Studi Sociali - anno IX - n. 9 serie II - 2 marzo 1938

Pag. 2 affamate). Finché non avremo reagito con– tro quel modo di dire, che é come il sim– bolo del vecchio mondo in putrefazione ed impedisce, nelle cose e nelle menti, la pre– paiazione del mondo nuovo, lasciando tutte le porte aperte alla guerra, il nostro pe– noso lavoro sani un po' quello di Sisifo. L'impostazione coscientemente o inco– scientemente nazionalista dei piu impor– tanti problemi ha trasformato in errori profondi anche i mezzi di lotta più efficaci e fecondi. Le sanzioni durante la guerra d'Abissinia sono un esempio chiarissimo. Furono sanzioni imposte (anche se solo in apparenza) da 52 governi a tutto il popolo italiano, quando il governo fascista attac– co l'Etiopia. Bisogna ricordare che un po• polo non si ribella quando vuole e quindi non si sente responsabile degli atti del suo governo. Il popolo italiano ha sempre con– siderato il fascismo come un !conquista– tore, un padrone, mai come un'espressione della volonta nazionale. E l'unico momen– to -dal '22 in poi- in cui c'é stata un'ap– parenza di solidarieta fra popolo e governo in Italia, é stato il momento delle sanzioni, quando le autorita sono riuscite a convin– cere una parte della massa che esisteva "un nemico comune". Ben altra efficacia avreb– bero avuto le sanzioni se applicate (dai po– poli e non dai governi) al fascismo, quando questo conquisto a tradimento l'Italia. Anche adesso sarebbe possibile lottare dal di fuori contro un governo aggressore senza ledere l'esistenza normale del paese rispettivo, boicottando esclusivamente il commercio delle materie prime necessarie alla guerra, specialmente del petrolio, che -ricordiamolo- non arrivo ad essere comin·eso nelle sanzioni contro l'Italia. Ep– pure 1a tattica non si modifichera, se si deve giudicaTC dai primi passi che si stan facendo per ostacolare l'azione giapponese. Ed é anche naturale. A nessuii governo del mondo interessa separare nettamente la massa d'un paese dalla sua classe diri– gente. Il fenomeno sarebbe fatalmente con– -tagioso. E-.Ia quando gli orientatori -dcHe n10Jtitudini antifasciste sono al governo o al servizio d'un governo, l'Internazionale dei lavoratori é diventata un mito, sempre piu pallido sullo schermo della •storia con– temporanea. L'Italia conquisto l'Abissinia,, il Giappo– ne conquista 'la Cina, l'Italia e la Germa– nia invadono la Spagna: non é· solo una iorma d'espressione; é un modo -il vec– chio modo- di vedere la lotta e di con– cepire la geografia. Questo sforzo -riuscito in parte- per tornare indietro é evidentissimo· in Spagna, -<love la politica arcaica nella questione del Marocco prima e la militarizzazione dopo hanno semidistrutto le enormi possib:ilita d'un'azione radicale contro la guerra che poteva avere nella penisola iberica il suo punto di partenza. Non paTlo naturalmente di quella militarizzazione inevitabile ohe consisteva nella disciplina e nell'unita di Stato maggiore (fini che i fautori della mi– litarizzazione han piuttosto ostacolati cbe aiutati, come, per esempio, nel caso di Bru– nete), ma del ten!tativo d'irreggimen(tare le forme e gli spiriti, creando una menta- 1ita nazionalista e, in certo modo, totalita- ria, prima inesistente in Spagna. · Si puo dire, senza timore di cadere nel– l'arbitrio, che lo sbocco autoritario, statale della rivoluzione russa, é la causa prima di quest'enorme pericolo di regresso che incombe sull'umanita. Pericolo di regresso ·che é un pericolo di morte. I comunisti, o per meglio dire gli agenti della Russia che dirigono questa nuova Compagnia di Gesù che si chiama Partito Comunista, hanno un'influenza innegabile, per quanto artificiale e superiore all'impor– tanza numerica degli affiliati, in tutti i paesi non fascisti, specialmente a causa dell'alleanza franco-russa. Ora il governo russo (che non s'identifica col popolo rus– so) impone 'la politica dell'unione nazio– nale. E vediamo in Francia le masse ch;i si dicono internazionaliste tollerare che i propri esponenti· glorifichino l'esercito e STUDI SOCIALI stringano alleanze con i dirigenti cattolici. L'andata al potere del Fronte Popolare ha reso più evidente, ed anche più disastrosa, questa politica, che conduce da un lato alla guerra e dall'altro a una sottomissione sempre maggiore della classe operaia che si vede ritirare a poco a poco tutte le con– cessioni che le erano state fatte in prin– cipio. Da per tutto si va -a piccoli o grandi passi- verso un capitalismo di Stato, che solo, ripeto, puo salvare dal socialismo l" classi privilegiate e rendere possibile, coi mezzi che mette a disposizione del governo, una guerra condotta con criteri moderni. La guerra (come il fascismo) é dunque una conseguenza diretta della paura della rivoluzione, che esiste non solo nel capi– talismo e nei dittatori, ma anche nei go– verni democratici e nei dirigenti di sini– stra che agli uni ed agli altri sono legati da fili invisibili. Il risveglio dello spirito nazionalista nelle masse (spirito che esistP sempre in potenza, come l'odio di razza, i1 fanatismo religioso ed altri assurdi che é ben difficile cancellare dal campo della realta), é opera della "élite" dirigente, do– minata da quella paura. E, per uno strano paradosso, questo ri– sveglio é assai più facile nei paesi non dit– tatoriali, clov'esso prende un aspetto anti– faGcista, che negli stessi paesi fascisti, in cui la retorica nazionalista, che s'appoggia sul fascino incerto della tradizione, é solo subita od assimilata molto superficialmente. Mentre, sulle rovine dell'Internazionale 1 isoige -l'esclusivismo patriottico nelle mas~ se, agonizza in tutto il mondo l'imperiali– smo che é l'espi-essione capitalista di quello stesso esclusivismo, basata non più su un istinto, ma su un sistema d'interessi. L'alta finanza e la grossa industria dei– l'Inghilterra preferiscono mettere in peri– colo la potenza coloniale del Regno Unito -che s'indebolirebbe straordinariamente se la Spagna cadesse in mano a un fasci– smo non controllato dagli inglesi- piut- Naturalmente non rinuncia per questo alle sue piccole lotte interne di concorren– za, che vengono a complicare ancor più la situazione, ma in genere si puo dire che l'internazionale capitalista é oggi assai più forte che l'internazionale operaia, benché il capitalismo sia indiscutibilme11:e prossi– mo a morire nelle sue forme attuali. Pure si cominciano a vedere segni di ri– scuotimento nelle masse narcotizzate dalla demagogia patriottica dei grandi partiti an– tifascisti. E' troppo evidente che solo la rivoluzione puo scongiurare la guerra o farla cessare una volta cominciata, perché l'inganno possa durare a lungo. Questa vol– ta si tratta della vita o della morte. I po– poli lo capiscono e sono per istinto rivo– luzionari. Se le minoranze che odiano la guerra, vogliono il socialismo ed amano la liberti, sapranno trasformare quest'istinto in coscienza e in volonta d'azione, i popoli si troveranno uniti contro i lupi in veste <li lupo e contro i lupi in veste d'agnello. E l'umanita sara salva. E dall'angoscie del presente nascera l'impulso verso un mondo nuovo senza lupi. LU('I.\. l<'};RR.\.RI. La Spagna e il capita= lismo internazionale Prima del 19 luglio la Spagna era un paese neu– trale nella politica europea; non era una potenza, malgrado la sua posizione geografica invidiabile. In– vidlallile. perché la Spagna chiude il -:lieditenanao occidentale e, avanzando dail'Europa verso l'Afric:i, .coet..ituisce un vero trait-d'union fra i due conti– nenti. Lo stretto di Gibilterra é l'unica comunic,1- zione fra tutta la zona occidentale europea e l'.-\– frica. e fra l'Atlantico e le zone del° Proc:;:3imoe Lontano Oriente. Vale a dire che é il pernio clèl– l'i1npero ingle.se. perché tutto il traffico comm~r– ciale- dell'Inghilterra con le sue ricchissime colonie 1n Oriente e in Africa, se <lovesae prescindere da Gibilterra. dovrebbe passare 1>er il Capo di Buona S-U> ·I ·m~ JJ,!j-nGi-p-i '-i-"\<Ol-t;i.....1-'~.ru==.....1:u:.==mfil!!!Q...~~_r,tli!:.!,çJ!_,__ ____ __ zione sociale spagnola uno sviluppo aneli-e limitato. Preferiscono un fascismo forte in Italia, anche se antibritannico, piuttosto che •svegliare -con la sconfi.tta di Musso– lini in S'pagna- una rivoluzione antifasci– sta in Italia. La pam:"a della rivoluzione e non quella della guerra ha prodotto il dramma iniquo del non-intervento, a cui doveva seguire, nei piani inglesi, un -armistizio che, appa– rentemente imparziale, avrebbe rotto· le re– ni alle fone popolari. L'imperialismo riprende i suoi' dliritti (rompendo in parte la soliclarieta capita– lista internazionale) solo quando di'minui– see il pericolo d'una rivoluzione contro il capitalismo. In Francia il capitalismo di destra (poi– ché c'é un capitalismo di sinistra; che a:u,– poggia ti Fronte Popolare e le nazi'onalizza– zioni, preparandosi a prendere la direzione dello Stato padrone di tutta l'economia), il capitalismo di destra agisce in perfetto ac– cordo con l'Italia e la Germani'a, pronto a consegnare non solo le colonie, ma anche la stessa patria in cambio d'un aiuto con– tro le forze operaie del propri'o paese. L'e– sempio dei "nazionalisti" spagnoli é ancora più evidente. Le democrazie sono deboli di fronte al fascismo, perché il capitalismo delle na– zioni democratiche a cui i governi rispet– tivi sono legati non é piu patriotta. Lo é mai stato? No, senza dubbio. Du– rante la guerra passata lo si é visto chia– ramente. Ma ora il contrasto fra gl'inte– ressi del capitalismo come tale e quelli imperialistici d'una data na._zione, s'é fatto molto più evidente. Non si tratta di casi i– solati, ma d'un fenomeno generale. Le ap– parenti oscillazioni della politica inglese ci dicono, non che il capitalismo sia paci– fista, ma ch~sso ha interesse -in blocco– che vincano i paesi più Teazionari. In una parola, accetta qualunque cosa possa scon– giurare o ritardare una rivoluzione a ca– rattere socialista. Per qttesto lo stretto di Gibilterra, fin dall'inizio della politica imperialista dei paesi europei, spechl– J11.e.utea partire del secolo XVI, ha acquistato un'im– portanza strategica enorme, ,tant'é vero -che l'Inghil– terra sentf, nel 1704, il bisogno d'impadronirsene. Oltre, alla sua .posizfone geografica privilegiata, ~a S.pagna ha, come -cornpentSod'un suolo povero, un sottosuolo, ricclùssimo_ Inoltre é un :paese eetooo, di pili. di mezzo milione di chilometri quadrali. Tutti questi fattori esercitarono sull'in1]lerialismo euro.peo ttn'attrazione <Sempre maggiore, inducendolo ad una penetrazione che .tendeva essenzialmente a dominare la nascente industria. spagnola dei tra-sporti, e, 50· pratutto, lo sfruttamento delle miniere. Hem Day ha pubblicato un opuscoletto "li: ca1>i– talismo internazionale di fronte alla Spagna rivo– luzionaria" edito dalla casa edi,trlce "Tierra: y Li– bertad" di Barcellona, quando io ne formavo parte. E· un .Javoro pieno di numeri, come tutti quelli di Hem Day, che studia -la penetrazione imperialista in. Spagna e le conclusioni a cui ci conduce questo rat– to. Prenderò da quest'opuscolo a1cuni dal i che con-– Bi<1.erodi grande interesse per comprendere le cos <li cui 1>iù avanti -parler6. Pl'ima clel 19 luglio, in pieno regiln.-e monarcbiao prima e dopo in regime r pubblicano, la Spagna. era &tata inva-sa dai capitali francesi, belgi, inglesi e tedeschi, e. in minor ])roporzionE) canadest olan~ dooi e svizzeri. :Molla importanza ha il fatto che-, come si vede, l'Italia non ha in Spagna •Ca[litali con– siderevoli: avra al mauimo .piccole proprieta. pic– cole industrie. In ,qnoot'opusoolo Ilem Day studia 33 compagnie commerciali e industria1i istallato in Spagna: di mi– niern, di trasporti, elc. Di quesle 33 compagnie cou capilali stranieri, 14 sono francesi (sopratutto fer– rovie, incluetrie chimiche ed alcune miniere). Solo le compagnie di cui llem Day d{t cifre arrivano coi loro capitali ad una somma di 700 milioni cli 1ie.sete (col valore cli prima della guerra). La Jì'rancia sfruttava lo ferrovie di quasi tutto ;i orci della Spagna. La firma Roocbild sfruttava qua– si esclusivamente le miniere di rnercurio di Alma– dén, cbe sono quasi le pi(~ ricche del mondo, le miniere di nto1nbo di Peiiarrnya o quelle cli Carolina che Bono tra le più ricche della Spagna. Jn più 1a l?ran.ciaaveva Industrie chimiche a Bilbao (uria ao-

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