Studi Sociali - anno III - n. 17 - 21 febbraio 1932

'. 2 sul mercato in quantita sempre maggiore, sia pure a buon prezzo, ma sempre ad un prezzo che resta troppo grande per le debolissime pos– sibilita d'aBquisto delle maggioranze umane. ,Questo vale in generale e pe•r tutti i paesi; ma per l'Europa in particolare la cosa assume uJJ. aspetto anche pi,u grave e nel tempo stesso differente per la concor-renza e l'infiltrazione nord-americana, che tende a farne, come ebbe qualche tempo fa ad affermare l'ex ministro francese Herriot, una "colonia americana", in quanto cio, unitamente a tutte le difficolta create dalle varie barriere doganali che divido– no le nazioni europee, rende ancor più diffici– le l'accesso degli stessi prodotti industriali e agricoli d'Eluropa nei vari mercati ancora esi– stenti in seno ad essa, come i paesi balcani, i baltici, ecc. eC'c. Dalla costatazione di queste difficolta, sia per contrarrestare l'infiltrazione nor.d-america– n.a, sia per tentar di diminuire l'intralcio delle barriere doganali, n.acque dopo la guerra, e da un paio d'anni ha guadagnato numerosi ade– renti anche fra elementi capitalisti dei più av– veduti, l'idea della creazione degli "Stati Uni– ti d'Europa" che dovrebbero essere un passo verso la soluzione della •crisi europea, per ar– rivare ad assicurare all'Europa stessa la pace, favorendo lo sviluppo delle sue industrie e pro– eurando a •queste nuovi merC'ati. Ma se l'Ldea può sembra•re bella, essa non é pero affatto di facile attuazione. In due corr€nti si possono considerare divis€ le forze attuali del •capitalismo cercanti 1111a via per risolvere la loro cnst comune, e sono :1 una, che rinchiudendosi ancor 'Piu nelle pro– prie barriere nazionali, cerca di chiudere i propri mercati ai prodotti stranieri per svilup– pare e fav-0rire l'industria nazionale, e cio non potra ,ehe portare a nuovi e gran.di dissidi, con– flitti e guerre; l'altra for za tend e ad allar– gare o abbattere tali barriere, propugnando e propon.endo la formazione di un organismo nuovo, glì Staìti-Un.iti tl"E;iirop . Rientra n.ell'orbita della seconda corrente la proposta, interessante a conoscersi, di un rap– presentante della borghesia .reazionaria tede– sca, il dott. Schacht, che nel suo libro "La Fine delle Riparazioni" sugg,erisce, come rimedio alla crisi attuale, la creazione di un trust mon– diale per raccogliere i mezzi necessari per u– na impr-esa di rifornimento ,d,ei 'Paesi arretra:ti "' dei meTcati ancora disponibili (Ameri-e'a d 8 1 Sud, Africa, Asia, e parte dell'Europa). L'im presa dovrebbe essere basata sopra una ripar– tizione equanime fra i diversi paesi, secondo la loro potenza produttiva e la foro popolazio– ne. Inutile notare che la "equan.imita" della proposta consisterebbe in questo: che i paesi 4ìiu fo.rti finanziariamente e militarme_nte, e per ci6 sedicenti "civili", costituirebbero un trust ,di sfrutta,m,ento dei "pa<lsi arretrati e irner,cati dis'Ponihili", per poi divider,ene 1 le spo,glie all'incirca con la stessa "•equanimita" con eui dei ladri si dividono il bottino dopo la riuseita di una loro impresa! In -quante>ai ventilati Stati Uniti d'Europa, poi, ci6 che subito vien fatto di rilevare é che fra i partigiani di taile ,oluzi,one nessuno ha definito ancora come si vorrebbero costituiti co– testi Stati Uniti. I piu navigano nel moDJdc> del– le illusioni e dei sogni, perché nessuno avanza una proposta pratica e ;ioncreta che in una maniera qualunque po,s,a segnare un principio di realizzazione, mentre le difficolta di •c'arat– tere diverso che le si oppongono sono innume– revoli. Il che, pero, non vieta di ammettere che, se anche si a-r11ivassesoltanto, a creare una u– nita doganale e un tesoro comune, cioé una banca comune per tutta l'Europa, ciò costitui– rebbe almeno un pa,sso in avanti che evitereb– be piu d'un pericolo di guerra e senza tutta– -via raggiunge11e la soluzione della crisi, riusci– ~ebbe quasi certe> ad attenuare di questa la -graviita ~ ,l'intensità. Il capitalismo allontane– i·ebbe •c'<>Si, forse, per alcuni anni almeno, il pe– ricolo che ora lo minaccia: pericolo che altri– menti spinge-ra il mondo ad adottare qualche .~oluzione più radicale ancora• -che non potrebhe STUDI SOCIALI non essere anticapita:lista. Quest'ultima soluzione, per noi piu deside– rabile, ci sembra che, fatte le somme, sia an– che la piu probabile. peT•ché aUe rparoie dei fautori di cotesta super-nazione europea non seguono mai i fatui; e tutti i l,o-ro progetti, anche i piu insignificanti, dopo un momento d'entusiasmo, ·C'adono neH'oblio. Né forse v',é estranea d-el tutto la paura, •perché la creazio– ne degli Stati Uniti d'Europa potrebbe appor– tare grandi modificazioni nei lineamenti ,del capi tal' mo attuale; ed é ci6 che le ,rende osti– le la maggior parte delle forze reazionarie, le quali con tutti i mezzi cercano di ostacolare qualsiasi realizzazione tendente a sminuire i privilegi capitalisti ed a portar,e, sia pure in minime proporzioni, un po' di beneficio anche alle -classi sofferenti. ,Cosi il progetto degli Stati Uniti d'Europa ha tutte le probabilita di rimanere ancora e per un bel pezzo una ",utopia". E la so-luzione che si presenta al mondo come la più rapida, più pratica e più p-ossibile, resta sempre quella rivoluzionaria e soc,ialista. Poiché, postergando sia pure una soluzione provvisoria per uscire dalla situazione attuale, la crisi del capitalismo si .accentuera e non potra che contribuire a spingere le masse verso movimenti rivoluzio– nari realizzatori. con la applicazione degli idea– li che sempre piu le influenzano, in una socie– ta egualitaria, dove lo sviluppo tecnico sia mes– so a profitto di tutti e non sia piu elemento di miseria ma di crescente ricchezza e bene,sere. Allora, si, po-tra ,r,ealizzarsi in maniera durevo– le una vera unione europea, non di Stati ma di popoli; non per combattere, sia pure solo economicamente, gli altri continenti, ma per cooperare con essi in migliori condizioni a for– mare insieme una umanita piu civile. HUGO TRENI. t:rrori e Rimedi Vi-é oggi tanta gente varia che si chiama anar– chica, e col nome di anarchia si espongono tante idee disparate e contradditorie, che da·vvero avrem– mo torto di meravigliarci quando il pubblico, che é nuovo alle nostre idee ,e non pu6 a prima giunta distinguer•e le gran.di differenze che si nascondono sotto il velo di una parola comune, resta sordo alla nostra propaganda e ci guarda con sospetto. Noi non possiamo naturalmente impedir-e agli altri di prendere il nome elle vogliono; né l'abbandonar noi il nom,e di anarchici servirebbe ad altro che ad aumentare la ,confusione, poiché il pubblico pellil& rebbe che noi abbiamo semplicemente voltato ban– diera. Tutto ci6 elle possiamo, e ci6 che dobbiamo fare, si é di distingu-erci nettamente da coloro che dell'a• narchia hanno un concetto diverso da1 nostro, o che dallo stesso concetto teorico tirano conseguenze pratiche opposte a quelle che ne tiriamo noi. E la distinzione dev,e risultare dall'·esposizione chiara del– le nostr,e idee, e da1 continuo ripeter,e francamente ed altamente la nostra opinione •SU tutti quei fatti che sono in contr-adizione colle nostre idee e col– la nostra morale, senza nessun riguardo di persone o di partito. Poiché questa pretesa solidarietà di par– tito, fra gente che poi non apparteneva e non avreb– be potuto appartenere' allo stesso partito, é stata appunto una delle cause prindpali della confusione. E si é arrivati a tal punto che molti esaltano nei "compagni" quelle stesse azioni che vituperano nei borghesi; e sembra che il loro unico criterio del bene e del male sia questo: s•e l'autore dell'atto che si giudica prende il nome di anarchico, o. no. •· • :f.: Molti e.ano gli errori che hanno menato gli uni a metter-si in completa contradizione coi principii che teoricamente professano, e gli altri a sopportare queste contradizioni; come molte sono le cause che hanno attirata in mezzo a noi della gente che in fondo se ne ride del socialismo e dell'anarchia, e di tutto ci6 che sorpassa gl'interessi delle loro persone. lo non posso intraprendere qui un esame meto– dico ,e completo di questi errori. Solo accenner6 ad alcuni di essi ,cosi come mi si presenteranno alla mente. Prima di tutto parliamo di morale. E' cosa comune trovare d,egli anarchici che ",ue- gano la morale". Al principio é un semplice modo di dire per significare che, dal punto di vista teorico, non ammettono una morale .assoluta, eterna, immu• tabile, e che,_ nepa pratica, si ribellano contro la moraJ.e borghese, che sanziona lo sfruttamento delle masse e condanna quegli atti chl2ltornano a pericolo e da,nno dei privilegiati. Ma poi 1 poco a poco, come .suole avvenir•e in tante altr-e cose, prendono la fi. gura rettorica per· 1•espressione esatta della verita. Dim-enticano che nella morale -corrente, oltre le re– gole inculcate dai preti e dai padroni nel1'interesse del loro dominio, si trovano pure, ,e ne sono in real– tà la parte maggiore e sostanziale, anche quelle re• gole che sono la conseguenza e la condizione di ogni coesistenza sociale; -dimenticano che il ribellarsi contro ogni regola imposta colla forza non vuol dire niente affatto rinunziare ad ogni ritegno mo– ral-e e -ad ogni sentimento di obligazione verso gli altri; dimenticano che per combattere ragione-vol- 1nente una morale, bisogna opporle, in teoria ed in pratica, una morale superiore; e, per poco che il temperamento e le circostanze aiutino, finiscono col div•enire immorali nel senso assoluto della parola, cioé uomini s-enza regola di condotta, senza criterio per guidarsi nelle loro azioni, che cedono passiva– mente all'impul-sione del momento. Oggi si leveranno il pane di bocca per soccorrere un compagno, domani ammazzeranno un uomo per andare al bordello! La morale é la regola di condotta che ciascun uomo considera buona. Si pu6 trovare cattiva la mc– rale dominante in una data epoca, in un dato, paese, in una data societa, e noi infatti troviamo pessima la morale borghese; ma non si pu6 concepire una società senza una morale qualsiasi, né un uomo co– s-ciente che non abbia un qua1sin.si criterio per giu– dicare di quello che é bene e cli quello che é male per sé ,stesso e per gli altri. Quando noi combattiamo .la presente societa noi -opponiamo alla morale indi– vidualistica dei borghesi, .r~lla morale della lotta e della concorrenza, la morale dell'amore e della so– lidarieté., e cerchiamo di stabilire delle istituzioni che corrispondano a questa nostra concezione de•irap– porti fra gli uomini. Ché altrimenti, perché dovrem– rpo trovar male che i borghesi sfruttano il popolo? Un' altra dannosa affermazione, che in molti é s1nceTa, ma in-altri é una--Scusa,-si é che Fambi-ente sociale attuale non permette di essere morali; e che per conseguenza é inutile fare sforzi che non possono riuscire, ed il meglio é di cavare il pill che si pu6 per 'Se -stesso dalle circostanze presenti senza curarsi degU altri, salvo a cambiar vita quando sara cambiata l'organizzazione sociale. Certamente ogni .anarchico, ogni socialista comprende le fatalità e– conomiche che oggi costringono l'uomo a lottare con– tro l'uomo, ed ogni- buon osservatore vede l'impo– tenza della ribellione personale contro la forza pre– potente dell'ambiente sociale. Ma é egualmente certo che senza la ribellione dell'individuo, che si associa agli altri individui ribelli per resistere al– l'ambiente ·e .cercare di trasformarlo. quest'ambiente non cambierebbe mai. Noi tutti, senza eccezione, siamo costretti a vi– ver-e, piU o rn,eno, in con tradizione coi nostri ideali; ma siamo socia1i,sti ed anarchici, pe-rché ed in quan– to soffriamo di questa contradizion-e ,e cerchiamo di renderla ,men grande che ,sia possibile. Il giorno in cui ci adattassimo all'ambiente, ci passerebbe na– turalmente la voglia di trasformarlo e diventeremmo dei semplici borghesi: borghesi senza denari forse, ma non per questo meno borgheei negli atti e nelle intenzioni. .. .. " Altra fonte di errori e cli colpe gravissime é stato il modo come si é interpretato da molti la teoria della violenza. La società attuale si mantiene colla forza delle ar– mi. Mai nessuna classe oppressa é riuscita ad eman– ciparsi senza ricorrer-e alla violenza; mai le classi privilegiate han rinunciato ad una parte 1 sia pur minima, dei loro privilegi, S·e non per forza, o per paura della forza. Le istitituzioni sociali attuali sono tali che appare impossibile di trasformarle per via di riforme graduali e pacifiche; e la necessita di una rivoluzione violenta che, violando, distruggendo la legalità, fondi la societa umana sopra basi novelle, s'impone. L'ostinazione, la brutalità con cui la bor– ghesia risponde ad ogni più anodina domanda del proletariato, dimostrano la fatalità ,della rivoluzio– ne violenta. Dunque é logico, é necessario che i so– cialisti, e ,specialmente gli anarChici, sieno un partito rivoluzionario e prevedano e affrettino la rivoluzione.

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