La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 2 - marzo 1995

naccia di disastrose inondazioni, possano avere conseguenze distruttive e irreversibili su un 'intera economia agricola basata su fragili e delicati equilibri. Ci sono ovviamente motivazioni razionali a sostenere questo tipo di intervento, oltre alla condivisibile preoccupazione di evitare i danni delle ricorrenti, anche se non tanto frequenti, inondazioni eccezionali come quelle del 1987 ed 1988. Si tratta di motivazioni che traggono forza dalla filosofia della modernizzazione del1'agricoltura praticata nell'ultimo quarantennio sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di svilufpo: aumentare la produttività della terra e de lavoro con l'introduzione di prodotti di sintesi (fertilizzanti ed antiparassitari) e di forza meccanica. Una soluzione che si è rivelata efficace solo nel breve periodo, mentre risulta tecnicamente e finanziariamente non sostenibile nel lungo periodo. L'intero ciclo produttivo viene a basarsi su derivati dal petrolio: pensare che nel futuro tutta la produzione agricola possa essere basata su un uso intensivo di prodotti derivati dal petrolio è come pensare che sia possibile che tutta la popolazione mondiale possa avere un'automobile. Ora, per un paese come il Bangladesh, una produzione agricola che si basi su derivati dal petrolio è già oggi finanziariamente non sostenibile, in particolare per i prodotti di consumo interno. Infatti, senza i necessari, ma in via di eliminazione, sussidi governativi, non è possibile produrre con le tecniche moderne per l'inevitabile lievitazione dei prezzi all'importazione in un mercato liberalizzato per volontà del Fmi e della Banca Mondiale. Quale sarebbe allora il motivo per cui tanti paesi industrializzati hanno aderito, anche se con qualche distinguo e correzione, alla proposta? C'è un interesse dell' establishment, la tecno-burocrazia della cooperazione, per le grandi opere: sono relativamente più facili da seguire e creano nell'immediato un certo numero di posti di lavoro per la costruzione delle opere. Ma la strategia di fondo, che non viene messa neppure in discussione, è la trasformazione e modernizzazione dell'agricoltura se- 1 condo le tecniche e procedure sperimentate con la cosiddetta "rivoluzione verde". È questa un'agricoltura che tende ad espellere forza-lavoro e a creare una grande dipendenza dall' estero per l'importazione di sementi, macchine motrici e operatrici, fertilizzanti ecc., dimostrandosi nel lungo periodo non sostenibile. Occorre anche dire che il sistema tradizionale non è più cosi perfettamente funzionante come un tempo: sono infatti intervenute trasformazioni nell'ambiente fisico come nel tessuto sociale. Le alluvioni sono oggi più gravi che in passato; infatti i fiumi trasportano masse più rovinose di detriti come conseguenza della deforestazione a monte sulle pendici dell'Himalay~. È cambiato il regime dei flussi dell' acqua ed è meno prevedibile: sono state costruite dighe sui fiumi e sui loro affluenti, a scopo energetico e di irrigazione, che hanno sostanzialmente ridotto la velocità dell'acqua e quindi anche dimezzato i tempi di sedimentazione dei detriti. Chi sta a valle è soggetto a subire le conseguenze delle azioni fatte a monte, in particolare se a monte ci sono paesi come l'India e la Cina e a valle c'è un paese povero e relativamente ininfluente nella scena politica mondiale. Vedi ad esempio la questione della diga di BibliotecaGinoBianco cominciando a cambiare le cose qui da noi, e non con la beneficienza scaricacoscienzadi un giorno. Se noia buona volontà crea disastri. Autosviluppo Quando la cooperazione è ...: "l'autosviluppo delle organizzazioni locali, i diritti di vita e di cultura delle popolazioni indigene". Nel giugno 1989 sono andato in Perù per verificare lo stato di avanzamento di alcuni progetti di sviluppo eper conoscereda vicino l'emergere e l'affermarsi delle organizzazioni dei popoli indigeni. Ho sentito con le mie orecchiegli assassinidi un gruppo di indigeni esprimere davanti al giudice la loro sorpresa che fosse proibito ammazzare indigeni. Ho visto gravi violazioni di diritti umani: centinaia di famiglie di schiavi rinchiusi all'interno dei fondi agricolie inviati a tagliare il legname, senza salario, senza alimentazione, sotto vigilanza. Le bambine sono prigioniere al servizio dei padroni. Giovani e anziani sono mutilati o assassinatiperché tentano la fuga. La tubercolosi è generalizzata. Le autorità sanno tutto ma chiudono gli occhi. L'8 giugno 1989 alcuni indios Chayahuitas della comunità Estrella, che volevano recuperare i loro territori, sono stati repressi e incarcerati. Ho visto che ogni anno vengono distrutti 300.000 ettari di bosco solo in Perù: questa realtà ha significato aumento delle inondazioni, e per gli indios l'impoverimento dell'alimentazione, il cambiare il pesce con gli spaghetti e la carne di selvaggina per il riso. E dopo aver trascorso un periodo in Amazzonia, a Lima ho ascoltato Evaristo Nugkuag Ikanan, del popolo Aguaruna, presidente della Coica (Coordinadora de las Organizaciones Indigenas de la Cuenca Amazonica): "Il nostro sviluppo non è il vostro. Siàmo un popolo nato per condividere e non per dominare: il nostro obiettivo è vivere in un territorio ampio e integro, diversificato, dove tutti, persone, animali, alberi e fiumi traggano benefici. Non c'è sviluppo quando del benessere usufruiscono in pochi, a detrimento dei popoli. Il nostro non è uno sviluppo per disporre di soldi che consentono di comprare una scatoletta di tonno: noi siamo abituati a mangiare pesci squisiti. Il nostro sviluppo è sviluppo di tutto un popolo in vista del suo futuro". La cooperazione internazionale delle Ong italiane, qui, appoggia la Coica, la sostiene a partire dai loro bi~ogni, protagonisti autentici del proprio sviluppo, che non accettano imposizioni esterne, nè progetti stravolti. Con progetti di educazione bilingue interculturale, agricoli, sanitari, che hanno sempre come f andamento la formazione all'autonomia, all'indipendenza. Questo è l'autentico "autosviluppo ". E ancora: abbiamo condiviso la lotta della popolazione Huaorani, una etnia dell'Amazzonia ecuadoriana che in venti anni è passata da 30.000mila abitanti a 2.500. La causa di questo genocidio, come per molte altre etnie indigene che per centinaia di anni hanno abitato l'Amazzonia, è l'incontro-con la civilizzazione. I maggiori colossi internazionali del petrolio, dell'agroindustria, del legname si sono disputati la conquista dei territori amazzonici per lo sfruttamento selvaggio e la rapina delle risorse naturali esistenti. Cristobal Niaikai, già presidente della Confederacion de Nacionalidades Indigenas de la Amazonia Ecuatoriana (Confeniae), ci ha detto: "Le cause dello sterminio COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

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