Terza Generazione - anno II - n. 12 - settembre 1954
I contadini di qui in un certo senso si sono accontentati: noi jnorridiamo davan• ti al loro bilancio, essi non se ne lamenta~ no troppo. Forse perchè sono economi di natura ed abituati alla povertà, forse per– chè hanno perso un po' della speranza nelle loro forze e non si sentono inseriti in un organismo che si evolve, ma solo acconten– tati da un potere che resta e resterà miste– rioso, composto di codici incomprensibili e di raccomandazioni. La situazione può sembrare serena, ed è \ gravissjma; chi ha un po' di solidarietà fi- nanziaria dietro di sè riuscirà nella trasfor– mazione forse, migliorerà a costo di lun– ghissimi anni di sacrificio questo reddito e permetterà ai suoi nipoti di evadere verso il regno della piccola burocrazia, i più de– boli crolleranno per strada e torneranno al bracciantato; sia gli uni che gli altri re– steranno estranei alla nostra cultura e la nostra cultura continuerà a soffrire per la cartnza del loro apporto. Bisognava che questa massa risvegliata ri– cevesse alimento per rimaner desta, biso• gnava che allo stimolo della fame e della esasperazione economica immediata suben– trasse lo stimolo di una evoluzione per un miglioramento totale, ma qui partiti e Sta• to hanno fallito. Bisognava chiarire gli o– biettivi, far convergere la carica di energia dalla ribellione alla costruzione, dall 'anti– sta to alla collaborazione e all'inserimento nella vita associata. C_iò non è esistito: la nuova Cooperativa degli assegnatari è un ufficio dell'E.R.A.S. per la concessione dei contributi, i sindaca– ti sembrano aver svuotata la loro funzione, le A.C.L.I. a stento provvedono al disbrigo di qualche pratica, i partiti aspettano per risvegljarsi le elezioni. Al risolversi sia pure parziale e incom– pleto del problema cardine della nostra struttura, la redistribuzione fondiaria e la mobilizzazione del mercato delle terre, ab– biamo avuto la netta sensazione della in– capacità della nostra cjviltà a risolvere i problemi su un piano umano totale. Mondo politico, mondo burocratico e mondo intellettuale piccolo borghese non hanno nulla da dire alle forze nuove che si immettono sul palcoscenico della storia Alla rottura dei legami di miseria non si sch.iudono orizzonti più liberi: il ciclo che si iniziava con la morte fisica minaccia di concludersi con la morte spirituale. Ho sentito i ritornelli amari contro i « galantuomini » : loro non fanno il ser– vizio militare, loro non pagano le tasse, lo– ro hanno a Palermo chi li protegge: ricor– do i volti lividi di alcuni contadini in una corriera quando jl funzionario di discreto grado vantava a voce alta il prezzo pagato ad un maggiore medico per evadere agli ob– blighi militari in una guerra, giusta o in– giusta, in cui i loro figli avevano lascjato probabilmente la pelle; ricordo i volti di al- BibliotecaGino Bianco tri contadini quando un leader politico del posto affermava corani populo che avreb– be ben trovato il modo di non pagare le multe, che, inaudjto sopruso, un ispettore del lavoro gli aveva inflitto per non aver assicurato gli operai da lui dipendenti. Come fare perchè il movimento più vi– vo della nostra civiltà meridionale non ven– ga deviato e tradjto nel suo s~orzo di auto– promozione, dall'incontro con l'apatia e l'aridità in cui vegeta la società borghese? E' la prima ribellione dei contadini sici– liani che non sj spegne nel sangue o nel nulla, ma che riesce non solo a raggiun– gere uno scopo, ma ad inserisi nel piano della modifica di struttura di questo nostro mondo in maniera costruttiva: sono i difen– sori del proprio djritto alla vita che stan– no apportando un respiro più largo a tut– ta la nostra composizione sociale, che do– mani con i loro sforzi a trasformare la ter– ra saranno gli artefici di tutto il rinnova- In '' In nome della leg– ge" Pietro Germi nar– ra una storia di conta– dini e di mafia. L I assen– za e l'insufficienza del- lo Stato in una società - per altro verso civilissi– ma, vi sono rivissute nella lotta condotta dal magistrato perchè la legge possa essere ap– plicata. I veri protagonisti del film sono i contadini che vi fanno da sf on– do, che, muti, sono l'u– nica forza che potrebbe battersi per la legge. mento della nostra economia, è un movjmen– to totale di r.icerca di una umanità più completa che pian piano minaccia di spe– gnersi per accidia, per il nostro amore di quiete. Il movimento contadino siciliano non è comunista: nella sua esigenza d_i giustizia sono presenti troppi valori che l' impostazio– ne marxista nega o trascura, ma non tro– va altra porta veramente aperta alla sua ansia di rinnovamento. Noi qualche volta gli offriamo delle leg– gi che possono essergli utili, ma esso ha in– nanzjtutto bisogno di compagni di strada, di testimoni di una dimensione di esistenza che porti ad una più grande liberazione dell'uomo. Dove li troverà? Noi che abbiamo tradi– to noi stessi, minacciamo ad~sso di tradi- re i fratelli più semplici che vengono ad unirsi a noi. CAROLA Guc1No 9
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