 - 1910 Chilogrammi Inghilterra 39,23 Danima rca 35,34 Svizzera 29,14 Svezia. 24,50 Olanda 1 9,79 Germania 19,75 Non ·egia . 18,99 Fr ancia 17,18 Finlandia . 14,75 Belgio. 14,71 Au,stria • Ungheria. 11,43 Russia 10,39 Spag na 6,45 Portogallo -ifade ra 6,42 •371 Turc hia 5,86 Rumenia. 4,31 lt.tli.t 4,2-t Serbia, 3,44 Grecia , 3,42 Bulgaria . 3,20 li dann o del consumnto re italia no non si limita infatti soltanto alle 28 o 30 lire di sovraprezzo ch'egli deve pngar e per i begli occhi di Ma– raini e compag ni, ma anche nell 'ostacolo che gli indus triali protetti han .sempre oppos to ad ogni riduzio ne del dazio fiscale. Quand o infatti, alcuni anni or sono, si pensa\'a alla riduzione dei dazi su qualcuno dei generi di più largo consumo, si dovè rinun ciare a cominciare dallo zucchero perch è gli indus tria li, politicamente fortissiu 1i, pretendevano che la protezione re• !las.se immut at·a o fosse diminuita in misura irriso ria, sebbe ne si abbassasse di 30 o 40 lire il da zio d" impo rtazione. Un piccolo pas&> in avanti riuscì a farlo lo Stato con la legge de l 17 luglio 1910, per cui in sei anni , dal 1911 al 1916 la protezi one urà ridotta da 29 a 23 lire per quintale; ma i! troppo poco di fronte all'urgenza dei bisogni dei consumatori e dell'in du stria stessa che ha superato orma i la potenzialità del mercato ita• liano, e non volendo allargare il consumo con un ribasso nei prezzi si è organ izzata in un lm sl per mantenere basso il livello della pro • duzione. Ma non è solo il consumat or e che è direlta• ment e danneggiato dall 'altezza dei prezzi, man• tenuta artificialmen te per tener in vita degl i ocganismi para ssitari; t tutt a una fonte di att ività e di ricchezza che viene stolidam en~ diss eccata, ment r'e potr ebbe dar nuova vita a tanta parte de lle nostre camp agne, Nell' In– ghilt erra , che non è molto ricca di 11lberi eia frutta, l' industria dei prodotti zuccherati (mar• mellate, conserv e, canditi etc.) occupa oltre 250.000 operai. lp Italia o si trascura la colti• vazione dell'albe ro da frutta, adattissimo al nostro suo lo e al nostro clima, o si vende la frutta a preezi vilissimi o la si lascia marcire sugli alberi, mentre si potrebbe con pochi ca•• pitali - se non ostasse il prezzo proibiti vo rlcllo zucchero - trasformarla razionalmente in prodolli di ccnsumo popolare igienico e gradi tissimo , di facile conservazione e di espor • tazione assai proficua. Basti pensa re che molta della frutt a della Calabria e della Sicilia vieM ora esportata in Inghilterra per esser vi lavo• rata I Di fronte a danni cosl gen erali ed evidenti noi ci sen tiremmo di propugnar e la soppres – sione totale della protezione zuccheriera , anche se essa dov esse importare la chius ura imme• diata di tutti i nost ri zuccherifici , perchè siamo convinti che la disocc upazione tempor anea di una trentina di migliaia di operai, impiegati nella campagna saccarife ra per un breve periodo dell'anno, ed Il dan no che ne risentirebbe, per qualche temp o, la proprietà fondiaria di po– chissime reg ioni, sa rebbero largamente com– pensati non solo dal vantagg io generale dei consumatori , ma da l sorgere immediato di nuo• ve indus trie più natura li e redditiz ie e da un forte incremen to della rendita agraria, Ma se si vuole ad ogni costo evitare una crisi , siamo anche convinti - per l'esperienza dei compete nti - che una prot ezione di 6 o 7 lire per quintale sar ebbe più che sufficiente per te• nere in vita le fabbric he più forti finanziaria• mente, meglio organizza te tecnicamente, e vi– venti in paesi meglio adatti alla coltura dell a bar babietola. Fnt-:E TRADE . L'a zione anttprotez i'onista b csscnzi'al- 111e11tc u1dtaria e patrt'ottica, poichb, con la dif esa d,;l diritto e la conseguente elimina– zione di 1ma i'.gnobite legislazion e di classi e di regione, si mt'ra ad elevare t't 11:fez• zogior110economico e soet.'aleat livclto del· r altra parte d'It alia. Fi"no a quando 1101: far emo durare te spcrcqua:r.Oni tribu tarie e quelle ancora più gravi della legùla{ioue doganale e della pott'tica commcicia.lc, noi non saremo 11,11, gran de paese di 3,5111.t'lt01li· d 'abita11t1:, 111a un piccolo Stato, che sta a pie' delle Alp,; grande quanto il Belgio e l'Ola nda, e una popolosa colonia di s/ r11tla111e11lo, che si st1:11de lungo l Appc1111i10.
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