La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 5/6 - lug.-ago. 1995

guerra e che l'umanità può essere liberata dal vincolo del pessimismo biologico. La violenza non è nel nostro retaggio evoluzionistico, né nei nostri geni. La stessa specie che ha inventato la guerra è capace di inventare la pace". Nobili e commendevoli parole, come quelle di cui sono intessute le raccomandazioni e le elaborazioni dell' "educazione alla pace". Nobili e commendevoli anche le azioni strategicamente ordinate ad attivare e realizzare questi principi. Ma ho l'impressione che, mentre la violenza, in dosi massicce, continua a. manifestarsi nei rapporti intrafamiliari e sociali, le parole e azioni che ho richiamato si calano e anche si sviluppano in modo visibile nelle pieghe di tali rapporti, senza riuscire a mettere in crisi, a erodere i domini della violenza. Forse è la strada giusta ed occorre pazientare. Ma la mia perplessità nasce dal fatto che quei discorsi, quegli atteggiamenti non mi pare che comunichino con la violenza: la aggirano, la rimuovono, la esorcizzano. Certamente fanno cultura, ma mi pare che dicano molto poco circa che cosa concretamente fare nei confronti della violenza realmente agita. · . Il Cristo aveva indicato di porgere l'altra guancia. Quale pratica sociale suggerisce l' educazione alla pace rispetto a chi mi violenta? . È l'urgenza di definire una strategia adeguata che ispira queste mie critiche, forse eccessive e ingiuste, a posizioni che ritengo, lo ripeto, molto nobili, ma un po' ideologiche. Quanto a me, non ho nulla da proporre, se non quell'esile tema della comunicazione con la vio!enza e un'ultima cosa che mi preme enunciare. La violenza è fondamentalmente un mezzo dtrisoluzioné "deièonflitti;uiia- scorciatoia una forma rozza di riduzione della complessità dei conflitti. La definizione coinvolge immediatamente - ancora una volta - il sistema-giustizia, poiché la sua fondamentale funzione è quella della risoluzione dei conflitti. Ho stigmatizzato prima i tratti di violenza che caratterizzano tale sistema. Vorrei che si cercassero tutti i modi per "addolcirne" il funzionamento. La strada che, mi pare, può valere la pena di percorrere è quella che, constatati lo sfascio e la irriformabilità intrinseca del sistema giudiziario (i tempi assurdi e incontenibili della giustizia sia civile, che penale, nonostante qualsiasi tentativo di riforma), ne metta in discussione l'elemento fondante - quello della avocazione allo Stato del compito di mediare autoritariamente i conflitti - e introduca mecca.nismi e procedure di restituzione degli stessi ai protagonisti, affiancandoli, con sapienti e capaci "mediatori". Così, anche la violenza verrebbe in qualche modo restituita agli autori ed alle vittime, per essere rielaborata e trasfigurata nell'agire cooperativo della "conciliazione". Utopia? Forse. Altre strade? Si accomodino. ♦ BUONI E CAIT/V/ IL MALE FUORI; IL MALE DENTRO Silvana Quadrino Silvana Quadrino, ha lavorato a lungo nei servizi di neuro-psichiatriainfantile. Tra le suepubblicazioni: Parlare con i bambini; Mondadori 1992, e La torta.senza candeline, Feltrinel/i 1994. ♦ Paura. I genitori hanno paura. Ne parlano continuamente, chiedono lumi agli esperti, in attesa di istruzioni convincenti non esiterebbero, potendo, a chiudere in casa i loro figli. C'è il male, fuori. Siringhe. Droga. Drogati. Scippatori. Stupratori. Rapitori di bambini. Predatori di organi. Le città ne p1,1llulano,e anche la campagna non scherza ... Bisogna mettere iri guardia i bambini, fin da piccoli: non fidarti di nessuno. Non accettare caramelle. Non avvicinarti a quel bar, che ci vanno i drogati. Gli extracomunitari. Vieni subito a casa, dopo la scuola. A casa, il male non entra. Sarai al sicuro. È spaventosa, la descrizione della città, del mondo esterno che certi adulti - genitori,. insegnanti, e gli immancabili,· infallibili ·esperti - trasmettono ai bambini. Una allucinante frantumazione della consapevolezza del male metafisico nella paura concreta· di persone-male, ineliminabili, inevitabili, sempre più vicine. Persone che percorrono_le nostre_strade,_che sal~o~o s~i nost~ tram, vivono nei nostn quaruen, nei nostn condominii: uomini neri, drogati, vagabondi, teppisti di ogni tipo pronti all'aggressione, al vandalismo, allo sfregio. In un rapporto di educazione, di addestramento alla vita, questa identificazione del male in persone ben individuabili parrebbe uno strumento per imparare a difendersene meglio: il mondo è pericoloso, bimbo mio, ma se impari presto a riconoscere i malvagi, forse riuscirai a sopravvivere. Peccato che gli agenti del male siano, praticamente, infiniti. Se si comincia ad enumerarli, non ci si ferma più. Male sono persone, e cose: lo smog, l'inquinamento, i rischi nucleari. Le autostrade che uccidono. I cibi che mangiamo, 'contaminati. da veleni invisibili. L' Aids. Le malattie tropicali che possono arriva.re qui da un momento all'altro, portate da una sola zanzara nascosta in un j eL. Il male viene dall'aria, dall'acqua, dal cibo. Nie·nte, nessuno è sicuro. Come faremo a liberare, a proteggere dal male i nostri figli? Il male esiste. Fa parte della vita. Come fa parte della vita imparare a conoscerlo, a trattarci, a non sperare di evitarlo chiudendo le porte, o nascondendo la testa sotto le coperte. Ai bambini si è sempre parlato del male: c'erano le .favole; per questo. Favole che parlavano di boschi imprudentemente attraversati, di lupi trattati in modo un po' troppo confidenziale ... Era un modo per parlare della vita, non per insegnare ad averne paura fino al pun o di sentirsi incapaci.di vivere.

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