PERIFERIE DEL NORD, PERIFERIE DEL SUD MicheleEsposito Una mostra - piuttosto povera di percorsi - a Milano, dibattiti sui giornali, iniziative comunali, film. Il tema delle periferie è d'attualità ed è importante che lo sia, perché è un tema da portare - si scusi il gioco di parole - decisamente al centro dell'attenzione di tutti. Soprattutto esso va strappato a viva forza al dominio degli architetti e degli urbanisti (categorie dove i mascalzoni sono frequentissimi, e di rado pagano per le loro malefatte) e degli amministratori pubblici che, in combutta con i primi e con 1 boss dell'edilizia, combinano i guai che combinano. Bisognerebbe aggiungere le Belle Arti (di Arrangiarsi), i Sovrintendenti (al Proprio Benessere e Potere), e naturalmente la Famiglia Agnelli, che vende automobili e intralcia metropolitane e ferrovie leggere, eccetera. Tutti costoro - tutti coloro che speculano e arricchiscono sulle periferie - andrebbero condannati a viverci e si potrebbe cominciare, mettiamo, per dare l'esempio, con Gregotti allo Zen di Palermo, con i Geni Giapponesi al centro direzionale di Napoli, con i Maestri Milanesi alla Bovisa e via continuando. J?i.ques_totema e dei_suoi addentella~i _questa nv1sta s1occupa ampiamente, e non e 11caS? di tornarci anche negli articoli di questa sezione. Cerchiamo invece di vedere come raccontano la periferia due film di questi giorni, L 'odio di Kassovitz e I buchi neri di Corsicato. Nel primo, si strizza l'occhio al violento cinema degli ultimi giovani americani, con un sovrappiù di esibizionismo registico e di isteria degli interpreti. Il film di Kassovitz è un film, a suo modo, pornografico: gode della violenza che recita, non la registra e la interpreta, ma la inventa, la mette in scena e la dilata, e vi si perde dentro. Fossi un abitante di quelle periferie io mi arrabbierei molto per il modo in cui vengo trattato da questo brutto film: un modo razzista, come se tutti gli abitanti giovani e tutte le loro lotte (i loro sacrosanti modi di reagire a una emarginazione economico-culturale e all'obbligo a una vita da ~hetto) venissero ridotti ai comportamenti d1 tre giovinotti sovraccaricchi e strafatti carichi di odio più metafisico o psicotico che reale - quello insomma che è collettivo e sociale e prodotto non da una predisposizione del Dna ma da cause molto oggettive. Al regista non preme il problema, il problema per lui è pretesto per lanciarsi nel mondo stupidissimo del cinema nel modo più fracassone e provocatorio possibile, ma in sostanza senza dar fastidio a nessuno salvo agli abitanti reali delle periferie (dice che le ha freq_uentate per mesi: e chi se ne frega? bastasse fare i turisti per capire un paese straniero, bastasse vivere un mese tra i matti per capire i matti! e nulla è più odioso del visitatore che sfrutta la nostra ospitalità e la tradisce rendendo poi di noi un'immagine falsa!). Pieno di zeppe e furbate di sceneggiatura quanto un film di Scola o di Tornatore il film di Kassovitz gioca sulla pelle dei giovani di periferia, li mostra selvatici e senza erogetto, mossi solo da un odio assoluto cui si risponde con un odio insensato, e fil,osofeggia con la presunzione di mettere in guardia l'umanità dai suoi rischi, mentre il rischio ma~giore che l'umanità corre è quello di avere tanti registi così arrivisti e superficiali e capaci di tutto meno che di morale e di adeguato super-io sociale per affrontare terni così delicati e così importanti. Di mercanti che speculano sul vero falsificandolo per vendere meglio ce ne sono davvero troppi nel mondo, e che Kassovitz abbia ventotto anni è un segno di più della forza che la cate~oria dei mercanti continua ad avere, della sua atavica capacità di riprodursi generazione dopo generazione. Una cosa che colfisce o dovrebbe colpire lo spettatore italiano de film è che queste città-satelliti, queste periferie considerate bruttissime sono in realtà mfinitamente più belle delle nostre: spaziose, circondate dal verde, razionali, dotate di servizi efficienti, non sovraffollate e intasate, non brutte e sporche, non caotiche e mostruose come moltissime delle nostre. Ma il film di Pappi Cor- •sicato I buchineri ci trasporta in un altro tipo di periferia ancora diverso da quella immediatamente a ridosso della città - lontano da Secondigliano o da Baggio o da Tor Tre Teste. La sua è la periferia campana ancora semi-agricola, ancora con paesaggio e con radici contadine turbate da selvaggia modernizzazione, da immigrazione, da spetazzante e mefitica motorizzazione, da camorristica confusione. È dichiaratamente, vistosamente una periferia luogo simbolico e metaforico prima che luogo reale, anche se i suoi sfondi sono reali. Corsicato non bara e non vende le sue fantasie come realtà: la sua periferia è un luogo dell'anima, e dell'anima meridionale. Si collega spesso (C. Levi, Morante, Ortese, Ramondino, Consolo, Di Lascia ...) il Sud al Mito, e non è scorretto il farlo. Corsicato riannoda con questa tradizione, ma nel mentre ricorre a Camus (Lo straniero) o Pasolini (i "corti"), il richiamo forse più evidente, nel senso del modello di un modo di far rivivere il mito, è a Cocteau e magari a Savinio: il mito è accettabile solo in chiave ironica, perché rivissuto all'interno di una situazione radicalmente cambiata, all'interno di una cultura borghese (l'Orfeo di Cocteau, il Capitano Ulisse di Savinio ...) ·e anche, per la con~erie dei riferimenti anche pittorici, anche musicali, e per l'ironia dichiarata del gioco (distacco, uso del kitsch, e perfino del kitsch sul kitsch), oggi post-moderna. Alla fine eerò, e se oltre o dentro le sue intenzioni non importa, Corsicato ci dice qualcosa sulle periferie meridionali che non era stato detto, ci mostra qualcosa che non avevamo in cinema ancora visto. La sua periferia esiste, con il suo coacervo cuturale, la sua confusione di modelli estetici antichi e derivati dai media, la sua umanità scombinata incerta nei modelli e nei valori e rerò bisognosa di senso - per l'appunto di Mito e magari di Sacro ... sia pure sotto forma di Uovo spielberghiano da un Altro Mondo, cioè da un'Altra Periferia. Paradossalmente, sulle periferie abbiamo da imparare molto di più dalla fantasia sregolata e magari sapientemente pacchiana di Corsicato che dallo pseudo-realismo da "guerrieri della notte" del pornografo Kassovitz. ♦ SUOI F: DI VENTO
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