Terza Generazione - anno II - n. 12 - settembre 1954

confusa idea che mi aveva spin– to appunto ad intraprenderlo. L'idea, molto schematicamen– te e confusamente, era questa: questa nostra civiltà moderna, di cui ora stiamo un po' ti– rando le somme, è scaturita da alcune componenti fondamenta– li, tra cui senza dubbio il con– cetto e la prassj di nazione, e d'altra parte è stata largamen– te determinata da alcune, ap– punto, di queste nazioni, le grandi formazioni tradizional– mente indicate alla nascita del mondo moderno, Inghilterra, Francia, Spagna. E successiva– mente grandissima importanza hanno avuto altrj fatti, come le guerre dinastiche, o l'espan– sione colonialistica, o le guer– re di religione. Ebbene, al centro di tutti questi fatti, come elemento sem– pre fondamentale, talvolta de– terminante, troviamo la Spa– gna, in una posizione inimma– ginabile, da parte della nostra capacità di comprensione poli– tica formata ormai all'esistenza di certe grandi potenze. Ad un certo momento, d'altra parte, forse dopo l'epica lotta anti– napoleonica ed i primi moti ri– voluzionari liberalj, la Spagna sparisce dal gioco politico eu– ropeo e decade, o meglio, resta indietro o fuori, al livello sto– rico che si andava configuran– do: coincidenza da notare, in quel tempo si presentava un al– tro fattore di radicale impor– tanza, la macchina, e la Spa– gna ne restò vistosamente esclusa. Tutto ciò, senza avventurar– mi in rischiosissimi commenti e spiegazioni, mi poneva dej problemi e degli interrogativi: che senso ha e come è rintrac– ciabile, nel nostro patrimonio civile, l'ineliminabile contrjbu– to spagnolo? e, avendo cosi in– tensamente partecipato alla for– mazione della civiltà moderna, come si trova oggi la Spagna, che ne· € uscita ad un certo momento con tutto il suo pa– trimonio? e che confronto si può instaurare fra la nostra civjltà giunta al livello capitalistico ed un'altra, che ne rappresentasse, in ipotesi, un momento prece– dente di sviluppo? Tutte queste domande erano presenti alla mia mente par– tendo per la Spagna e mi ave– vano sollecitato a questa scelta, facendomi escludere, ad esem– pio, la Francia o l'Inghilterra che, da questo e da altrj punti di vista, non mi dicevano più niente. Ora che è passato un po' di tempo dal mio ritorno, posso dire di aver avuto una risposta a gran parte di quel le domande, il che tra l'altro giu– stifica la primitiva intujzione. E la prima risposta mi è stata data dalla sensazione, sem– pre più precisa col passare dei giorni di viaggio, di essere usci– to, per la prima volta nella mja vita, da un mondo che potremo chiamare capitalistico o bor– ghese, ma tu capisci che sono parole di comodo, in cui misura fondamentale dei fatti e degli uomini è il denaro, per entrare in un altro che, pur senza po– terlo definire, sentjvo sempre più chiaramente diverso. Un mondo che riuscivo a capire, omogeneo cioè alla mia forma– zione, sviluppato secondo linee che mi erano familiari, eppure cosl divergente per altri aspetti, un mondo insomma che pog– g.iava sulle stesse basi, ma ave– va compiuto un processo, magari parziale o incompleto, che non era sboccato nel capitalismo e nel sistema di vita cosiddetto borghese. Si può anche forse dire che s1 era arrestato ad un certo punto, per cui erano passati an– che gli altri paesi, e non aveva più progredito, mentre gU al– tri erano andati innanzi fino al livello attuale. Può darsi, dico, e può essere probabile, ma ciò non mi interessa, dato che non sto facendo l'apologia della Spagna, ma solo descrivendo un 1nodo di vivere molto diverso del nostro di oggi. Mi sono cioè trovato di fron– te alla concreta realizzazione di ciò che vagamente mi ero chie– sto e avevo tentato di immagi– nare spesso, di come un popolo giunto al livello moderno, cioè con coscienza di nazione, con una tradizione culturale e ci– vile vastissima, con l'acquisi– zione della libertà ed indivi– dualità umana (umana, dico, e non politica), potesse vivere, cocretamente atteggiarsi nei rap– porti umani, nel ritmo di vita di ognj giorno, in modo diver– so dal triste e oppressivo costu– me che sembra oggi retaggio della nostra civiltà. Certo, i negri o gli indiani, a livelli evi– dentemente ben di versi, vivono in modo lontanjssimo dal no– stro: ma la loro è una lonta– nanza fondamentale, di civiltà di trarlizione <li cultura, e quin– di non servono al mio assunto. Che è come è orn1ai chiaro, questo: la Spagna è uno dei luoghi, e forse l'unico, in cui è dato osservare la di1nensione umana, jvi comprendendo il co- BibliotecaGino Bianco stume e la tradizione, della ci– viltà rnoderna senza la evolu– zione capitalistico-borghese. Il che, evidentemente, colpisce profondamente, anche se, ripe– to, non come esempio da segui– re, ma come acquisizione di una « possibjlità » solo teoricamen– te pensabile altrove, chi, come noi, si proponga il problema di nuove forme di convivenza non più basate sul metro del denaro e in cui l'uomo si in– contri con l'uomo in una legge umana e non nella legge della giungla, come tu dicevj giusta– mente in un tuo recente arti– colo. Ho avuto cioè la sensa– zione di una fermissima ade– renza ad una fondamentale ve– rità: quella della dignità e del– la solitudine e della incommen– surabilità e della superiorità sulle cose, e della infinita li– bertà dell'uomo. Tutto ciò evi– dentemente va inteso su un piano umano strettamente detto, di rapporti personali, di posi– zione dell'uomo nella socialità e non nella socjetà, che, come formazione giuridica e politica, porta oggi in Spagna tutto il peso di una grave arretratezza culturale ed economica. Volendo esemplificare concre– tamente tutto ciò, potrei dire che si ha la sensazione, neces– sariamente jntu1t1va, che in Spagna l'uomo non sia un « li– bero cittadino », un cc elettore », un « lavoratore », un « capitali– sta », ma innanzitutto e fonda– mentalmente un uomo, e ciò, non in modo astratto, come av– viene presso di noi, ma con– creto, vero, nel sentire e nel– l'agire di tutti; jl che s1 tra– duce come è evidente in un me– tro di comportamento sociale ben diverso dal nostro. Anche a proposito dell'indi– pendenza dell'uomo rispetto ai metri econom1st1c1 del vivere sj può dire, e qui si tratta di esempi marginali, se vuoi, ma per chi sappia vedere, indica– tivj, che in Spagna ha vera– mente un senso umano e mo– rale vestirsi. accuratamente, o sedere al caffè per guardare il passeggio sulle grandi strade, o suonare e cantare per la stra– da. Lo stesso tratto di dignità e cortesia che regge i rapporti umani anche ha i più umili (i mend.icanti non danno I 'im– pressione di abbruttimento mo– rale che da noi è dato consta– tare, con1e di chi appartenga ad una razza diversa e inferio– re) fa pensare ad un sostanzia– le « consenso », ad una radica– le coscienza di una comunità che appartiene a tutti, ed in cui tutti sono, pur nelle gran– dissime diseguaglianze sociali, umanamente uguali. Manca, in altre parole, Ja grande frattu– ra, che ormai si va cristalliz– zando presso di noi in contra– sto di civiltà: fra chj ba e chi non ha, fra chi abita in certi quartieri e chi abita in certi altri, tra chi ha una certa re– ligione, un certo linguaggjo, una certa cultura e chi non l'ha. Infine vorrei sottolineare la sensazjone della infungibili cà dell'uomo, della sua non valu– tabilità in term1n1 econom1c1, del rispetto continuo per il mo– do di vivere e di com portarsi altrui, che non è la tolleranza fredda individualistica degli anglosassoni, ma partecipazione alla verità che ogni uomo si sa portare in sè. Ora pensando alla nostra cj– vil tà che fa continuo commer– cio di uomini, che li valuta economicamente anche nei rap– porti più intimi, che ne rinne– ga continuamente l'infungibjlità a svolge.:.-e ciascuno il proprio lavoro, ho potuto misurare la importanza di quello che ave– vo scoperto. E vorrei insistere in questa distinzione fra zone giunte pienamente alla cjviltà moderna ma non a quella ca– pitalistica, e zone, come il no– stro Sud, ferme a livello spesso ben precedenti alla civiltà mo– derna, che non hanno mai rag– giunto una coscienza nazionale, che non hanno mai avuto una tradizione culturale comune, zone che sono assai più lonta– ne dalla nostra formazione e dalla nostra sensibilità di quan– to non sia la Sp:1gna. Poichè in Spagna il fatto forse più impressionante nel senso che ci interessa, come del resto in Francia, è quella coscienza na– zionale pienamente raggiunta e fortemente sentita, che colloca ogni uomo che nasce in una solidissima comunità di tradi– zioni e di sentimenti. Il problema che a questo punto potrebbe porsi, è quello del confronto di que ta capacità u– mana che si afferma esjstere, con le concrete situazioni poli– tica, economica, sociale, che appaiono così chiaramente e radicalmente retrive e deficita– rie in una lin1itazione fonda– mentale dj. ciò che per tutti noi è libertà. Ora io non sono in grado di esan1inare profon– damente la questione, ma solo di fare alcune considerazioni : quella radicata coscienza del– l 'uon10 e della sua individuali- 25

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