La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 5/6 - lug.-ago. 1995

cesso alla soddisfazione dei desideri genera un senso di saturazione e la ricerca di appagamento di altri non esaudibili appetiti. Il ricorso alle droghe da parte di adolescenti appartenenti ai ceti privilegiati ne è la prova" (sic!) Soluzione: "Un terzo sistema· non informato a nessun principio, ma che tenga in massimo conto l'importanza ·del fattore 'motivazione' e che si avvalga della proprietà dei circuiti nervosi corticali di andare incontro al miglioramento delle proprie prestazioni" (J?- 14). Nel diluvio di luoghi comuni, spesso francamente esilaranti, di cui è composto il libro della Levi Montalcini, emerge chiarissimo il senso del progetto, e c'è ben poco da ridere. A guardarlo con attenzione, è un libro che dà i brividi: tutto rivolto ad irreggimentare, a prevenire ogni deviazione dai binari della famiglia della religione della società. La droga, abbiamo visto, è colpa della educazione lassista; i casi di suicidi di adolescenti sono dovuti a cause "nella grande maggioranza dei casi tanto banali quanto assurde" e vanno ricondotte "all'acuta sensibilità e conseguente vulnerabilità, caratteristica dell'età giovanile" (p. 34). Le devianze giovanili sono riconducibili a tre (" quella del ricorso alle droghe; quella dell'affiliazione ad associazioni criminali e quella, apparentemente meno pericolosa perché a contorni sfumati, che consiste nella ricerca di falsi valori" (p. 56) e dovute, tra l'altro, alla "neutrale (corsivo mio, ndr.) tendenza dei giovani a ribellarsi alle regole imposte dalla società" (p. 57), al "desiderio di ciò che si definisce il potere" (p. 63). Le gerarchie? _Sononecessarie. La famiglia? Ha valore etico. (E pensare che la Levi Montalcini passa per una di sinistra; ha pure presenziato ad uno degli incontri con Prodi ... ). Bisogna mettere la testa a partito e rientrare nei ranghi, giacché non vi è dubbio alcuno che viviamo nella migliore delle epoche possibili, proclama l'autrice:"La mia attribuzione era e rimane quella di renderti consapevole dei vantaggi, in genere così sottovalutati, di iniziare il tuo percorso alle soglie del terzo millennio e non in epoche anteriori, da quelle che hanno visto fiorire la civiltà egizia e greco-romana a quelle di tutti i secoli che hanno preceI duto il secolo attuale" (p. 95). A definitiva conferma della sua disneyanà filosofia della storia, _la Levi Montalcini riporta addirittura un ampio passo della Classe operaia in Inghilterra di Engels. A che pro? Udite udite: "la conoscenza del tragico esordio della rivoluzione industriale, alla quale peraltro tu e i tuoi diretti ascendenti siete debitori del benessere del quale godete, è un monito .salutare contro la tendenza alla èronica scontentezza dei giovani e contro i loro timori per il futuro" (p. 44). La scontentezza per il futuro è una malattia, figlio mio, ma non ti preoccupare, guarirai; per intanto, ripeti con me: che culo che ho a non essere un prnletario inglese dell'ottocento! E come conclusione, la Levi Montalcini minaccia addirittura di passare alle vie di fatto, visto che in seconda di copertina annuncia di aver donato "i proventi dei diritti d'autore a lei spettanti sul presente volume alla Fondazione Levi Montalcini ( ... ), che si propone di promuovere, coordinare, sviluppare tutte le iniziative ed attività dirette ad assistere ed incoraggiare i giovani". Oddio ... Possibile che nessuno colga i'opportunità del dialogo con le nuove generazioni per osservarne la cultura, la vitalità, la stupidità, per rimettersi in discussione? Ultimamente, le uniche cose intelligenti che mi è capitato di leggere sono certi brevi "pezzi" di Michele Serra sull'Unità. Serra non ha .voglia di pontificare sulle nuove generazioni, non è un suo argomento favorito; però, da un po' di tempo, i suoi articoli hanno un tono sommessamente (auto)pedagogico, come mettendosi davvero nei panni di qualcuno che cresca nei nostri anni e cerchi di capire quel che accade nel mondo intorno a lui. Ogni tanto fa capolino tra _le righe dei suoi articoli il figlioletto di Serra, che immaginiamo per fortuna più rompiballe di quello di Savatèr; ultimamente è come se Serra scrivesse per lui e dalla sua presenza non potesse prescindere, come se ne sentisse osservato e sapesse di dover rendere conto a lui di tutto quel che fa. "I bambini ci guardano", insomma, e i ragazzi anche. Serra è tra i pochi a ricordarsene; gli altri invece preferiscono piuttosto fare i guardoni, o i veggenti. ♦ SUOLE DI VENTO

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