La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 1 - febbraio 1995

tro, è la mirabile metafora di un duello nel quale il vincitore (così viene qui a dichiarare) ha dovuto arrendersi di fronte alla debolezza dell'avversario. Si, la parola "quattro" vuol dire che il tentativo è stato fatto ed è fallito. La media del tempo di scrutinio viene minacciata soltanto, qualche volta, dalla questione dei "decimali collegiali". Il professore dichiara "quattro e mezzo", ma poi soggiunge, cercando con lo sguardo un incoraggiamento per l'incresciosaevidenza della registrazione: "... e sette più". Questo vuol dire, in media, "quasi salvo" ma l'educatore vuole, prima di prendere una decisione del genere, farsi confortare da una discussionecollegiale, che potrà mettere in rilievo, "qualora ve ne fosse bisogno", la personalità dell'allievo. E questo egli dichiara di fare secondo lo spirito, ormai antico, dei decreti delegati. Egli avverte il peso di quella scelta brutale, un po' come un giudice popolare, e forse anche il sospetto della follia di tutta la procedura. La maggior parte dei colleghi, francamente, si rende conto della miseria culturale del rituale, nel corsodel quale vede il proprio lavoro rattrappirsiprogressivamente, fino a prendere la forma di quella inespressivapappa di numeri. Eppure, dopo che si sono fatti milioni di parole con gli studenti, dopo che si sono costruiti legami tra frammenti di vite e si è sparso tanto di sé, senza poterne vedere eprevedere l'esito, la cerimonia dei numeri è un fatto, una prova di esistenza. Ed è anche un documento professionale, come le eliografie degli ingegneri, i verbali dei magistrati, i ricettari dei medici, un documento che avrà di sicuro delle conseguenze concrete, pubblicate, e che nessuno che non sia un insegnante potrà mai confezionare. Quando, al termine della nenia di sei, del botto dei tre, della raffica dei quattro e del fischio dei cinque, la tempesta aritmetica cessa, gli allievi sono finalmente messi in ordine, si sono sistemati in un quadro. Il mostro dell'effetto tra le persone, che con particolare virulenza appesta le aule e i corridoi delle scuole, che toglie agli insegnanti il fiato per diventare manager, è stato sconfitto. La sterilizzazione è fatta, la funzione sociale della scuola si è alla fine manifestata: una persona, un voto. BibIiotecaGinoBianco AGITAZIONI. STUDENTIANAPOLI Luca Rossomando Si potrebbe cominciare da una sera di fine settembre, forse ora nessuno se ne ricorda più, e in realtà non successeniente di straordinario. A settembre fa ancora molto caldo, non c'è da studiare e molti finiscono la gior11,a.taper le strade del centro. Quella sera c'era solo un po' di gente in più a piazza San Domenico. Era di mercoledì, molti ragazzi erano andati a ·vedère Il postino ma non erano riusciti a entrare, perché il Modernissimo avrà anche quattro sale ma il numero dei posti non arriva alla metà di un cinema normale. Così avevano anticipato la tappa a San Domenico. Lì, oltre agli ospiti abituali seduti sulle scale in cima alla piazza, c'era già una piccola folla, f,iù giù, intorno all'obelisco. Erano quelli del 'Università. Il movimento nasceva in quei giorni ed era ancora una cosaaperta che si stava costruendo insieme e poteva venir su in mille modi. Ne discutevano tutti e ogni opinione aveva la stessa forza delle altre, ognuno poteva scegliere come entrarci. Molti, per esempio, presero a suonare per strada, durante i cortei, e continuavano a suonare fino a sera, magari tenendo aperta la custodia della chitarra. Quella sera poi sembrava che qgnuno avesse portato con sé uno strumento e quelli che non suonavano ballavano. Insomma la piazza si riempì di persone, arrivarono quelli che uscivano dall'ultimo spettacolo, quelli che erano riusciti a vedere Il postino e altri ancora attirati dalla musica. Si fece tardi e la piazza si svuotò. Tutto qui, non successenient'altro. Il movimento poi ha preso una delle tante ..

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==