L'Unità - anno I - n.37 - 24 agosto 1912

146 sull 1 ipotes i che lo zio diventi ricco , non pi – gli m oglie, si ricordi di noi, ecc. ecc. i 2. 0 Ma do\'e l'Eocene non c'è - e in Tripolitania, allo stato att uale de lle ricerche, non si hanno elementi per credere che di si– curo ce ne sia - spe rare nei fosfati è ad– dirittur a come spe'rare nell'eredi1à d'uno zio d'Am erica, di cui s'igno ri se sia mai esisti to l Quanto allo zo lfo noi rivolg iamo al pro– fessor Vinassa una sola domanda. Egli scrive di aver veduto e un campione di zolfo sir– tico a forma di materiale interstratificato a roc cia argillm;J, proprio come si tro\·a nelle miniere di zolfo ». Orbe ne, egli, geologo, studioso della Tripolitania, sapeva certamente che la scariezza di simili campioni è tale, da far esib ire per camp ione di mine rale di zolfo le>sterco di cammello. Dove lo vide, dunque, questo campione!" Come mai non ha pensato a portare in Italia quel campione, analizzarlo, o farlo analizz:ire e farlo cono · scere, se non al pubblico, agli !/òtudiosi? Per lin geologo, anzi pel direttore d'un Gior11ale di geologia pralitn, è stata una dimenticanza piutto -:to grave, tanto pii1 che egli stesso af• ferma che la magg ioranz a dei campioni por – tati dagli Arabi consistono in efllorescenze, cioè in zolfo puro delle sorg enti. Se realmente lo zolfo esistesse allo stato nel qual e dice di averlo visto l'egregio pro• fessore \"inassa 1 allora sJ che si potrebbe an • che nutrire una qualche speranza - non an– cora la certezza - che i minerali di zolfo tripolino possano dar luogo ad uno sfrutta– mento indus1ri.:1le. Ma se si tratta semplice– ment~ di effiorescenze raccolte presso sor• genti sulfuree, allora i fa11;-osizolfi, che nel• l'estate passata fecero girar la testa a tanti po veri borghesi siciliani, potranno tutt'al più servire a curare le malattie nazionaliste della pelle. L'egregio professor e, per tanto, farebbe opera sommamente patri ottica, se ci j)),1mi– nasse un poco più intorno a quel tale cam – pione . Fino a questo punto mi son permesso di domandar e spiegazioni e sch iarimenti che spero meritare, se non fosse altro per la buona volontà dimostr ata. Adesso modesta• mente mi permetto di fornire al profes• sore Vinassa questa piccola indicazione bi. bliografica , che potrà riusc irgli molto utile : G. R1cCHI ERJ, Sulle pr1/ese mi,riere di tolfo in Tripolùania. Milano, e Vita Internazionale ,, 5 gennaio 1912. Legga il prof . Vinassa questo scritto, e vi apprenderà che le famose società per lo sfrut– tamento delle mi niere di zolfo furono il ri – sultato della pubblicazione d'un cerco Subtil, qualificato per un raggiratore dal Barth - uno dei più colti e valorosi esploratori afri· cani - ; la quale pubblit.:azione fu fatta per una speculazione di borsa. E allora compren – derà il prof. Vinassa che il citare, come egli fa, quelle società a rip rova della esistenz a delle miniere di zolfo, è poco prudente e non prova proprio altro che.... il e vivo entusiasmo • del prof. Paolo Vinassa de Rigr.y. Il Ricchi eri ricorda anche che lo stesso Barth parla di miniere di zolfo e di espor– tazione di zolfo. Ma rileva pure giustamente che il Barth non ne parla come di cosa vi• sta, ma soltanto udita raccon tare. E questo ~ l'uni co accenno serio - soggiunge il Rie· chieri - allo zolfo della Sirti; ma è trop – po poco per fabbri carv i sopra tanti castelli in aria. An che nel Dell a Cella si tro va un accenno all'esistenza di un commercio soltifero nella Sirti ; ma egli pure dice che non ha visto, e ha soltanto udi to dire . Il Dell a Ce lla parla aozi di ttrr a impregna ta di zolfo, che si a– dopera in alcune malattie cutanee particolari ai cammelli ; e la stessa co!>a ripetono molti altri, riferendo non saprei se ciò che disse il Della Ce lla, o ciò che banno inteso dire . E sarebbe un bel caso se ogni sorge nte sol– furea e ogni fango impre gnato di zolfo, in• vece di curare le malattie dell a pelle, doves• sero diven tare altrettante ricche miniere! In conclusione, in fatto di miniere t ripo• lin e, allo stato attuale delle no stre conoscen • ze, speran ze pochine ed entusiasmo molto. Carlo Maranelli . L'UNITÀ L a v er a questione coloniale d'Italia. LA QUESTIONE BALCANICA A dispetto di tutte le ubbie e <li tutt i gli ar– zigogoli, non è sulle cosce africane, ma verso le coste d'Ame rica. eh~ si è avviata spontanea la gra nde cc,rrente della nostra emigrazione. In Africa, a contatto di popoh12ioni nomadi e ra• paci, in condizioni di clirna e di suolo t:mto peggiori delle nostre, il contad ino non andrà, neppure se c-ostrctto dalla forza, nepp ure se protetto dalle armi . Di fronte a questa che è la verità ind iscutibile <lelle cose, non è un paes e povero e dis~esta to carne il nost ro, che potrà tentare la colonizzazione tli alcuna terr a de) Con• tinent e nero; e mentre conti.tmo a dieci ne di migliaia i concittadini che muovono per lidi veramente fruttiferi, quale il Brasil e e l'Arg en• tina, non è uno stato debole e imbastito di re– cente come il nostro che dovrà posse dere, sia pure nominalmente, vaste este nsioni in Afric4', inspi randosi ulla beata iJolatria, dice il Novicow, dei chilometri quadrati .... Chè anzi, fra i mah maggiori che a noi cagionò il miragg io dcli ' E– ritrea, questo, sopratutto, è da deplorare ; a furia di tr.ner dietro a una politica che insegue le ombrt', abbiamo interamente tras curato que l– l'enorme fio~tC' di sangue, che l'Italia - « la selva di popoli •, come la chiamò Dante - ogni ,inno riv ersa di là dall'Oceano , lasciando a sè stesse, alla miseria della lor..>impotenza, legio• nit.li contadini e di operai , in ciascuno dei quali potremmo raflìgurare quel vecchio, veduto dal De Amicis, che parte da Genova, mostrando d' in sulla tolda della nav e il pugno &Ilapat ria! Il proble m:i cleWItalia è tutto qu i : nella spro• porzione fra la densità della popolazione che aumenta, e il reddito della terra che re~ca, su per giù, lo stesso ; cresco no i nati, cresco – no, per effetto della civiltà, i bi!mgni, e il di• squilibrio aumen t~. L'av venir<', specialme11te per alcune provincie meridionali, che sono e non possono essere se non esclusivamente granifere, è buio. L' Italia non è il giardino di Eur opa come i poeti, una volt;., cantavano. Secondo i calcoli migliori , a1>pena un milione, magari due su cin– que milioni di ettari di terreno poco o punto coltivato, sono ancora meglio utilizzabili, e gran parte dell a penisola, dal Tevere in giù, val poco, asso lutamente poco, perchè infeconda e mala– rica. Prima di ridiventare da un capo all'altro, l'orto delle Esperidi, prima di essere , come la Francia, una regione tutta quanta coltivata in– tensivamente , bisogn erà, nientemeno, che il prezzo del denaro, il quale oggi, qui fra noi, è dell'otto e del sei per cento , sia dappertutto non mai più de) tre. La favoleggiata colonizza. zione interna è quindi opera di popoli ricchi .... No, non è certo il giard ino, ma, in cambio, essa è forse il paese più prolifico di Europa. Se molte arti, osserva arguca men1:e il nostro Nitti, che gli antichi praticarono, noi abbiamo dimcn• ticate, una se n'è tramandata sempre : I' arte di far figli! E però J' Italia ha una densità di 10.7 abitanti per chilometro quadr~to, quando il rap• porto medio della Francia e di 72, dell'Austr ia di So, de lla Germania di 97 (1) Or codesto immane prob lema dcli' aumento della popolazione in rapp orto alla deficiente po– tenzialità della ricchezza, che è poi il problema dcli' equilibrio fra' bisogni t le foree, in cui con– siste - scrive il Coco - non meno la sani tà dcgl' individui che la prosperità delle nazioni, soltanto l'emigrazione per l'America potrà, al– meno per ora, risolvere. Anzi che sognare im– peri e colonie in Africa pensiamo dunque a proteggere, a difender e, sia alla partenza, sia nel viaggio e ali' arrivo, le migliaia di nostri fratelli, i quali, non più rassegnati alla fame come a proprio retaggio, volontariame nte soJ– cano il mare infi<lo, scendono a New .Yor k, a Rio Jan eiro, a Buenos Ayres e mandano in Ita– lia, ogni anno, a furi a di privazioni e di fatiche, da 150 a 200 milioni di lire. Sono que' milioni di lire, per lo appunto , e non altri, eh~salvano dalla ineJia alcune intere nostre provin cie del Mezzogiorno .... P roteggiamoli, difendiamoli, quei nostri fra – telli . GJVSTINO FORTUNATO . Di. un di1corso dell ' 11 muao 1897: nidi // liltn orio,-no e lo Staro /rdi auo, Bari, ~ie n a, 1911, Il, 23-25. (I) Lo parole del Fortunato IOIIO - ,i badi - del 1897. ---- ----~ Al prossimo numero, F. FOBERTI e L' UNcTA, Il problema delle alleanze. La Questione d'orien:e, di cui abbiamo c~r– cato di definir e le linee fonda mentali nel nu• mero 35 dell 'U nità, ri:n1lta dall' 3J!grovigliarsi di parecchie questioni particolari, le quali s i possono idealm~ nte class ificare sotto tre gruppi di problemi : il proble ma degli Stretti, il pro • l>lema balcanico, il prob lema asiatico. D::lla quest ione degli st retti demmo qualche notizia nel n. 22 dcli' Unità; ddla questione as iatica ci proponiamo di trattare in un pros– simo articolo i in questo numero dcli' Unità vorremmo definire gli eleme nti, almeno più ge– nerali, dell'intricat o problema balcanico . J due fattori della quu tloo.e halcaalc:a. Il quale risulta dal concorso di due fattori: 1° l'azione degli St~ti naz ionali costitmtis i du– rante il secolo XIX nella penisola balcanica, tenden ti tutti ad espander si nei territ ori tutt ora dominat i dai turchi e divisi gli uni dagli altri da questi contradittori bisvgni di espans ione; :a 0 l'azion e delle grandi pott·nze europee, per le quali ogni spostarnen to in qualunque parte de l cadente impero ottomano può rappresen tare un vantaggio o un dann o per gli effetti che po • tr ebbero deriv arne sull' equilibrio politico, Slra• tegico, econ omico del Mediter raneo. R ispett o agli Stati balcanici, infatti, si ripete lo stesso contristo che divide le grandi po• lenze rispelto alla Turchia. Alcune potenz<.: hanno intere ss~ a promuovere · lo sviluppo an• tonomo di questi Stati. Altre tenJono a distrug• gernc o diminuirne l'aulonomia e la forza poli – tica. La politica dell e prin: e è determina ta dal- 1' interesse che esse hanno a non lasciar turbare da nessun'altra potenza non balcanica lo sfn/11 quo medit erra neo, e dal fatto che appu nto il rafforzamen to degli Stati b~lcanici rappresenta il migliore e più sicuro ostacolo contro ogni ambizione esterna. Per Je seconde, invece , l'in– dipendenza e lo sviluppo degli Stati balcanici costituisce l'ostaco lo, t·he esse devono superare per risolvere il problema di una ulterivre espa n• sione nel Mediterraneo. E per que sto agire e reagire continuo degli av– ven imenti balca nici sugl' inter ess i delle potenze non balcanich e e viceversa , che il problema bal– canico acquista la importanza di problema eu– ropeo. Sen~a quegli intimi e continu i riflessi, i piccoli conflitti fra le nazionalità cristiane e l'im· pero turco , e delle varie naziona lità cristiane fra loro, sia che questi conflitti tendan o a un migliore assetto di ciascuna nazionalità entro confini etni ci o geografici megli o definiti, sia che tendano a realizzare aspirazioni egemoniche dell'uno sull'altro Stato balcanico - 1 quei con• flitti non avrebbero, per la storia generale d'Eu , ropa, pill interesse di quan ta non ne abbiano, per es., Je continue rivoluzionccllc e .guerr ic– ciole de lle repubbliche dell'Ame rica centrale e meridionale. La Ru11la ael Balc,,of. La potenza non balcanica, che ha preceduto tutte le altre negl' interve nti balcanici ed ha quasi dato alle altre l'ese mpio e indicato i pre• tt"sti, le forme, le vie di siffatti inter venti, è stata la Rcssia. li legame di razza, la comunan za di religione fra gli Slavi della Russia e gli Slavi balcanici LJugoslavi Slavi de) Sud), e, sopra tutt o, le con– dizioni geografiche , le quali hanno fatt o sentire alla Russia, non appena costituitasi in sta to na• ziona le, la necess ità di aprirs i la via fuori del Mar Nero e degli Stretti, hanno determinata una tr adizione storica e diplomatica, oramai bisecolare, per cui la Russia si è sempre con• siderata come pro tettrice natura le dei popoli iu• goslavi e in generale di tutti i crist iani ort o– dossi dell'Impero turco . Col tratt&to di Ku tschuk (1774) la Russia ottenn e dalla Turchia una spe• cie di rico noscimento di questo protettor ato morale; e con questo riconoscimento essa ha . sempre giustificato una specie di diritto di in• tcrve nto negli affari intern i della Tu rchia, ogni qualvolta Jo richiedes sero i bisogni der cristiani ortodossi, e, sotto il prete sto di questi bisogni, gl' interessi de lla potenza protettrice. Nou è il caso di fare qui la storia delle nove guerre, che durante i seco li XVI II e XIX ha avute la Russia con la Turchia. Baster à sempli• cemente notart- che gl' interventi dell a Russia in Oriente trass ero sempre occasione dalle con• dizioni degli ortodo ssi, insofferenti del giogo turc o. Insu rrezion i e tor bidi delle popola zioni balcanich f", represS ioni san guinose del governo turco, int en·en ti Jella Rus sia: ecco la storia, continuamente ripet entes i nelle medesime linee, de i rapporti tur co-russi. Prim i a sollecitare l'aiuto moscovita sono gli Ospodar i de i Prin• cipati (moderna Rumenia ); poi la Serb ia e il Mon• tenegro ; poi la Grecia; poi la Bosnià Erzego • vina e la Bulgari a: oggi la trad izione continua con la Ma.:edonia. A parte il falso tè'Stamento di Pietro il Gran– de, che avrebbe indica to come supremo fine della politica russa ht creazi one di un grande imper o orientale con Costanti nopoli capitale ; sia o non sia stato quest o il preciso disegno di Cate • rina II nella seconda mt"tà del secolo XVIII; -è a credere che nel secolo XIX la Russia non abbia forse mai :'l\'Uto il programma ben definito di estender e il suo dominio diretto sui popoli ju– .goslavi. li progetto russo è stato piuttosto que l– lo di crea re nella pcniso)a ùalcanica un certo nu mero di stater elli autonom i, biiognosi della protezione e della difesa della Russ ia, mentre la Russia si sarebbe impadronita solo di Co• stantinopoli, assic urando si c,)si il dominio sul Mar Nero e sullo sbocco del Danubio. Anche questo progetto, per altro, si è mani• festato , in gra n partt>, irrea lizzabile. La Russia, nella sua poli tica balcanica, si è scontrata du– rante il secolo XIX con la opposizione dell'Au• seria, dell a Fra ncia, dell' J nghilterr a: ora di questa, ora di queJla, ora di tutt e insieme . Per ricorda re di questa polizia ant irussa de lle potenze europee nei Balcani i soli mo• menti più vicini a noi e più. importa nti dal pun • to di vista della pratica politica dei giorni no– stri , ci bast erà accennare ai trattati di Parigi e di Berlino. Il trattato di Parigi (18,56) chiuse gli Stretti alle navi da guerra, neutralizzò il Mar Nero, su cui la Rus sia avev a distrut to tre anni pri• ma la flotta turca, vietò alla Russia di tenervi flotte militari, pose la Turc hia sotto la salva• guard ia e la garanz ia delle potenze europee. Dopo venti anni, la sollevazione delle popo– lazioni jugoslave e i massacri di Bulg aria det– tero alla Rus sia un nuovo appiglio per inter– venire R favore dt"gl'insorti, e tentar di rompere il cerchio ferr eo impostole dal trattato di Pa– rigi. Coi patti di Santo Stefano, dettati alla Tur chia alle porte di Costantinopoli, sem brò che la Russia avesse risolto virtu almente a suo favore la questi one orientale . Occupat i nell'Asia Minore dei territori, eh" le aprivano la via verso Costant inopoli dalla parte del sud; costituito a nord di Costantinopoli il nuovo Stato bulgaro , autonomo dai Turchi ma ·sogg etto a un larvalo dominio russo (1) i as. sicurata, graz ie all'ape rtura permanente degJi Stretti, la piena libertà al proprio commercio; messasi in grado di sorvegliare dalla Bulgaria tut!i gli alh"i st atereUi ~alcanici, in condizioni analoghe a quelle di cui aveva goduto l'Austr ia di fronte agli staterelli d' ltalia fra il 18r5 e il 186o; - Ja Russia poteva oramai aspet tar ~ tran– quillamente il tempo non lonta no, in cui anche il dominio politico di Costantinopoli e degli Stretti sarebbe caduto nelle sue mani. Ma l'Austria, I' Inghilter ra, la Prussia , la :Francia rifiutarono di riconoscere il t rattato di Santo Stefano E la Russ ia, strema~a dalla guer • ra, infiacchita dall a minaccia di torbidi intern i, dovè accettare passivamente le sentenze del Congresso di Berl ino. L'Austria e le autonatttl hakanlch&. Con qu ale spirito e mire recon dite sieno an– date le potenze europee alla Conferenza di Ber li– no, e come l'Austria. sia stata spinta nella Bo– snia e nell'Erzegovina quasi ad occupare nel– l'occidente della penisola quel posto che la Rus– sia perdeva nell' oriente , ed a fare la sentin ella del!' Europa contr o ogni nuova iniziat iva della Rus sia, abbiamo già spiegato nel nostro prec~ - (1) L' obbienivo ,ero della Runia in Uulg■ri1, è chiaram•ot• documentato dalla mi11ione del principe Teherlr.a11hr , in,i1to quale eoremu ore generale a Tirnovo , non appcn. fu occupata la c1pÌ11le del nuo.o Stato. 11 principe parti accompaeoato da 400 Impiegati. Fece leggi, proauncib senten&e, dette alle PfO• ,incie e ai comuni un'1mministruion e ali■ ru.su. decretò cbe in u,e nitc la lingua uffid■!c dell' an:1mini1trHio nc e dei 1ribun1\i bulr ari 11rcbbc 11110 il russo, ed in ru110 fece compilare il co• dice prov.,.isorio.

RkJQdWJsaXNoZXIy