La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 15 - maggio 1996

sere rispettati, voglio no il potere decisionale sulle proprie questioni fondamentali, rifiutano qualsiasi relig10ne e forma di organizzazione imposta dall'esterno, esigono il rispetto delle autorità tradizionali delle popolazioni. Ebbene, se si concorda sul fatto che quello che le popolazioni indigene vogliono è l'autodeterminazione e quindi l'autonomia necessaria per raggiungerla, rimane da stabilire il grado di questa autonomia. Esistono due posizioni. La prima è a favore dell'autonomia delle comunità con la trasformazione del municipio non più limitato esclusivamente al capoluogo mumcipale ma inteso come struttura che preveda la partecipazione diretta delle popolazioni. L'altra posizione sostiene che il livello di autonomia deve essere maggiore, altrimenti la comunità non può svilupparsi politicamente, e che riconoscere la comunità equivale in realtà a riconoscere un dato di fatto e quindi dei "diritti minori"; il riconoscimento di diritti maggiori e più importanti risulterebbe invece da un'autonomia su scala regionale, un gradino sopra al municipio, una sorta di livello intermedio tra questo e gli organi federali. Il rischio di questo bipolarismo è che si potrebbe perdere di vista l'obiettivo fondamentale della rivendicazione dei diritti delle popolazioni indigene intesi come diritti specifici e diversi da quelli della cosiddetta società nazionale o globale. Se la prospettiva comune è promuovere lo sviluppo e il rafforzamento delle diverse culture intese nel senso più ampio del • termine - diritto, visione del mondo, rapporto con la natura, organizzazione sociale - si pone la questione se sia opportuno, a questo scopo, aumentarne l'autonomia dall'esterno con un decreto, quando in realtà è all'interno delle comunità che si è verificata una certa resistenza. Le popolazioni indigene continuano a esistere attraverso e grazie alla dimensione attuale. Non sarebbe forse più opportuno rafforzare le comunità, ripristinare diritti che sono stati loro negati, riconoscere loro l'autorità necessaria affinché a quel punto siano esse stesse a decidere come ampliare la propria autonomia? Non dovrebbero essere le popolazioni indi~ene stesse a recuperare le opportunità e i diritti comunitari e municipali e a ricostruire i rapporti con la società non indigena secondo tempi e ritmi propri? La richiesta di democrazia cittadina, di autonomia municipale autentica è la richiesta dei messicani in generale. Non sarebbe più opportuno per gli indios unirsi in una lotta a livello nazionale yer dare voce alle proprie rivendicazioni spJcifiche, fare pressione per un municipio con una struttura diversa e per governi nazionali con maggiori risorse fiscali? Dal punto di vista costituzionale il riconoscimento della comunità come unità amministrativa richiede una riforma dell'articolo 115. Un'alternativa per la richiesta di autonomia regionale sarebbe quella di esercitare il potere, già proprio dei Congressi locali, di congiungere i municipi o fonderne due o più. Il problema dell'autonomia non riguarda il grado di autonomia in sé, ma consiste nel fatto che alle comunità indigene sono stati negati diritti fondamentali. È evidente l'urgenza di porre fine alle varie intermediazioni che escludono gli indios, come nel caso della loro partecipazione diretta al processo decisionale. Per essere coerenti con i principi del multiculturalismo dobbiamo tenere presente la specificità della situaPIANETA TERRA zione delle popolazioni indigene e che non dobbiamo imporre né un modello né una dimensione esterni, come non dobbiamo dimenticare che vanno rispettati anche gli interessi e i diritti delle popolazioni non indigene, della società nella sua totalità. La rappresentanza politica delle popolazioni indigene Un altro dei problemi cruciali nel rapporto delle popolazioni indigene con lo Stato e con i partiti politici è la loro esclusione dalla partecipazione diretta a tutti i livelli del governo. La mancanza di un riconoscimento costituzionale alle forme di organizzazione sociale e politica indigene deriva dalla presunzione di unporre uno schema di partecipazione politica omogeneo, uniforme e con pretese naziortali. Attualmente questa è l'ottica dei partiti che finora non si sono preoccupati di cercare di ottenere degli SJ?azi che possano includere le popolazioni indigene. In pratica si sono limitati a occuparsi degli indios nelle campagne elettorali o, ultimamente, a menzionarli nei loro programmi politici. Nel caso dello stato di Oaxaca le popolazioni indigene hanno un sistema di cariche annuali non remunerate, scelgono tre presidenti municipali e ogni anno chiedono il permesso di insediarsi secondo l'ordine stabilito dalla comunità. Recentemente si è ottenuto che queste pratiche fossero incluse nella legge elettorale per il livello municipale: adesso i candidati comunitari saranno riconosciuti indipendentemente dai partiti. La reazione delle popolazioni indigene di Oaxaca di fronte a una riforma che legalizza una delle loro pratiche ha superato il record di diffusione e adozione di una riforma: in un mese e mezzo 390 municipi l'hanno adottata. La leadership indigena chiede spazi per partecipare al Congresso federale e a quelli locali e alcuni sono a favore della creazione di una circoscrizione speciale per le popolazioni indigene come unico modo per rompere il cerchio dell'esclusione. Il problema di questa proposta risiede nei criteri di definizione della rappresentanza po1itica degli indios. Chi rappresenterà, _per esempio, i tojolabales o i tarahumaras? E la stessa cosa essere deputato indigeno tarahumara o rappresentante della comunità tarahumara al Congresso federale o a quello locale? Un'altra proposta consiste in una modifica dei distretti elettorali per facilitare alle popolazioni indigene la scelta e il voto di un proprio candidato. In ogni caso si mantiene il percorso obbligato dei partiti come unico meccanismo di accesso alla rappresentanza politica, un sistema che è rimasto estraneo alle popolazioni indigene e che ha sempre provocato divisioni al loro interno. ♦

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==