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Maria Rosensweig PächtTi abbraccio con le mie braccia esausteTratto da «una città», dicembre-gennaio 2002
Carcere Civile, Forlì, 13 settembre, 1944
... «Se Dio vuole, tutto potrebbe ancora finire bene, e noi potremo ancora ritrovarci tutti insieme ed essere felici. Chiedo a Dio con tutto il mio cuore e il mio spirito questa grazia. Sono molto modesta adesso, Giorgio. Non penso a cose terrene, il mio solo pensiero è quello di ritrovare tuo padre e di poter stare ancora con te. Se Dio mi farà questa grazia sarò felice con quel poco che possiedo.
Non chiedo nient’altro, carissimo Giorgio, e spero che tu sia in buona salute e in buone condizioni. L’ultima volta che abbiamo ricevuto tue notizie è stato con il telegramma del 19 agosto ’43; il giorno del mio compleanno. Tutte le altre lettere dal luglio ’43 al dicembre ’43, ci sono state rispedite nel ’44 con un francobollo che diceva "servizio sospeso”. Abbiamo spedito alcuni messaggi attraverso la Croce Rossa. Non sappiamo cosa tu stia facendo né dove tu sia al momento, carissimo figlio. [...] Adesso, mentre scrivo questa lettera, e credo che il buon Dio ci farà la grazia, mi faccio coraggio e paziento. Giorgio, caro, immagino che tu sia un uomo buono e bello; come vorrei poterti vedere, forte, coraggioso e capace di crearti una vita indipendente. Vorrei vederti sposato a una brava ragazza che sia in grado di darti la felicità che desideri. Vorrei poter vedere i tuoi figli; mi piacerebbe avere un nipotino mio. Dio, fammi la grazia di riuscire a vivere per te e per tuo padre. Sii buono mio caro figlio e moderato in tutto. Non chiedere troppo dalla vita. Se sarai abbastanza fortunato di vivere nell’abbondanza, pensa sempre a coloro che sono poveri e sfortunati. La fortuna va e viene, così […]
Stamane ci portano via. Non so dove, forse a lavorare da qualche parte. Spero di rivederti presto, mio caro Giorgio. Ti abbraccio forte.
P.S. 17 Settembre 1944, questa mattina ci portano via. I migliori Auguri. Tua Madre».
La lettera è stata scritta da Maria Rosensweig Pächt lo stesso giorno in cui insieme ad altre sei ebree partirà in camion non per la Germania come era stato detto loro, ma per l’aeroporto di Forlì in cui le buche delle bombe si prestavano alla bisogna.
I loro mariti e figli erano stati fucilati undici giorni prima. |
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