Gray non lo ha mai letto. Weber non solo ha parlato di un "_politeismo dei valori", ma lo ha esplorato con meguagliabile profondità. Una delle critiche fondamentali che si possono muovere alla formulazione di Berlin del problema weberiano del "politeismo" è proprio il suo scarso spessore sociologico, la sua formulazione in termini filosofico-astratti. Esaminiamo ora quali sono le teorie contrarie al principio dei valori intrinsecamente inconciliabili e chi fu il fautore dell'opposta teoria di un'armonia razionale di fondo. Senza dubbio la visione della storia di Hegel era che, in sostanza, tutte le differenze devono allo stesso tempo essere appianate e mantenute. L'enorme varietà di culture e di sistemi politici contribuisce a formare un ordine superiore, una grande sintesi fi_nalein cui una parte di essi (la migliore) sopravvive. Marx sembra essersi appropriato di questa illusione: con il comunismo tutti i valori, tutti gli stili di vita coesisterebbero senza alcun problema di coordinamento. L'organizzazione sociale comunista dovrebbe essere· una sorta di mega-comune bohemien, con ruoli non prefissati e intercambiabili per tutti coloro che vi partecipano. Agricoltori, pastori, pescatori e critici vanno ognuno per la propria strada, e nessuno di loro vuole arare se un altro vuole coltivare a pascolo, né si contendono lo spazio nelle riviste critiche disponibili. Gli hegeliani e i loro discendenti marxisti non sono gli unici candidati a portare il fardello delle pericolose idee del riccio sulla convivenza armoniosa dei valori. Gli utilitaristi, proponendo un'unica scala di valori (la felicità, il piacere), sostenevano che esiste un lato positivo in ogni situazione sfavorevole, una soluzione nota come quella del male minore. Mi sembra che i numerosi filosofi che accettarono i principi della ragione ritenendola in grado di fornire un'unica e imprescindibile soluzione, lo fecero non perché non erano in grado di percepire la conflittualità e l'incompatibilità reciproca dei valori, ma, più semplicemente, perché pensavano che nonostante tutto alcuni valori erano validi e altri no. Il riconoscimento dell'inconciliabilità dei valori di per sé non è affatto una novità; la novità sta nel dare a questa incompatibilità un carattere definitivo. Ma sostenere l'esistenza di "valori inconciliabili" equivale a sostenere il relativismo in termini differenti e più innocui. La conflittualità dei valori è semplicemente un fatto, ma la loro inconciliabilità è una teoria, la teoria relativista. Il termine racchiude una visione dell'universo secondo la quale, contrariamente alle convinzioni cristiane, platoniche, kantiane, utilitariste, marxiste, ecc., non esiste un valore o principio assoluto che possa legittimamente prevalere su valori contrastanti. L'originalità della posizione, se esiste, può risiedere solo nell'affermazione del relativismo, di un'irriducibile e definitiva diversità. È ·un relativismo che non osa definirsi come tale. E i motivi per pensarlo sono vari. Tanto per cominciare, non è possibile valutare dall' esterno gli aspetti positivi e negativi della modernità, del passaggio dall'onore all'interesse, dai valori di Burke o Carlyle a. quelli di J ohn Stuart Mili o Bertrand Russe!!. Per esempio, per il contadino russo è stato un bene o un male diventare un intellettuale di città? Le risposte di Sacharov e Solzenicyn sono decisamente diverse e nessuna delle due può essere ignorata. Gray non solo rappresenta Berlin come un relativista, evitando tuttavia di usare questo termine e negando l'accusa, egli lotta con tenacia contro il problema che tale relativismo ridefinito o camuffato comporta. Dimostrando che non si _possono imporre valori a nessuno, il princip10 dell'incompatibilità dei valori potrebbe forse andare a vantaggio della libertà. Ma purtroppo non è così perché questa visione deve ammettere anche l'espressione di valpri antiliberali. Ecco il problema di fondo della tentazione iniziale di accostare l'inconciliabilità dei valori e la tolleranza: i valori e l'ottica che comr,orta ~uesto principio comprendono anche il totalitarismo e l'intolleranza, valori per niente secondari o irrilevanti nella storia dell'uomo. Alla fine, in un punto in cui, come spesso accade, l'eloquenza cerca di colmare il vuoto lasciato dalla mancanza di argomentazioni, Gray arriva a sostenere un liberalismo privo di fondamenta. Il relativismo ci priva dei mezzi - in realtà del diritto - di espnmere una profonda repulsione morale. Data l'incompatibilità di valori, come comportarsi di fronte a società che ammettono la schiavitù, i caml?i di concentramento, la circoncisione femmirnle o le camere a gas e i cui difensori potrebbero appellarsi al pluralismo? Il diritto alla circoncisione femmmile a volte viene reclamato dalle stesse vittime perché è una pratica che rientra nei loro valori. Infine, il modo in cui Gray affronta il problema delle società più disumane è superficiale. Egli sostiene che possiamo avere valori diversi e contrastanti, ma che esiste sempre un nucleo di valori che tutti, più o meno, condividiamo. In questo modo possiamo far sparire la schiavitù, i campi di concentramento e le camere a gas seml?licemente pe_rchéquasi tl;ltta l'u~anità li abornsce o perche, anche se 1 valon sono contrastanti e inconciliabili, queste pratiche li violano tutti. Tutto ciò non ha senso. Non è mai successo né mai succederà che un plebiscito universale condanni davvero queste pratiche con una convincente maggioranza. In realtà il numero di società che ammettono la schiavitù o simili pratiche orribili è abbastanza alto è quindi la pretesa di poterle bandire con il consenso assoluto dell'umanità è assurda. Né è proponibile l'idea che in questo referendum mondiale sui valori mondiali le opinioni delle minoranze siano censurate. Né tanto meno si può sostenere che queste pratiche violino tutti i valori e per questo non possono godere della legittimità dell'inconciliabilità dei valori. Verrà escluso Aristotele da quella Assemblea Costituente Ecumenica (convocata probabilmente dall'Unesco) che stilerà la Carta dei Valori Consensuali Universali? Coloro che ammettono queste pratiche si appelleranno ad alcuni valori, indipendentemente dal fatto che noi li condividiamo o meno: la purezza razziale, la stabilità, l'intrinseca gerarchizzazione delle diverse tipologie umane, il mantenimento di un'etica bellicista, il progresso o la superiorità perseguiti attraverso la competizione, la protezione dai nemici della Rivoluzione, l'attuazione della Parola di Dio, e così via. Anche se non mi appartengono sono dei valori, e se ci si priva della possibilità di condannarli in nome della loro inconciliabilità, allora bisognerà affrontarne le dirette conseguenze. I plebisciti non serviranno davvero. Berlin, come altri relativisti, si crea una metateoria relativista: il relativismo è la veste che indossa pubblicamente, ma in realtà dietro la
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