La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 13 - marzo 1996

"AMICI" TELEVISIVI: L'ILLUSIONE DI SIGNIFICARE QUALCOSA Michele Colucci Nel rapporto sempre più angosciante e totalizzante tra televisione e rappresentazione della realtà, fattosi progressivamente più furbo e quantitativamente molto più rilevante negli ultimi tempi, mancava proprio una zona "seria" e complice dedicata al redditizio e abbondante mondo dei giovani. "Amici" ha sicuramente colmato questo vuoto, inserendosi perfettamente nel panorama televisivo, interpretando e sfruttando con abilità il protagonismo tradizionalmente presente nell'universo giovanile e la sua eccezionale necessità di solidarizzazione e partecipazione. La struttura della trasmissione ricalca il modello della classica trasmissione "impegnata" social-popolare, raccontando storie realistiche tratte dalla vita quotidiana di famiglie o gruppi vari di l?ersone, affidando il dibattito a ragazzi e adulti, riuscendo a scavare nella vita privata dei protagonisti, che, ecco una delle numerose caratteristiche in quietanti del programma, si concedono totalmente all'incattivita e impietosa arena in cui sono inseriti. In onda due volte la settimana il programma si basa sulla discussione dei classici e abusati "problemi dei giovani", spaziando dai drammi familiari alla droga, dall'amicizia alla scuola; muovendosi con abilità e furbizia tocca gli argomenti e i luoghi comuni che più stanno a cuore agli adolescenti e fornisce generalmente delle cure, dando numerose risposte e puntando alla dimostrazione di avere, grazie alla Dea Televisione, risolto il caso o quantomeno aiutato i suoi malcapitati protagonisti. Il tutto col tipico, estenuante, scontato e rozzo "linguaggio dei giovani", elemento portante e filo conduttore della trasmissione, perfettamente integrato nei meccanismi televisivi, a dimostrazione della sua disarmante semplicità e plasmabilità ma soprattutto della sua genesi e origine inequivocabilmente televisiva. Sulla scia di esperimenti già collaudati e proficui "Amici" si inserisce quindi prepotentemente nel fortunato filone drammatico-spettacolare, ade~uando stili ed espressioni a una platea giovanile che riesce sapientemente a intrattenere e, addirittura, ad animare. Da segnalare la figura centrale e dominante della conduttrice, solo apparentemente neutrale, che si impone non solo come tipica moderatrice dinamicamente berlusconiana ma anche come una sorta di guida pedagogica ed educativa, rigorosamente suprema e super-partes. Fin qui tutto è drammaticamente e tristemente normale: abbiamo l'impressione di trovarci davanti a un classico esempio di "neorealismo televisivo" odierno, carico come al solito di drammi, entusiasmi e idiozie. Ma forse c'è, se possibile, qualcosa di più preoccupante del solito. Innanzitutto colpisce il successo spaventoso della trasmissione, che vant;i da 7 a 10 milioni di spettatori a puntata (si sta preparando addirittura una sua collocazione quotidiana), un dato che fa impressione perché ne indica il successo anche presso un pubblico "non giovane", perché aumenta la popolarità dei protagonisti, investiti quindi di una importanza sempre maggiore, perché mette in luce un esercito di fedelissimi teles)?ettatori, che si possono inserire nel clima particolarmente comunitario della trasmissione (i ragazzi in sala sono, ad esempio, sempre gli stessi, e vengono familiarmente chiamati per nome dalla conduttrice) e ne possono facilmente e immediatamente subire fascino e influenza. Il fenomeno assume quindi le caratteristiche di un reiterato evento di massa che tende a superare i confini del mezzo televisivo e a costituire un "unicum" con gli spettatori, i quali si sentono al_ tempo stesso spettatori e protagonisti. Altra costante del programma è il carattere immediato, brutale e definitivo delle opinioni espresse dai protagonisti: praticamente i ragazzi, di fronte a situazioni vere o in ventate che siano, gravissime, e a questioni spesso fondamentali e complesse, emettono di volta in volta delle sentenze dirette, spietate, immature, spesso contestate ma comunque agghiaccianti nella loro violenza. Una nota particolarmente triste, inoltre, è costituita dagli adulti, messi sullo stesso piano dei ragazzi e anche loro orribilmente urlanti e pontificanti, costretti in un ruolo di vittime e attaccati violentemente e continuamente, come in una penosa vendetta giovanile collettiva nei loro confronti: la loro presenza sembra una sorta di completamento della grottesca rappresentazione della società famigliare-televisiva messa in scena. A incrementare e confermare la forte caratterizzazione meta-televisiva del programma c'è poi la continua e assidua presenza dei suoi protagonisti su riviste e rotocalchi giovanili. Questo fa di loro dei leaders e degli opinionisti, dà loro carisma e prestigio, e provoca così negli adolescenti italiani una vera epropria "sindrome da Amici", incentivando ulteriormente la malsana atmosfera familiare e collettiva della trasmissione. La gioventù raccontata e sfruttata da "Amici" è sicuramente soddisfatta, ha trovato quello che nessuno riesce più a darle, ascolto e partecipazione, passione e discussione, e ha completamente annientato ogni barriera di distinzione tra pubblico e privato, tra finzione e realtà, tra intrattenimento e ragionamento. Cresce e si forma passivamente, non si accontenta più di guardare semplicemente la televisione, ma la vive e la "penetra" entusiasticamente, e si illude così di significare qualcosa. ♦ SUOLE DI VENTO

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