La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 13 - marzo 1996

ze_llett~al p_?ema,dalla tele~ovela allo spot. La mia amma e un cartone ammato, è un cartone animale, la mia anima è un anime, un cartone animato giapponese. In un certo senso lo sapevo già di avere questo fantoccio dentro di me, ma una volta pensavo che fra i due lati della mia indole ce ne fosse uno più autentico del1'altro: naturalmente ero convinta che il lato vero fosse quello immateriale, il lato fatto di sentii:nenti sinceri. (...) 9gni volta che mi appoggiavo alla gamba s1mstra, quella di cartapes~a,sentivo un rumore fasullo sul marciapiede: mente paura, mi dicevo, è solo il pedaggio da pagare al mondo, è tutto quello che non mi appartiene veramente e che mi ha colonizzata, intossicata, sofrsticata. (...) (Ma dopo aver assunto lo pseudonimo di Maria Grazia Graticola) eccomi diventata anche qualcun'altra, altroché (...) mestessa: ioaltra, semmai. Mestessa è solo uno fra i tanti personaggi che gli altri mi hanno trapiantato dentro. La più sopravvalutata delle protagoniste, il mito più potente. Devo smetterla di rivolgermi a lei - come se andassi in pellegrinaggio dentro di me - per le questioni che mi toccano davvero." (pp.61e 63) I temi e lo stile hanno pochissimo a che fare con la "giovane letteratura" italiana di questi anni: qui non c'è l'euforia scema di Rossana Campo né la rabbia entusiasta di Brizzi. Siamo semmai dalle parti di certi giovan i narratori statunitensi particolarmente cupi (tipo quelli dell'antologia edita da Theoria), di certe sensibilità brucianti e depresse di scrittori che sono ~ià oltre il manierismo, il post-moderno ecc., m u_naterra di nessuno dove ci si aggrappa a ogm brandello di umanità, o ci si rinchiude nel proprio gelo e squallore per non confèssare, se non per assenza e come di un Deus absconditus la propria sconfinata tenerezza per le cose del ~ondo, per pornografiche o plastificate che siano. Anche la disumanità di Alfredo è dunque vista da Scarpa come qualcosa di "sensato", una malattia mortale che però vuol dire qualcosa e ci può essere utile. E la crudeltà di Scarpa, il suo espressionismo che nasce da un estremo pudore, ci sono sembrati in alcuni punti vicini al mondo di un grande artista in- .giustamente santificato, Andrea Pazienza, cui il romanzo deve molto, non tanto linguisticamente (come il Jack Frusciante) quanto come atmosfere, come urto fra naturalismo bruto e slanci patetici. . I piccoli cyborg di Scarpa crescono, insomma, e invecchiano, e non sanno se coltivare il proprio lato umano troppo umano o vergogi:-a,~se~e c?me di_~n handicap, perché di questi residui umam non sanno bene cosa fare. La protagonista però sa per intanto di essere cyborg e non si piace; e Scarpa, meno ironico spassionato post-moderno di quanto voleva far credere, alla fine fa vincere lei. (E sì, anche questa nota è scritta tutta tifando per un 2ersonaggio del libro contro un altro, il che forse non è molto corretto; è che, come dicevamo, non sono solo personaggi, sono due approcci a_lmondo che ugualmente tentano, e che sentiamo ugualmente possibili oggi per tutti noi piccoli cyborg.) ♦ SUOLE DI VENTO CRONACHE UNIVERSITARIE ...E MUSICA FrancescoFeola Francesco Feola, laureato in storia della lingua italiana a Roma, collabora a "I siciliani". ♦ Prologo. Roma, Università La Sapienza. Il secolare torpore del dipartimento d'Italianistica è interrotto dall'abbandono del suo più noto esponente - nonché direttore per dodici lunghi anni - Alberto Asor Rosa, il quale si dichiara stufo dell'immobilismo e dell'eccesso di burocrazia che vi regnano, e dichiara alla stampa, ma non ai colleghi professori, di aver fondato un altro dipartimento (di "Studi linguistici e letterari") assieme a Tullio De Mauro. Non contento, Asor Rosa attacca anche Gi1;1lioFerroni,_macchi_atosidi varie colpe, non ultima quella d1 aver disprezzato un suo libro. Immediate e accanite le repliche di Ferroni, che, in articoli e interviste, ricorda ad una ad una le malefatte di Asor Rosa, daridogli del burocrate e del barone. Antiprologo. Doveva essere lo scorso settembre, o forse un 20' prima. In un'intervista a "Repubblica" Alfonso Berardinelli spiegava le ragioni del suo addio all'insegnamento: impossibilità di svolgere l'attività di docente per eccesso di burocrazia; frustrazione per la disattenzione della strut~ra universitaria verso gli studenti. Pochi giorni dopo Ferroni gli rispondeva sullo stesso giornale con un ragionamento di due colonne che, dietro l'amichevole invito a non mollare, mal celava la sostanziale indifferenza ai p~oblemi sollevati dal collega veneziano. Sei mesi dopo ecco un Ferroni nemico dei baroni e partecipe della sorte degli studenti. Ossimori. È appena uscito in libreria Versi Rock. La lingua della canzone italiana negli anni '80 e '90 (Rizzoli, 397 pagine, 24.000 lire). Otto dei quindici autori sono under 25 (gli altri sette, chi più chi meno, over); hanno un altro libro alle spalle (La lingua cantata. L'italiano nella canzone dagli anni Trenta a oggz) e soprattutto hanno il grande merito di aver studiato un settore della nostra lingua solitamente trascurato, ma che tanta influenza ha sulla vita e sulla cultura popolare. Si pensi, alla fortuna del sintagma "croce e delizia", entrato nella lingua comune quando l'opera lirica era un genere popolare; ma si pensi anche ai mutamenti sociali prodotti dal rock e dalla conseguente nascita di un nuovo pubblico (di consumatori), quello giovanile. · Domanda da cento milioni: a quale diparti-

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