La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 5/6 - lug.-ago. 1995

GIRO D'ITALIA ROMA. CENTRI SOCIALI E ISTITUZIONI PieroPugliese PieroPugliesecollaboraconRadioTre e ItaliaRadio. ♦ "Per chi sa bene che significa emarginazione/ esattamente quanto costa amare un Centro sociale". Sono due righe di un testo_dei NoveNovePosse che vanno collocate all'ingresso di un viaggio nelle "realtà giovanili" dei Centri sociali. La musica "posse" è fatta di basi preregistrate sulle quali cantare. Costa poco e dice molto. È la colonna sonora naturale del videoclip che si vorrebbe girare in un C.s.o.a., un Centro sociale occupato e autogestito. La trama è la trattativa col Comune di Roma per l'assegnazione dei posti occupati. Superando a piedi il ponte Sublicio verso la zona di Testaccio, sul lato sinistro del Tevere a un certo punto c'è un'ampia curva. Il fiume si ammorbidisce e il marciapiede lo segue. Dal momento che sono le nove e mezza della sera, alcuni sedicenni stazionano sul muretto a chiacchierare. Se viv} i~ un quart_iere medioborghese come Prati, t1 colpisce 11 modo nel quale questi spiegano in quattro, in quattro modi diversi come arrivare dove devi andare. Alla fine del rito, l'ultimo si fa capire. È una cosa che avvicina Roma ad una città mediterranea: "continui, vedi una curva sur fiume, nun la pensà proprio, di fronte c'è una strada buia ..." Continuando, si vede un P,Ontebianco dalle linee taglienti e, a sinistra, 11 "Caff é Tevere". Sul ponte un camion coperto da una tela rossa con una scritta cucita rozzamente: "Teatro Vittoria artisti e tecnici". L'insegna del bar è un neon rotto. È il limite della periferia. Le compagnie teatrali vi parcheggiano i camion e non ci sono tavolini fuori dal bar perchè gli avventori sono solo di passaggio. È il limite delle penferie, dell' emarginazione? In fondo alla strada non illuminata si rico- . nosce lo scheletro di un gazometro come attraversato dalle luci di un treno in movimento lento; di fianco al muro del vecchio Mattatoio c'è un faretto, è l'ingresso del "Villaggio Globale". È lì dentro forse che si cela l'isola dall' emarginazione, la fortezza di una nuova identità, che si costruisce sul ritorno dalla conflittualità? Prima visita, lunedì sera. C'è lezione di "salsa" in un'ampia sala e assemblea di gestione in un'altra. Quest'ultima sarebbe un'occasione ghiotta per osservare la vita di un Centro sociale dal suo interno ma Alfonso Perrotta, "gestore" categoria fondatori, è categorico: non posso assistervi, eerché "bisogna discuterne prima". Seconda visita, arrivo in ritardo per incontrarlo. Proprio all'ingresso del cortile, su dei pannelli si può leggere qualche "cenno biografico" sul "Villaggio". Il mattatoio che sorge nella zona di Testaccio venne edificato dall'architetto Gioacchino Ersoch alla fine del secolo scorso su incarico del consiglio comunale del venti maggio 1887. L'intero complesso ha una superficie totale di oltre dieci ettari. L'impianto è rimasto funzionante fino al 1975, anno in cui iniziò il trasferimento al Prenestino. Abbandonata al degrado, per anni l'area dell'ex-mattatoio è stata bersagliata di progetti e di proposte di ristrutturazione. A partire dal 1990 una serie di associazioni hanno gradualmente occupato gli spazi a~ibili per un parziale recupero e per una fruizione sociale dell' ex Campo Boario. . Alla terza visita invito Perrotta a -mostrarmi tutta l'area del Mattatoio, abitata - sarebbe proerio il caso di dire - dalla gente e dalle iniziative del " Villaggio". Lo fa con piacere, è loquace e disponibile anche perchè è una magica serata di giugno. Forse è sufficente approfondire tre aspetti della vita di una realtà auto-gestita come un centro sociale: quello artistico, quello commerciale e quello sociale vero e proprio. Dal punto di vista economico il ·,1>,,,,,;,,., -. .,.,;••:, SUOLE DI VFNTO

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