Studi Sociali - XIV - n. 3 serie III - 30 aprile 1943

4. .STUDI iSOCIALI se si trovasse di fronte ad una difficile situa– zione interna o se sperasse, da questa attitudi– ne, maggiori vantaggi nella post-guerra. Pero, _:_e questo sembra in questo momento pili pro– babile- si farebbe il campione qell'intransigen- ~ za, se i governi «demo.cratici» corteggiassero troppo apertamente certi settori fascisti mode– rati delle caste dirigenti d'Europa, o arrivassero addirittura ad 11na pace di compromess9. I popoli combattono contro il fascismo e, pili o meno coscientemente, per un cambiamento profondo della struttura sociale e per la liberta. Sulla fine della guerra, se il fascismo sara scon– fitto (non é ancora sicuro), quest'impulso avra la sua crisi. I governi cosidetti democratici la temono e cercheranno d'evitarla ad ogni costo, anche con una pace affrettata o con il disfatti– smo; il governo russo la desidera per impadro- - nirsene. In un caso e nell'altro sara la sconfitta dei popoli, il trionfo, immediato o no, della soluzione fascista: Stato onnipotente, servita della gleba, corporativismo rigido, soppressio~e della personalita individuale. Per evitare la catastrofe, per sconfiggere ve~_ ramente il fascismo, non c'é che un mezzo: chia– rire gli equivoci. (il «democratico» e il «comu– nista>>) ; e conservare ai popoli l'iniziativa· della lotta, resistere con tutte le forze alla falsa con- . segna dell' «unita» che, manovrata oggi in un senso, domani iri un altro da ·governi e partiti~ mutila il pensiero ed intralcia l'azione. Non bisogna lasciare ai controrivoluzionari il mQnopolio della propaganda rivoluzionaria. La lotta contro il fascismo é una rivoluzione; biso– gna che tutti coloro che vogliono il socialismo nella liberta, se n.e convincano, lo dicano e lot– tino perché le inevitabili trasformazioni siano compiute dai popoli e non dai governi. Se ci riuscitanno avremo il socialismo libertario (in Italia lo chiamano libe1:ale, ma che importa?) ; se non ci riusciranno, avremo, presto o tardi. di nuÒvo il fascismo. LUCIA FERRAR!. La produttivita del lavoro Lo sviluppo della tecnica capitalista ha aumentato o - diminuito la_ quantita di lavoro che gli uomini devc,no fornire per soddisfare i loro bisogni e quelli delle loro famiglie? La questione, che a prima vista sembra facile da risolvere, é invece abbastanza -complicata e a volte sembra perfino. che non si possa risolverla allo stato attuale delle informazioni economiche. In un piccolo gr;uppo economico, in una piccola cel– lula sociale completamente autonoma, é facilè ,sapere quanto da la produttivita del lavoro. Ed il lavoro é di– rettamente definito, per ogni individuo, dal rendimento. Questo succede in ogni economia naturale, in cui -non si ricorre allo sca_!Ilbio che su scala ridotta, all'interno dei gruppi. Ma quando lo scambio s'é esteso ed ha in– trodotto dapertutto la divisione del lavoro, é divenuto sempre meno facile stimare esattamente la produttivita del lavoro stesso. Nel mondo capitalista la divisione del lavoro é arrivata a stabilirsi perfino tra le nazioni. Mal– grado cio, a causa del protezionismo, é pòssibile consi– derare ancora ogni paese come un tutto economico, giac– ché il com~ercio internazionale interviene solo a titolo di complemento, ch'é indispensabile, certo, a compren– dere l'economia nazionale, ma. che non modifica profon– damente i dati necessari all'apprezzamento della produt– tivita del lavoro. E' dunque possibile considerare ogni nazione come una gigantesca comunita economica, in cui ciascuno. co,ntribuisce aHa produzione generale. Ma non sempre il lavoro individuale h~ risultati v1s1- bili. Il lavoro d'un muratore si misura esattamente. I servizi d'un ingegnere si vedono meno; quelli d'un i– spettore del lavoro non si vedono piu affatto. Cosicché I;10n é piu possibile misurare la produttivita d'un'impresa . pri~ata, senza tener conto del lavoro speso in altr~ im– prese e nei servizi sociali. Il rendimento di una deter– minata fabbrica di caldaie é aumentato. Perché? Perché si sono introdotte nuove macchine? Perché s'é raziona– lizzato iÌ lav9ro? Forse. Ma anche, certamente, perché i servizi di trasporto sono stati migliorati ed accellerati, pe~ché ·la forza motrice i stata modificata grazie ad im– mensi lavori pubblici, ecc .... Nella reaha c'é rimasto forse un solo lavoro, la cui produttivita si possa .apprezzare; é il lavoro nazionale in un tempo dato, un anno, per esempio. Per dare un giudizio esatto per pa si co~e l'Italia, la Francia, la Germania, gli Stati Uniti, l'Inghilterra, ecc., bisognerebbe paragonare il, lavoro speso e le quantita prodotte, du– rante un anno, in due epoche date, tenendo conto delle modifica~ioni prodottesi nella popolazio•ne. Mancano sta– tistiche per stabiEre tali paragoni cqn un grado accet- tabile d'esattezza. ~ 1 Per cercar di misurare la produttivita del lavoro, biso• gna ricorrere· necessariamente al confronto dei livelli di vita. Ma la nozione di livello di vita é delle piu vaghe. ~isognerebbe, per arrivare a qualcosa d'accettabile, sta– bilire rapporti fra il costo della vita e gl'ingressi indi– viduali, poi confrontare questi rapporti prendendoli in due epoche date.• Ma il costo della vita si stabilisce ge– neralmente in funzione dei prezzi al minuto e vale cio che valgono i numeri - indici dei prezzi al minuto; ora questi numeri - indici sono proprio tra i piu discutibili, giacché i prezzi al minuto sfuggono spessissimo ad ogni controllo reale. D'altra parte, per stabilire il. costo della vita partendo dai prezzi al minuto, bisogna stabilire dei bilanci - tipo completamente arbitrari. La maggior parte dei governi han fatto valutare, sulla carta, il costo dtlla vita, facendolo salire o scendere a volontii, secondo i bi– sogni della loro politica, modificando semplicemente il coefficente accordato a ciascuna delle diverse parti de] bilancio familiare. Il prezzo degli affitti aumenta? Basta diminuire in proporzione l'importanza che gli si attri– buisce nel bilancio • tipo, perché il costo della vita sembri restare immobile. Ma, che dire delle entrate? Le stati• stiche sono sempre incomplete e sempre soggette a critica, Pero allora, come fare? Non esiste, attualmente, nes– sun procedimento che permetta di misurare agevolmente ( e indiscutibilmente la produttivita del lavoro, considerato su scala nazionale. Per cercar d'ottenere una visione ap• prossimativa sullo stato della questione dobbiamo ricor•. rere per forza a metodi piu lunghi, che danno :ri~ultati piu imprecisi, ma ·meno agevolmente refutabili.

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