re (ed anche i rischi reali) del1' eversione. La differenza sta molto poco nei programmi e dunque è quasi tutta nel potere. Chiunque "vinca" dei due o più poli, tutti ormai moderati, sembra dover diventare un estremista. - Certo questo non è scritto nel maggioritari9, ma nella sua breve storia. E illuminante comunque che il primo vincitore sia stato particolarmente incapace e di troppo bassa statura democratica. La protervia politica e l'ottusità sportiva del berlusconismo non sarà la malattia obbligatoria di ogni polo vincente, ma il gusto prepotente della Vittoria (al posto della partecipazione olimpica alle Elezioni) ha intanto già contagiato quella cultura del maggioritario che ognuno adopera come ricambio ideologico della nostra cultura politica. I sondaggi in questo non sbagliano. Non sono mai attendibili nei quiz dettagliati e pettegoli _allaSant<?ro,ma una cosa la ripetono rncessantemen te: la maggioranza sta sempre dalla parte del vincitore. Come può altrimenti succedere che un imprenditore prima edile e poi editoriale, sodale di Craxi e beneficiato da Mammì, rubricato nella P2, attorniato da amici ed avvocati postfascisti, alleato con due formazioni di cultura uguale e contraria, entrambe di bassissima lega, capo di un governo che ha fatto ministro Ferrara e ha confuso Matteoli con Mattioli, che ha arrancato per mesi senza produrre nient'altro che una legge finanziaria approvata con la condiscendenza e il concorso dei suoi oppositori ... Come è possibile che sia ancora frainteso dai più come il migliore statista a disposizione, uomo di sicura fede democratica, simbolo della modernità e difensore della libertà? È semplice. Ha vinto. C'è ancora chi crede che la causa della vittoria sia la televisione, ma quello che qui si vuole sottolineare è il suo effetto. Forse si è soltanto di fronte ad un cattivo esempio, ma per ora è certo che la Persona e la Vittoria sono di per sè in grado di correggere - in senso maggioritario - la già scarsa sensibilità democratica degli italiani. . L'impressione è che questa trasformazione abbia contribuito a rilanciare la parola democrazia ma non il valore. BibliotecaGinoBianco La democrazia non si identifica nelle "regole" che tutti invocano, ma nei princìpi che molti hanno archiviato. Il maggioritario, come ogni altro meccanismo che sembri conveniente od opportuno, può darsi che sia la soluzione di un problema ma non è lo svolgimento a senso unico di un tema che ha ben altra ampiezza e ben più possibilità di quella democrazia anglosassone o (( . ,, . . . compiuta cui rnnegg1ano tutti i partiti. La democrazia è anzitutto un problema di cultura e proprio questo fa la differenza tra le elezioni all'inglese in Inghilterra e l'agognato loro accoppiamento con il girone all'italiana. E se non si vuole partecipare all'orgia demagogica, bisognerà infine riconoscere che noi italiani abbiamo tante buone qualità, ma non possiamo certo fare affidamento sulla nostra capacità e intelligenza politica. Se qualcuno ha dei dubbi, o gli dispiace ammetterlo a livello personale, guardi i suoi rappresentanti eletti. O anche, soltanto, la loro penosa "rappresentazione". (E qui il maggioritario forse non c'entra, ma come dice la parola stessa, aumenta in modo sconcertante la visibilità della nostra minorità) ♦ Sottoil cielo, in Italia, unaconfusionepiccolapiccola Marino Sinibaldi ·cominciando questo progetto, non ripeteremo la banalità sinistrese per cui grande è la con/usione, la situazione è dunque eccellente. In primo luogo perché, come è chiaro a tutti, in questa fine di secolo la situazione non è affatto eccellente, in Italia e fuori. Ma anche perché non è poi così grande la confusione. Quello che sta accadendo nel nostro paese è il contraddittorio, incompleto ma vistoso e tutto sommato rapido ricostituirsi di una nuova cultura egemone. Essa nasce per riempire un vuoto, quello che si è aperto negli anni alle nostre spalle, dopo la distruzione delle vecchie appartenenze ideologiche, confessionali e sociali. Tutte le subculture presenti nell'Italia dal dopoguerra a oggi, di destra, di centro e di sinistra, hanno in realtà cooperato perché questa consumazione si producesse. Forse il processo di modernizzazione di un paese straordinariamente arretrato e antiquato richiedeva necessariamente questo prezzo. Ma oggi siamo- in grado di misurare, molto limpidamente, che tra i valori della modernità che questo paese ha fatto propri ne manca uno fondamentale: una solida, equilibrata, consapev0le cultura democratica. Così accade che la modernizzazione italiana - e la sua recente postmodernizzazione - avviene non negando ma enfatizzando molti dei tratti caratteristici e dei connotati tradizionali della sua storia. Per i quali si può ricorrere alla categoria, benché ambigua, del carattere nazionale. Più semplicemente di quei tratti, che sembrano ormai incistati nella storia di questo paese, e che la nuova cultura di destra ampiamente raccoglie, se ne possono richiamare un paio, decisivi e attuali: la tendenza plebiscitaria, ansiosa di deresponsa-
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