Terza Generazione - anno II - n. 8 - maggio 1954
L'Europa si può costituire soltanto sco prendo le giuste integrazioni tra le nazioni che la compongono, ossia scoprendo il vero valore e significato nazionale di ciascuna di esse di fronte ai problemi dell'unità mon diale. In questi termini si rinnova la compren- sione di una giusta integrazione dell'Italia con i paesi arretrati, e di una sua rinno– vata funzione nei confronti dei paesi afri– cani e dei paesi asiatici. Il condominio dell'Italia da parte di tutte le forze che oggi dividono materialmente il niondo, se risolto in un superamento reci– proco nella ricomposizione delle società ci– vili ai fini di uno sviluppo omogeneo, sa– rebbe un non indifferente contributo del nostro paese alla causa della pace e del– l'unità mondiale. Ala da tali condizioni non può venire per noi italiani che una pro– fonda responsabilità: quella di rispondere se– condo la nostra vocazione nazionale e se– condo la nostra cultura e il nostro modo di partecipare dell'umanità al massimo proble– ma che ci trovianz.o di fronte: quello della ricostruzione dello Stato. E' questa l'unica strada che abbiamo per salvare la nostra indipendenza nazionale e la nostra figura storica, rendendola ancora una volta indi– spensabile allo sviluppo dell'umanità. Comunisti, notabili e contadini Non possiamo dinienticare in questa ra– pida valutazione dei problemi che rimango– no a nostro avviso scoperti, dalla qualifica– zione culturale propostaci dal " A1ulino ", la maniera con cui viene affrontato l'esistenza del comunismo in Italia. Per la cultura tradizionale si impone sem– plicemente il problema del recupero; in real– tà nelle nostre zone depresse il recupero ap– pare quanto mai irrealizzabile: le forze de– mocratiche si presentano di fronte ai pro– blemi del Mezzogiorno come caste invec– chiate, ed il comunismo guadagna terreno a causa della crisi dei notabili. Nè d'altra parte ai contadini meridionali è offerta nessuna altra seria alternativa: o con i notabili e con le caste o con il co– munismo. Su queste basi non si può seriamente ten– tare alcuna forma di recupero che non sia velleitaria. D'altro lato i comunisti pongono un pro– blema ben altrimenti grave: quello della ma– turazione dei contadini meridionali in an– titesi incomponibile con le forze che sor– reggono lo Stato in Italia. A lungo andare il problema di uno svi– luppo omogeneo in Italia verrebbe rapida– mente compromesso nella riduzione sempli– ce, che di esso fa il comunismo, alla espe– rienza. sovietica. E' difatti altamente im– probabile che il comunismo possegga in Ita– lia i mezzi e gli strumenti per risolvere la questione nazionale senza snaturare i ter– mini in cui esso proble1na si pone. D'altro canto la conquista del potere in Italia riserva ai comunisti delle sorprese cer– tamente superiori alle esperienze già diffi– cilissinie dei paesi a regime di democrazia popolare. Porre in termini nuovi ed originari il pro- blema di una forza statale e di una matu– razione allo sviluppo dei contadini meri– dionali, significa prendere l'iniziativa nei confronti del comunismo per un supera– mento dei termini antitetici in cui esso nia– tura rispetto allo Stato e per una effettiva utilizzazione delle esigenze che esso rappre– senta; ai fini della ricomposizione della so– cietà civile. "/viauna scelta è certa: non si può proce- dere sulla via dello sviluppo con i notabili; all'alternativa tra le caste meridionali e co- 1nunisti bisogna saper proporre in termini efficienti una alternativa tra i contadini me– ridionali e i comunisti. Altrimenti il risultato di queste nostre vi– cende e quel che più conta delle vicende dello Stato in Italia, non può essere che quello che tutti prevediamo. Tra problema e· sistema Come dicevamo all'inizio noi non abbia– mo la pretesa di contrapporre al sistema del– la cultura esistente un sistema altrettanto finito ed articolato: cerchiamo di esprime– re un problema che ci sembra non risolto da quel sistema. Ben facilmente quindi gli amici del "Mu– lino " possono confrontare la compiutezza della loro cultura con l'incompiutezza del nostro problemismo. Ma visti in questi ter– mini i problemi che abbiamo esposto pos– sono tuttavia giustificare un diritto di cit– tadinanza della nostra voce fra i giovani ita– liani. E alla luce di questi problemi si po– tranno spiegare anche certi nostri discorsi che hanno sollevato sp~sso aspre critiche. La vastità del problema e gli insufficienti mezzi a nostra disposizione, attualmente, per risolverli, hanno sviluppato in noi il pro– f onda senso della crisi, l'atteggiamento di ricerca di un superamento dei limiti del– l'epoca moderna, una spinta verso la costru– zione di una autonomia civile. E' alla luce di questo problema che an– che il nostro porre l'accento sui compiti straordinari della nostra generazione trova una sua non effimera giustificazione. Ma più nel fondo e alla radice di queste posi– zioni d'atteggiamento si ritroverà in noi il tentativo di comprendere in maniera più esatta il problema dei rapporti tra Stato e società civile. Quando gli amici del '' Mu– lino '' parlano della loro esperienza e di– cono come il 7 giugno aveva fatto loro com– prendere la necessità di reperire una nuova dimensione d'iniziativa, quando dicono che sembrava loro essere questa una crisi della società civile ed essere sulla societa civile che bisognava anzitutto operare, quando poz. aggiungono che tale necessità non poteva ri– solversi che nel problema dell'egemonia de– gli intellettuali democratici da realizzarsi ,;olo con la conquista e la direzione dello Stato e quando aggiungono infine che Jopo le amare esperienze dei partiti e nei partiti, erano da mutare completamente le tecniche e le modalità di esecuzione, noi sentiamo di aver perduto dei compagni per strada. Sen– tiamo che la loro esigenza di ricerca delta dùnensione statale della società civile e del suo autono1no sviluppo si è fermata al pro– blema delle forze politiche e del loro ram - modernamento tecnico. Noi andia1no invece più oltre e pensiamo di non misconoscere la funzione delle for– ze politiche e di non tradire il nostro sen– so dello Stato quando cerchiamo nel più profondo della società civile, nelle relazioni umane, nelle primarie prese di coscienza, l'inizio di quelle forze morali che sono alla base della nascita e dello sviluppo dello Stato. Nè per questo consideriamo la socie– tà civile come una cosa separata dallo Stato, ma anzi la matrice stessa di esso, la sua dimensione dal basso, il luogo di origine delle sue istituzioni, il luogo di nascita dz sempre nuovo diritto. Dovremo ancora, e sarà compito della nuova cultura, definire in termini esatti que– sti rapporti fra società civile e Stato, fra gli uomini comuni e i mezzi per dirigere la storia. Però sentiamo di essere a questa via co– stretti, dall'ampiezza e dalla ineluttabilità dei problemi che la situazione storica ci pone. "!via non è su queste discussioni, nella ricerca delle definizioni che il colloquio sarà proficuo: noi pensiamo invece che sia stato più utile centrare il nostro sguardo sui pro– blemi, perchè è attorno ai problemi che i diversi punti di vista possono concretamente aiutarsi e reciprocamente confortarsi per il raggiungimento di un fine che è senza dub– bio comune. BARTOLO C1ccARDIN1 (1) Sarebbe più proprio parlare in questo caso di istruzione: ma tant'è, poichè nonostante tutte le dichiarazioni ed i nobili sforzi l'educazione non si è differenziata mai dell'istruzione. Poichè è sempre volta a tra– smettere a chi non li ha i dati acquisiti dagli altri uomuu e non a far emergere in lui l'uomo infungibile ed il suo destino sto– rico. (2) Intendiamo riferirci soprattutto all'in– fluenza del pensiero di Gramsci, che nono– stante le molte chiose e commenti, non ha prodotto sostanziali mutamenti nell'atteggia– mento illuminista degli intellettuali. Fra i quali, quelli comunisti meriterebbero un di– scorso a parte. oma n. 4040 del -7-1954 • Spediz. in abbon. post. Gruppo Ili • Tip. Laboremua - Via Capo d'Africa, 52 . Roma (7-1954)
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