, DA VENEZIA: UNA LUNGHISSIMA GIOVENTU', UNA LUNGHISSIMA INCERTEZZA Valerio Belotti La ricerca di-cui siparla in questo articolo è stata svolta dalla Fondazione G, Corazzin di Mestre per conto dell'Assessorato alle politiche sociali di Venezia. Si è trattato di una grande indagine che ha coinvolto circa un migliaio di giovani tra i 15 e i 29 anni, ai quali sono stati proposti una serie di quesiti riguardanti diversi aspetti della condizione giovanile: il lavoro, lo studio, lafamiglia, il tempo libero, gli interessi, il disagio, gli orientamenti di valore. Per i criteri scientifici con cui la ricerca si è svolta si può senz'altro dire che i risultati ottenuti sono rappresentativi di tutta la popolazione giovanile residente nel Comune. I risultati e le analisi definitive di quanto raccolto verranno presentate in forma pubblica entro il mese di giugno. (V.B.) Valerio Belotti, sociologo della fondazione Corazzin, è responsabile del Centro Nazionale di Documentazione e Analisi sui Minori in Italia. ♦ Una lunghissima gioventù Raramente si pensa alla gioventù come a un esito nuovo dei processi di trasformazione della società attuale. Nel recente passato questa condizione era limitata a una breve fase del corso di vita, a pochi anni, mentre oggi essa è in continua dilatazione e tende a inglobare porzioni sempre più consistenti della popolazione. Naturalmente ciò non è dovuto a modifiche di tipo amministrativo che hanno definito maggiori limiti di età, ma all'affermarsi di molteplici processi sociali che negli anni recenti hanno contribuito a dilatare quella che era una fase di passaggio dal mondo dell'infanzia a quello adulto. Tra questi fattori va annoverato principalmente l'allungamento dei percorsi scolastici sia dei maschi che delle femmine, tanto è vero che oggi nel periodo "terminale" della gioventù, quella dei giovani tra i venticinque e i ventinove anni, studia ancora un giovane su cinque e ciò indifferentemente dall'appartenenza di genere, e cioè dall'essere maschio o femmina. Una situazione che interessa invece in modo pressoché globale i giovanissimi. Ma non si tratta solo di questo. L'aspetto forse più eclatante e "tipico" della situazione italiana e di quella veneziana è il prolungamento della permanenza dei giovani in famiglia: la quasi totalità (84%) dei giovani tra i 15 e i 29 anni continua a vivere con i genitori. Più in dettaglio, ancora a 29 anni, meno della metà dei giovani ha una propria organizzazione di vita autonoma diversa da quella della famiglia di origine. È solo nel trentesimo anno di età, che la metà circa dei giovani diviene adulta èlal punto di vista familiare, ma nuovamente a 33 BUONI E CAIT/VI anni un giovane su quattro non è ancora uscito di casa e ciò coinvolge in misura maggiore i maschi (circa 1 su 3). Solo in parte si tratta di fenomeni conseguenti alle carenze del mercato abitativo seppure nello specifico locale molto evidenti. Si tratta anche di esiti che hanno a che vedere con le trasformazioni culturali che in questi anni hanno investito la famiglia in modo molto radicale e repentino. Infatti, se per qualche verso si può dire di essere di fronte a dei giovani privi di una forte tensione a una propria organizzazione autonoma di vita, si registra anche una nuova tensione dei genitori a valorizzare la presenza dei figli in famiglia, anche ad età avanzate. La famiglia di oggi è profondamente diversa da quella di ieri; ha subito cambiamenti importanti che hanno ridefinito i ruoli interni, e i rapporti tra genitori e figli non sono più contrassegnati dagli autoritarismi che connotavano le famiglie dei "giovani contestatori" di fine anni Sessanta. Il prolungamento della permanenza in famiglia non può essere invece letto oggi come un esito di presunte difficoltà occupazionali dei giovani. Se è pur vero che il veneziano risulta una delle aree territoriali più problematiche i dati dell'indagine sui giovani mostrano pochi problemi da questo punto di vista, anzi rivelano una permeabilità dei giovani veneziani alle esperienze di lavoro abbastanza accentuata rispetto a quella che caratterizza, ad esempio, i loro coetanei a livello nazionale. Spesso si tratta di esperienze di lavoro parziali, saltuarie, ma sempre più diffuse e vissute in modo attivo, non subite in virtù di carenze occupazionali. La mancata formazione da parte dei giovani di una propria e autonoma organizzazione di vita, distinta da quella della famiglia di origine, può essere interpretata come una mancanza di tensione verso l'ingresso nella fase adulta in cui si assumono delle scelte spesso impe~native del proprio futuro. Ciò non si verifica però in altri ambiti di vita. Anzi, proprio questa situazione di dipendenza si accompagna a livelli di autonomia giovanile sempre più elevati: nei consumi, negli acquisti, nei gusti, nei rapporti sociali, nei rapporti sessuali e di coppia, in quelli associativi e, per certi versi, in quelli lavorativi spesse volte cambiati e rifiutati. Così, il 64% dei giovani veneziani trascorre, con particolare frequenza, dei fine settimana fuori casa; il 65% compera abbastanza regolarmente dei dischi oppure, dato niente affatto da sottovalutare, dei libri non scolastici; il 61 % ha una radio a uso del tutto personale così come il 48% ha uno stereo strettamente personale e il 55% noleggia regolarmente dei video. Una lunghissima incertezza La compresenza di condizioni di dipendenza e di autonomia permette il prolungamento di alcuni vantaggi tipici delle fasi di transizione come, ad esempio, la possibilità di compiere in alcuni ambiti scelte sempre e comunque reversibili senza oneri individuali eccessivamente pesanti, comunque assorbibili all'interno della protezione offerta dalle reti familiari.Come se si provasse a fare gli adulti senza volerlo diventare, come se il tempo degli impegni futuri e decisivi fosse sempre e comunque rimandabile a un domani di cui non si avverte affatto la necessità.
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