tore della volontà dei cinici arrivisti di cui si circonda. Ha giurato di costruire lo stato del popolo per il popolo e invece ha edificato una piramide burocratica sul popolo e contro di esso. Nel far ciò, rigettando i valori e i principi democratici, ha fatto continuamente appello alla democrazia, cosicché qualche ingenuo può tuttora pensare che al potere del Cremlino si trovino i "democratici". La parola stessa è stata compromessa dalla Sua politica, e se in Russia la democrazia è destinata a sopravvivere (cosa di cui sono convinto), essa vivrà certo non grazie a Lei, ma Suo malgrado. Personalmente sono amareggiato dal fatto che lei abbia smarrito se stesso, non sia stato capace di trasformarsi da segretario di comitato regi o nal e a uomo. Eppure avrebbe potuto. Ha fatto la Sua scelta. Presto sce~lieremo anche noi. Oggi Lei si propone come l'unica alternativa a Zjuganov e a Zirinovskij. Invano: tra voi sono più le affinità che le differenze. E se ci toccherà scegliere tra di voi, la libera espressione della nostra volontà assomiglierà più di ogni altra cosa alla scelta di una "cricca" criminale. Molti daranno a malincuore il proprio voto a colui dal quale si aspetteranno un briciolo di angherie e di pericoli in meno. Io non sosterrò organicamente né i "rossi" né i "bruni". Ma non voterò neanche per Lei. E consiglierò ad altre persone oneste di non farlo. Consideravo mio dovere rimanere sia pure su "basi sociali" nella Sua amministrazione, finché il mio status mi permettesse almeno in casi isolati di oppormi alle tendenze illegali e antiumanitarie della politica statale. Forse queste possibilità non sono ancora del tutto esaurite. Ma non posso continuare a lavorare con un presidente che non considero un fautore della democrazia., né un garante dei diritti e delle libertà dei cittadini del mio paese. La informo dunque che da oggi non sono più né presidente della Commissione per i diritti umani presso la presidenza della federazione Russa, né membro del Consiglio e delle altre strutture presidenziali. Non credo che si rammaricherà del mio abbandono. Neanch'io. ♦ YQQ. NORD-SUD Parole nuove contro il degrado Alex Zanotelli a cura di Federica Bellicanta Da quando è tornato da Korogocho, infernale periferia di Nairobi, padre Alex Zanotelli non ha mai smesso di girare l'Italia, di incontrare gruppi, associazioni, vecchi e nuovi amici per dialogare e tentare di "mettere in rete" quello che lui chiama il "sommerso" della società italiana. Allontanato dalla direzione di Nigrizia più un decennio fa per le sue scomode denunce sull'intreccio tra traffico di armi e cooperazione, ha trascorso gli ultimi cinque anni nella baraccopoli della capitale del Kenia. Ad Alex Zanotelli abbiamo chiesto di dare un giudizio sul nostro paese e sull'Europa proprio dalla prospettiva di Korogocho, con gli occhi di chi ha condiviso miseria e disperazione dei più poveri tra i poveri della terra. Naturalmente nelle parole di Zanotelli, oltre a una diagnosi e a una fotografia appassionata del Nord del mondo, ci sono anche consigli e provocazioni, c'è un'esortazione al coraggio del cambiamento e anche un invito a disfarci del vecchio e ormai sp~nto voca_bolarioper riscoprire, tramite parole nuove, quei valori di cui oggi si sente più che mai il bisogno. Lo abbiamo incontrato alla periferia di Piombino, nella parrocchia del Cotone, quartiere grigio e fuligginoso ai margini delle acciaierie, tristemente illuminato dai bagliori delle fiamme che escono dalle ciminiere degli stabilimenti. Era impegnato in un'appassionata discussione con alcuni giovani - cattolici e non - che, seppure in modo diverso, sono a contatto con quel campo vasto che oggi, sbrigativamente, viene definito "sociale". Prima del testo dell'intervista che Zanotelli ci ha rilasciato, riportiamo alcune battute dell'interessante scambio di idee a cui abbiamo assistito. Zanotelli non è il protagonista del dibattito: si è piuttosto limitato a fare da "levatrice", a stimolare la riflessione e a incoraggiare i giovani a prendersi 9uegli spazi - di parola, di azione - che, proprio perché sistelT'.aticamente negati alle voci controcorrente, non possono essere trascurati né considerati inessenziali. I protagonisti di questa discussione rimangono anonimi. Zanotelli: "Quando sono arrivato in Italia ho sentito le sparate sugli immigraci del senatore Boso. Lui e nessun altro, nessuna voce autorevole che intervenisse con forza per prendere posizione contro quelle bestialità. Come pure nessuno ha colto l'occasione per farsi sentire quando il senato, poco tempo fa, ha discusso sulla possibilità di rivedere la legge 185 che disciplina il commercio delle armi. Niente campagne, niente dichiarazioni. E invece bisogna parlare, dobbiamo tradurre l'incredibile ricchezza dell'associazionismo italiano in peso politico. Tanto più che la politica dei partiti ormai è solo un fantoccio dell'economia". Primo giovane: "Ma parlare non significa confonderci nella babele di voci che circolano in giro? A me sembra che il nostro specifico sia un altro e che sia questo che dobbiamo preservare". Secondo giovane: "Non sono d'accordo. Non possiamo più coltivare il nostro particolare, dobbiamo riversare il nostro bagaglio esperienziale nel politico, nella promozione di una coscienza civile. Non possiamo farci convincere da chi, per tenerci buoni, ci ripete continuamente: 'Prima cambiamo noi stessi, poi guardiamo alla società'. Non è vero, il ragionamento non funziona, perché le due cose devono andare parallelamente". Terzo giovane: "Secondo me bisogna riscoprire la cultura della contrapposizione,
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