preparazione di gran lunga più efficienti di quelle odierne. "Basterebbe un maggiore impegno nell'aggiornamento degli insegnanti per ottenere, senza troppa spesa, risultati nettamente migliori", scrive (con una punta di eccessivo ottimismo) De Mauro. Resta da stabilire, ovviamente, in che modo questo aggiornamento debba essere conseguito, attraverso quali canali, quali figure professionali, quali modalità, quali contenuti. Ma il problema - insiste De Mauro - non è né tecnico né esclusivamente, meramente, scolastico. E con Dewey (se posso azzardare un'ascendenza) ripete: "Senza alfabeto niente democrazia. Senza alfabeto solo sottosviluppo". Di questo stretto rapporto tra vita politica, economia e scolarizzaz10ne, i nostri politici restano però ignari (e ignavi). I nostri insegnanti d1 ogni ordine e grado sono "i meno pagati del mondo", e ciò nonostante - per dirla con Aldo Visalberghi e con l'avallo di De Mauro :..."la scuola italiana fa miracoli". La nostra scuola elementare - secondo dati dell'Institut for Educatio.nal Achievement - è tra le cinque più efficienti del mondo. La media inferiore consegue risultati meno brillanti, ma nel complesso accettabili (come si scrive in certi oss1morici giudizi di alunni tentennanti). De Mauro ne conclude che "se mai si trovasse, se mai si troverà, una direzione politica capace di intendere e di volere che il tema della formazione sia un tema centrale di governo e di sviluppo del Paese, essa troverà già oggi nel mondo della scuola - pur mal messo com'è - le energie per intraprendere questa strada". De Mauro mette le mani avanti: non vuole essere consolatorio, rassicurante. Prova piuttosto a essere pratiço. Ed elenca dieci proposte concrete e urgenti. Si tratta di provvedimenti, di diversa portata e natura, tutti in sé condivisibili: recupero degli adulti alla scolarità, generalizzazione dell'istruzione infantile prescolare, innalzamento dell'obbligo fino ai 16 anni, costituzione di un ciclo unitario di base, valutazione dei livelli di istruzione consesuiti dagli istituti, incentivazione della produttività delle scuole e dello studio, piani sistematici regionali di aggiornamento professionale, riforma della secondaria superiore, realizzazione della legge 1990 per la formazione universitaria. Ma giunti al "che cosa" si procede con gli stivali delle sette leghe. E nella fretta e nella furia, si sorvola sul "come". Ciascuna di queste dieci proposte avrebbe meritato almeno un capitolo di approfondimento. "Non è qui il luogo né il caso", si dice in genere quando si vuole limitarsi ad un accenno. Ma se non ora, quando? Quando sarà il luogo, quando il caso, se non in un libro che reca in copertina il pretenzioso proclama "idee per il governo"? Né molto, in verità, aggiungono gli interventi, ancorché autorevoli, che compongono la seconda parte del libretto. An$onio Augenti sottolinea che problemi analoghi a quelli oella scuola italiana si riscontrano anche in altri paesi che come il nostro si trovano ad affrontare grandi mutamenti scientifici, culturali ed economici. È vero. Ma non sempre mal comune è mezzo gaudio. Resta da nsolverli questi problemi non solo nostri. E giustamente Augenti si scandalizza che un premio Nobel come Modigliani possa suggerire di sgravare il debito pubblico effettuando tagli nell'istruzione (e nella sanità). La scuola come zavorra di una mongolfiera che non decolla mai! Carla Collicelli mette il dito nella piag dell'analfabetismo informatico e dello scarse studio delle lingue straniere. Beniamino Broc ca auspica che la scuola si ponga in primo luo go l'obiettivo dello sbocco occupazionale dc giovani e cessi di essere un'area di parchegsio Anna Oliverio Ferraris denuncia i limiti d "un paese che non è mai veramente uscito da sottosviluppo culturale" e ricorda "che non sufficiente sapere per sapere insegnare". Save rio Avveduto sposta opportunamente il pro blema dalla scuola al contesto che la circonda auspicando "un grande Piano Marshall pe uscire dal disastro della guerra perduta per I scuola e l'extra-scuola". Raffaele Simone (eh firma forse l'intervento più brillante della rasse gna) constata la caduta di prestigio dell'inse gnante, la cui figura professionale "è guardat socialmente con una sorta di svalutazione ma linconica", e propone di "aprire la scuola ali cultura del mondo" (d'accorao, ma come? No è qui il luogo ... ), di creare una carriera per gl insegnanti (d'accordo, e cioè?), di verificare I prestazione scolastica attraverso strumenti di versi dalla semplice ispezione (e quindi?). Ha ben ragione Simone a dire che la scuoi odierna è "una forma di monarchia fuori da tempo", ma non dobbiamo correre il rischio d farla diventare un piccolo feudo ancora pi anacronistico. Aldo Visalber$hi avverte sull difficoltà di istituire un serviz10 di valutazion serio ed efficiente e sui rischi del "grande mit< affascinante" dell'autonomia scolastica. Lucia na Pecchiola si fa portavoce nel dibattito de punto di vista degli insegnanti, denuncia I cultura "casual" della scuola, il carattere fram mentario, mosaicale, delle riforme, ricorda eh la scuola non è una fabbrica di bulloni (e quin di stiamo attenti quando parliamo di efficien za) e si oppone alla soppressione di un impian to e di finalità nazionali dell'istituzione scola stica (finalmente qualcuno che avverte il puz zo di bruciato che sprigiona la coda di pagli dell'autonomia della scuola!). Dibattito utile, certo, ma che aggiunge po chissimo alle vaghe indicazioni propositiv della prima parte dell'opuscolo. Si dirà eh( appunto, un opuscolo non può dirimere I questione. Ma m questo modo la si rimand alle calende greche. Presbiopia: vivere la scuola Solo se interrogato, che appare nella Seri Bianca della Feltrinelli, è il miglior libro scola stico di Domenico Starno ne, f erché è il pi sofferto, il meno mascherato, i più autenttcc È in sostanza un duplice diario m cui l'autor annota, intrecciandole, le sue personali espe rienze di studente e di insegnante. Si apre con il racconto di una proJ?OSta u po' bizzarra fatta da Starnone ai suoi alunn portare una cassetta di legno in cui imbucare I domande. Una cassetta con tre fori. Perché I domande sono vive e devono poter respirar( Per le risposte, si vedrà. Intanto l'importante porre· le domande. La cassetta però non spun ta. Gli alunni non sembrano intenzionati a fa domande. Starnone sogna una scuola che sia fatta tut ta di domande. Ma attenzione: domande vere non quiz, trabocchetti, inquisizioni. E soprat tutto domande che tutti possono porre e a ct. tutti possono e devono cercare una rispostè. Domande aperte. Ieri come osgi (come doma ni?) a scuola si parla solo se interrogati. E g KJLQ!
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