• storie B RICORDARE come ha dichiarato Alfonsin. E ora sono liberi per un indulto, per volere di Menem. E credo che sia contato anche il fatto che sono tutti bianchi, educati, di origine europea. Questo è terribile, lascia la società argentina senza principi morali. INSIEME Al NIPOTI Ci sono almeno 50 casi di bambini sequestrati dalle famiglie degli assassini dei loro genitori: ora le nonne di questi bambini fanno causa perché questi bambini tornino con la famiglia di origine. Ci sono casi di bambini salvati da un vicino che li ha nascosti, evitandogli di essere portati via: allora si crea una specie di doppia famiglia, il bambino resta nella famiglia che lo ha cresciuto, protetto, senza nascondergli la verità, però conosce anche la sua vera famiglia. In questo caso Las Abuelas (le nonne) e Las Madres sono d'accordo, perché la famiglia che gli ha salvato la vita per amore, rischiando, merita che quel bambino possa continuare a chiamarli papà e mamma. C'è la storia molto bella di una bambina, salvata dai vicini che l'avevano nascosta: quando la nonna ha trovato sua nipote e ha conosciuto la famiglia, non ha avuto il coraggio di chiederle di andare con lei, ma la va a trovare, ha fatto un lavoro straordinario con la bambina. La lunga lotta di una madre, che negli anni 70 perse i suoi cari, perché la terribile tragedia dei desaparecidos argentini non sia dimenticata. La situazione incredibile di bambini piccoli, ormai orfani, adottati da assassini. Intervista a Laura Bonaparte. Mia figlia, Aida Eleonora, lavorava in una baraccopoli, con i poveri. Questo era il suo "lavoro politico". Il 25 dicembre 1975 un parente mi telefona per dirmi che mia figlia è stata sequestrata il giorno prima, mentre con altre sette donne si trovava in una strada del paesino dove abitava con suo marito ed il loro bambino di due mesi. Due giorni prima l'Erp, l'Esercito Rivoluzionario del Popolo, aveva tentato l' occupazione di una caserma alla periferia di questo paesino, così le Forze Armate Argentine, per rappresaglia, ma anche per "castigo", per scoraggiare e minacciare gli studenti e i giovani che insegnavano ai poveri a leggere e scrivere, bombardarono il paese. Tutte e due le mie figlie erano un po' speciali, cantavano e facevano musica. Aida aveva scoperto che per gli adulti imparare a leggere e scrivere con la musica e le canzoni era più facile. Mi raccontava che era molto divertente insegnare in quel modo e anche la gente si divertiva. Ho cominciato a cercare mia figlia, con la speranza, la certezza, che fosse ancora in vita. Nessuno ne sapeva niente, nessuna autorità pubblica aveva notizie. Ai primi di gennaio, al posto di polizia n.8 di La Plata , mi consegnano un barattolo di vetro, col n° 24: dentro c'erano le mani di mia figlia. Mi dicono: "Sua figlia è morta in uno scontro, ecco la prova". Allora, io ed il mio ex marito, dal quale ero divisa dal '69, decidiamo di fare causa alle F.F. A.A. per l'assassinio di nostra figlia. In Argentina il Presidente della nazione è anche il capo delle Forze Armate, responsabile quindi delle loro azioni. La risposta non tardò molto ad arrivare: il 24 marzo 1976 Adrian Saidòn, che era il compagno di mia figlia, viene assassinato a colpi di pistola, vicino a casa sua, in Avellaneda. L' 11 giugno 1976 un gruppo di militari armati di fucile invadono la casa del mio ex marito, Santiago Bruschtein, che era a letto, malato ai polmoni: lo costringono ad alzarsi gridandogli "come può un ebreo figlio di puttana permettersi di fare una denuncia per assassinio al- )' esercito?". E anche lui scompare. Il giorno 11 maggio 1977 irrompono in casa di mia figlia, Irene Monica, di 22 anni, e di suo marito, Mario Ginsberg, di 24 anni, tutti e due scultori. La casa viene devastata e di loro non si sa più nulla. Il disegno che ho ricevuto nell'ultima lettera che ha potuto scrivermi è stato riprodotto in una spilla che porto sempre con me e che è diventata un distintivo per ricordare i desaparecidos. Una settimana dopo, il 19 maggio, irrompono brutalmente nel modesto appartamento di mio figlio Victor e sua moglie Jacinta Levi, con bombe a mano, come in guerra. Tutti e due sono spariti. Quando io sono tornata a visitare l'appartamento c'erano ancora i segni dell'esplosione, tremendi, sul pavimento. La mia [renitaaveva una figlia di due anni e mezzo e aveva adottato il figlio di Eleonora, di un anno e mezzo. Sembra anche che abbiano pestato Mario davanti a Irenita e ai bambini. Abbiamo presentato denunce ad istituzioni ed organismi internazionali, al Parlamento Europeo, all'ONU; Amnesty lnternational ha collaborato, ha assunto la difesa della mia famiglia. Alla fine sono riuscita a sapere della mia prima figlia. Mi sentivo come se non ci fosse più divisione fra la vita e la morte. Ho iniziato a cercarla e a chiedere dove l'avevano sepolta, volevo che mi consegnassero il corpo intero di mia figlia, volevo fare eseguire un'autopsia da un medico non militare, per dimostrare che era stata assassinata. Mi hanno risposto che era impossibile perché era segreto militare. Ho insistito, fino a scoprire dove era sepolta, ma ho dovuto •aspettare fino al mio ritorno in Argentina dall'esilio, nel I984, per aprire la fossa, e fare dichiarazione del "nunca mas", la campagna iniziata da Alfonsin, che riguardava tutti quelli che avevano un familiare scomparso. I militari avevano detto alle Nazioni Unite, all'Oea che mia figlia era sepolta dentro una cassa di ligno e che ~i i conano stati benedetti, ma mi sono trovata davanti a qualcosa che già i giornalisti dicevano sottovoce ed io non volevo credere: i corpi, come durante il nazismo, erano a pezzi e sotterrati in luoghi diversi , per non poterli riconoscere. La sparizione di persone è un delitto contro l'umanità perché è una cosa che ci si porta dietro tutta la vita, come il pensiero delle brutalità commesse da nazisti e fascisti. Non ho potuto identificare i resti di mia figlia, c'erano 2 crani e 12 femori, così ho deciso che i resti di quei corpi, assassinati tutti insieme, rimanessero nella stessa tomba. Ho continuato ad indagare, e l'anno scorso l'Equipe de Antropologia Forense, che mette insieme tutti i dati che può, ha scoperto un documento che porta la data del giorno successivo al sequestro di Santiago, mio marito, con fotografie, dichiarazioni di pompieri e di giudici, e del capo della polizia. L'esercito aveva portato sei corpi, di due donne e di quattro uomini, li avevano messi in un contenitore con del solvente per bruciarli. La descrizione che i pompieri fanno di ciò che trovano è terribile. 1n-uno di quei resti, riconosco mio marito, la testa soltanto: aveva una pallottola nella nuca, con uscita dall'occhio sinistro. L'erba dove era stato bruciato era ghiacciata, così la testa era un po' protetta e si è conservata meglio. L'altro resto era identificabile come un feto di otto o nove mesi. Le perizie confermarono che fu espulso con la placenta dal ventre materno a causa dello scoppio prodotto dal surriscaldamento dei liquidi del corpo della madre, però il neonato era stato assassinato prima di nascere e la madre prima di partorire. Tutto questo è indescrivibile, forse la semplicità dell'informazione dei pompieri è molto più terribile di ciò che posso raccontare adesso. Della mia famiglia è rimasto un figlio, che fa il giornalista, e i nipoti. Sono diventata attiva nel movimento delle Madres de la plaza de Mayo per molti motivi, certo aver perso tre figli, due generi e una nuora era il principale, ma c'era anche la determinazione a non fare scendere l'oblio sulle stragi, perché se non si vogliono rivivere gli orrori bisogna ricordarseli e ricordarli a tutti. Ancora oggi, ogni giorno, almeno una "Madre" gira nella piazza per ricordare a tutti che trentamila cittadini, bambini e donne compresi, sono scomparsi. Abbiamo deciso di non avere presidentesse, per non ridurre la capacità di "pensare" delle altre madri; anche se tutte abbiamo sofferto le stesse ingiustizie tutte le soffriamo con dolore diverso, nessuna madre deve imporre come sentire, come soffrire, come uscire da quella sofferenza. Non è facile essere un'organizzazione "orizzontale". Noi denunciamo e vogliamo che tutto quanto è successo venga dichiarato crimine contro l'umanità, perché la gioventù che arriva possa godere della vita. La lotta per i diritti umani non deve avere lo scopo di mostrare al mondo cose spaventose, ma cose che si devono evitare. E si devono evitare nell'unico modo possibile, attraverso una legislazione che universalizzi delitti crudeli come questi e renda possibile giudicarli a livello internazionale. Perché si è arrivati alla ex Jugoslavia? Perché al Rwanda? Perché ali' Argentina? Le Nazioni Unite funzionano dal I948, dopo una guerra sanguinosa. Cosa succede all'umanità, a noi? L'essere umano è capace di grandi crudeltà se non viene giudicato, se manca un riferimento di giustizia, una giustizia che distingua il bene e il male e che lo insegni ai giovani. Non chiedo la pena di morte perché diventerei come loro e perché penso che la vendetta è dei deboli e non dei forti -e se io ho resistito agli assassinii dei miei figli e di mio marito è perché son forte, perché voglio un futuro per i miei nipoti che hanno sofferto troppo e per tutti i giovani- per questo lotto per i diritti umani. Penso che gli Organismi internazionali debbano prendersi le loro responsabilità, di fronte ai massacri, ai crimini, istituendo un Tribunale e nuovi codici di procedure. I " lo ero responsabile della sala di ricovero donne ali' ospedale di Lanùs, svolgevo anche attività in una baraccopoli, perciò ero abbastanza conosciuta, ma sono stati degli sconosciuti che hanno salvato il mio nipotino, Vito. La gente ha reagito in diversi modi, quando sono tornata: qualcuno è venuto quasi a chiedermi perdono e io all'inizio non capivo perché, poi ho capito che era per i sensi di colpa. I militari avevano orchestrato così bene i loro crimini e diffuso un tale clima di terrore che avevano creato un senso di colpa in un popolo che non aveva commesso delitti, mentre loro non sentivano colpe. Non posso condannare una persona che ha avuto paura e ha chiuso la porta. Forse io non lo avrei fatto, ma non posso dirlo ora. Così ho ritrovato l'amicizia di tante persone e la gioia di stare con loro, quasi mi restituissero una parte della mia storia. Però ho anche cominciato a selezionare la gente. Io sono psicanalista, ho pazienti privati e lavoro anche per un sindacato di giornalisti. Con questi ultimi non faccio selezione, ricevo coloro che lo psichiatra mi manda, però coi pazienti privati sì, faccio selezione, non accetto assolutamente nessuno che abbia a che fare coi militari, nessuno che abbia a che fare con il conservatorismo fascista, nessun funzionario pubblico. Accetto le persone che abbiano un minimo di coscienza di ciò che è successo e un barlume di sensibilità sociale. Questo ha aperto nuovi argomenti di discussione dentro la psicanalisi: io ho sempre sostenuto che i torturatori non sono curabili, una volta commesso l'atto della tortura non c'è retromarcia, mentre il torturato può recuperare, è un dolore terribile che al tempo stesso lo ha fortificato e lo arricchisce, lo fa guardare al futuro in una maniera diversa. Anche noi, le "Madri", abbiamo reagito in maniera diversa, qualcuna addirittura identificandosi col terrorismo di stato invocando la pena di morte per i responsabili, altre con un po' più di calma. Una di loro, che ha la mia età, 70 anni, si è iscritta ali' Università, a 68 anni ha finito le superiori e ha fatto l'esame di ammissione ali' Università; adesso studia Storia. Ho avuto fra le mani notizie di torturatori del Vietnam, ho saputo di miei colleghi che senza saperlo hanno ricevuto torturatori e tutti siamo arrivati alla conclusione che una volta che loro dicono di avere torturato l'analisi deve finire, diversamente si diventa complici del clima in cui loro hanno torturato. Il film Arancia Meccanica è un esempio terribile, lo sforzo che fa lo scienziato per far tornare indietro il ragazzo senza riuscirci è molto interessante, perché il torturatore realizza fantasie e sensazioni arcaiche dell'essere umano. Il sistema nervoso incompleto, l'impossibilità di una perceIo credo che tutti sapessero. Il partito radicale di Alfonsin sosteneva la teoria dei "due demoni": i movimenti rivoluzionari da una parte e l'esercito dall'altra. In realtà la repressione e la "mattanza" hanno colpito tutta la sinistra e tutto quello che poteva sembrare di sinistra, attivisti e simpatizzanti, sindacalisti e semplici giovani del volontariato. Inoltre questa posizione non teneva conto della storia repressiva del1'esercito argentino. Si può dire che i mili- . i tari sono sempre stati molto vicini al potere, se non al potere essi stessi. E la loro storia non è certo gloriosa. Nel secolo scorso commisero il primo genocidio, sterminando gli indigeni, e infatti in Argentina non ci sono indigeni, sono stati assassinati tutti dai militari. E' accaduto intorno al 1880, per opera del generale Rocca, considerato eroe nazionale perché divise la terra fra l'oligarchia e i soldati di ventura. C'è poi un altro fatto relativamente recente, del quale ci sono molte testimonianze, anche se, come il genocidio degli indios, non appare in nessun libro di storia argentino: il bombardamento, nel 1955, nella Plaza de Mayo, durante una manifestazione di operai e studenti, con molti morti. E poi, dopo la morte di Peron nel '74, le uccisioni per le strade ad opera di una organizzazione paramilitare, chiamata delle Tre A (Alleanza Anticomunista Argentina), molto legata alla P2 e alla mafia italiana ed evidentemente protetta dal!' alto. zione completa, fanno sì che se un neonato avesse le caratteristiche di un animale, quando si arrabbia non solo si attaccherebbe al seno di sua madre, ma lo mangerebbe. Contro queste fantasie l'essere umano ha sviluppato la cultura, tutta una serie di disposizioni che poi diventano leggi per poter discriminare ciò che si può e ciò che non si può fare, per trovare una strada per convivere con gli altri esseri umani. Il problema è che il torturatore dopo l'atto della tortura non può recuperare la sua qualità di umano, perché è come se avesse commesso l'atto che non ha potuto commettere da piccolo e di cui si sarebbe dimenticato. Da grande allora c'è la memoria e l'uccidere, lo squartare, il torturare, il fare soffrire un altro dall'interno di una corporazione -che lo protegge, gli dà ragione, gli dà gli strumenti, gli dà l'impunità- lo porta ad una condizione senza ritorno. E' come se un padre dicesse al suo bambino come uccidere il proprio fratellino. Con la differenza che un uomo adulto non dimentica e ciò che vorrebbe dimenticare gli si fissa ancora di più: nei loro sogni i corpi distrutti dei torturati hanno il viso dei familiari. E' accaduto ad ex torturatori del Centro America e del Vietnam, e molti sono impazziti. D'altra parte, coi torturatori argentini non c'è più nemmeno speranza di arrivare ad un giudizio: hanno ubbidito agli ordini, Leggendo gli elenchi dei desaparecidos si rimane sconvolti leggendo quanti avevano due o tre anni. Come si può dire che un bambino di due anni è uno dei due demoni? Fra questi teorici "demoni" ci sono bambini di 20 giorni, pochi mesi, più di cento donne incinte. Fra gli scomparsi ci sono moltissimi d' origine italiana. Pertini ha fatto molto per noi. Abbiamo scoperto molto tardi che un addetto dell'Ambasciata era un fascista che aveva buoni rapporti coi militari; Pertini ne chiese le dimissioni.C'è anche un gruppo di avvocati e giudici che sono venuti in visita in Argentina, a chiedere che i criminali dichiarassero i loro delitti davanti a loro, per sapere cosa è successo dei cittadini italiani sequestrati e scomparsi. All'inizio Menem era d'accordo, dopo una settimana ha cambiato idea e non ha permesso che i militari testimoniassero, nonostante la condotta degli avvocati e dei giudici fosse assolutamente diplomatica e discreta. In Francia è stato dichiarato criminale ricercato il latitante generale Astiz, che uccise due suore francesi, e in Svezia Astiz è accusato dell'assassinio di una ragazza di sedici anni. Nessun altro paese ha avuto la dignità di difendere i propri cittadini davanti ai tribunali internazionali. Noi pensiamo che la memoria storica sia l'unica cosa che può dare identità ad un paese. Se teniamo nella nostra memoria degli episodi commessi dai nostri antenati che ci fanno vergognare, non ripetiamo quegli errori. Per questo la memoria storica è al di sopra della verità e della giustizia. Con la memoria si costruisce la vera storia, perché è una storia di testimoni, che porta alla verità. Verità vuol dire anche apertura delle fosse comuni. Tutto questo perché la gente abbia coscienza del tempo che si è perso e perché queste cose non si ripetano. Questo tempo che Las Madres dedicano alle indagini, a voler sapere, è tempo sottratto al piacere, alla felicità, all'amore, ma vogliamo che si riconosca ciò che è stato fatto ai nostri figli, per poter essere felici coi nostri nipoti. -
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