Studi Sociali - anno II - n. 16 - 10 gennaio 1932

ANNO II MONTEVLDEO, 10 Gennaio 1932 N.• 16 --~e------------------- • RIVISTA DI LIB[RO lSAMt: ABBONAMEN'l'I: Peir ventiquattro numeri Per dodici numeri $ 2.- ' ,, 1.25 {All'estero lv ~tesso prezzo, equivalente in mene• ta degli Stati Uniti a due dollari per 24 numeri ed un dollaro e ~5 cent. per 12 numeri.) SÒMMA O Non dirnentichiarno il fascismo (Luigi Fabbri) Un po'di teoria (Errico Malatesta) Il rnio credo sociale (D. Abad de Santillan) Il concetto di Rivoluzione (José Maria Lunazzi) Problerni angosciosi (Luigi Bertoni) Liiigi Galleani (Luigi Fabbri) Bibliogmfia (Catilina) Libri ricevidi in dono Non dimentichiamo il f scismo! Chi é stato qualche volta in prigione sa qual'é lo stato d'animo, continuo del carce– rato: un'angoscia permamente e sorda per la perduta liberta, che tien•e come in una mor– sa il' cuore e non lo lascia mai, neppure nel ·sonno. Se ne sente la pena al primo destarsi, e questa pena resta nel fondo dell'animo in tutti i momenti della giornata e tutti i gior– ni .. i mes-i, gli anni, senza un minuto di tre– gua. Per naturale istinto di conservazione, per spirito di adattamento,'il prigioniero rie– sce spesso a mascherare la sua pena intima e profonda, a sovrapporvi come una vernice, uno strato di serenita, di conforto morale, perfino di piacere e in certi momenti di chiassosa allegria, specie ·quando non é so– lo. Una parola amorevole, una voce lonta– na di speranza, una notizia, oppure una vi– sita insperata, qualche cibo inusitato, una lettera, un libro, un fiore, talvolta un non– nulla gli da un s.enso di consolazione e di gioia. Ma nel fondo resta sempre il dolore lancinante, perenne, la coscienza sconsolata della propria situazione infelice, e ogni al– tro motivo di sorriso o -di riso presto n'é vinto come il fugace refrigerio d'una goccia d'acqua sulle labbra di un febbricitante. Tale aH'incirca é lo stato d'animo nell'or– mai lungo esilio, di noi profughi' italiani attraverso le nostre occupazioni, le nostre lotte e le mille impressioni che ne derivano. Noi ci mescoliamo alla vita dei paesi in cui viviamo, continuiamo la battaglia e lo stu– dio per le idee che ci sono care, condividia– mo in pi-ena fratern-ita i dolori e le gioie dei compagni di tutte le lingue e di tutte le pa– trie, coHaboriamo a seconda delle nostre forze e capacita, sul terreno piii. adatto àlle nostre tendenze e temperamenti, all'avven– to della societa dei liberi ed uguali che non avra frontiere; ma la ferita che il fascismo ha aperta nell'intimo dell'animo nostro san– guina sempre come nei lunghi mesi in cui vedemmo coi nostri occhi' assassinare a ferro e fuoco le ultime liberta del popolo ita– liano. Per l'angoscia permanente che ne sen– tiamo, tutto il vasto mondo attraverso cui siamo stati costretti a pellegrinare ci sem– bra, a volte, un domicilio coatto, una vera prigione. Ebbene, questa ferita dolorosa che portia– mo in noi, noi non possiamo, noi non vo– gliaino che si cicatrizzi, finché l'infame col– tello che l'apri resta aperto sul popolo ita– liano e continua a squarciare sempre nuove anime ·e nuovi cuori. Siamo uomini, e sen;; tiamo talvoHa un bisogno cosi forte di ri- 8 iBSì f af~t~gacgrterc,nieìar, t> 1 P.er la redazione e l'Amministrazione ri– volgersi a: LUIGI F'AHBRI, rhista "Studi Sociali" CasiUa de Correo 141 MONTEVIDEO (Uruguay) desima che ci darebbe il riposo definitivo. Ma guai a noi, guai alla nostra vita morale, che é la piii. importante, se ci lasciassimo vincere dalla stanchezza, per quanto natu– rale essa sia! Vivere é il dovere nostro, e vivere per combattere. Guai se ci lasciassi– mo sedurre dalle sirene dell'ob'lio e ci ac– comodassimo al fatto compiuto, paghi di ripigliare in un angolo qualsiasi della terra quella vita relativamente normale che il fascismo tronco spingendoci fuori dei confi– ni del nostro paese! Potremmo ancora dir– ci anarchici, rivoluzionari, antifascisti, tut– to que'l che si vuole; qualunque cosa faces– simo per tranquillizzare la nostra coscien– za, non vi riuscirebbe. La coscienza reste– rebbe inquieta, e dentro di lei non potrem– mo non sentirci sempre dis·ertori e fedi– fraghi. Non dimentichiamo il fascismo! Vero é che dimenticarlo ci -sembra impossibile; ma non dobbiamo dimenticarlo anche se fos– se possibile. E per non dimenticarlo, per ricordarcen-e utilmente, e non soltanto co– me d'un qggetto di passiva tristezza, biso– gna combatterlo senza· posa, nelle piccole circostanze e nelle grandi, facendo contro di lui tutto quel che si pu6, piii. che si pu6, con tutti i mezzi valevoli allo scopo; con la coscienza che quando non é possibile il mol– to, meglio é far poco che nulla; con la in– telligenza nella scelta dei mezzi, che eviti l'irreparabile errore d'adoperarne di quelli che si traducano in un vantaggio pel nemico. Il fascismo, ecco il nemico! E quando parliamo di fascismo, intendiamo qui il fa– scismo italiano. Non dobbiamo dissimularci che, in certo senso, c'é del fascismo dovun– que, non solo in tutti paesi, ma anche in tut– ti i partiti e forze collettive, come in tutti i medesimi istinti individuali in cui lo spi– rito d'autorita e di prepotenza abbia il so– pravvento sul senso di liberta e di solidarie– ta umana, in cui la bestialita ancestrale ri– susciti e prevalga sull'umanita in continuo sviluppo. Combattiamo contro tutte queste forme di sopraffazione in qualunque paese o campo si manifestino, contro tutti i fasci– smi piii. o meno parziali, larvati o latenti. Ma non generalizziamo troppo. Non rega– liamo, specialmente noi italiani, al fascismo italiano che abbiamo sperimentato sulle nostre carni come la forma di prepotenza del'l'uomo sull'uomo piii. odiosamente com– pleta, e coi nostri occhi non l'abbiam vista superata da niun'altra, non gli regaliamo l'alibi di non esser altro che semplice ma– nifestazione di un fenomeno storico ge– nerale. Anzitutto, ci6 non sarebbe verita, ma so– lo un frammento approssimativo di essa e da un solo punto di vista. Il banditismo fa– scista é sorto, nazionalmente, in s.pecie come uno scatenamento di delinquenza collettiva da parte dei piii. amora'li residuati umani di guerra con l'unico intento di vendicarsi del– l'ostilita popolare, contro di essi unanime, e di appagare le loro voglie di arricchimen– to e di dominio, malgrado la propria inca– pacita, depredando e violentando tutti gli altri. E' gia troppo onore per essi il crederli precursori e partigiani coscienti della rea– zione capitalistica e stata'le, per quanto in- RIVENDITA: Per ogni copia $ 0.05. (Negli altri paesi lo stesso prezzo, equivalente a cent. 5 di dollaro. - Sconto d'usn ai rivenditori.) fame questa possa essere. Tentarono, al contrario, il primo giorno, d'imporsi osten– tando una demagogia completamente oppo– sta. E si volsero l'indomani verso le poten– ze del danaro, -del potere ·e della chiesa per semplice calcolo d'arrivisti senza scrupoli; - e perché dette potenze per le prime ebbero l'idea .di servirsene come di strumenti, riu– scendo in parte a consolidarsi, ma in parte · anche a farsen-e sfruttare e ferire nei propri interessi, come avvenne al ciarlatano con la biscia. Il fascismo italiano ha cercato poi, e cer– ca tuttora, d'inserirsi nel gioco della reazio– ne generale capitalistica, svHuppatasi in un s·econdo tempo nel mondo; ed il capitali– smo, altrettanto privo di scrupoli, ve lo aiu– ta pe' suoi fini. Ma, come fenomeno italia– _no, que'1lo non va confuso col resto. Il fasci– smo italiano non é un portato normale del– l'evoluzion·e storica, sia pure come fatto di reazione; esso non ha, come si vanta, con– quistata la storia, ma l'ha bestialmente stu– prata senz'alcun fine determinato d'indole generale. Potrebbe anche mutare rotta, se fossé nell'interesse personale dei suoi capi e componenti. Di fronte allo stesso capitali– smo,! come di fronte agli altri Stati, é sem– pre nell'attitudine di permanente ricatto, sia all'interno che all'estero. Il l'i:nguaggio di Mussolini e di certi suoi giornali, il recente episodio del conf'litto poi regolato col Vati– ·cano, la politica di benevolenza insincera con la Russia comunista, ue sono indizi e– videnti. Di certo v'é una cosa sola: che, va– da a destra o a sinistra, si amalgami ancor piii. con la reazione capitalista mondiale o se ne distacchi, si allei con lo Stato russo o coi n·emici di questo, faccia l'occhio di tri– glia al laburismo inglese o alla plutocrazia nord-americana, esso resta e restera sempre, per noi italiani, il nemico del popolo ita– liano, il tiranno dissanguatore e torturato– re del proletariato italiano e di quanti in Italia aspirano ad un avvenire di maggiore liberta. Non bisogna dunque cadere nell'errore storico e tattico di combattere il fascismo solo come una forma di guerra di classe, cosi come fanno certi marxisti. Desso é solo un lato della questione, e potrebbe anch'es– serne un lato transitorio od occasionale. Non trasm;.:-a?:e questo lato, profittare delle occasioni di battaglia ch'esso offre; ma non esclusivizzarsi e chiudersi in esso. Bisogna combattere il fascismo per ci6 ch'esso é in– tegralmente, in tutto il suo complesso: l'at– tentato piii. violento e perico'loso contro la civilta umana che la storia ricordi. E ci sembra si dia prova della piii. puerile ina– bilita quando, per spirito polemico, si bat– tezza per "fascista" qualsiasi altro governo, qualun·que misura autoritaria od arbitraria di potenti e di capitalisti, non solo, ma per– fino atti od opinioni di persone o partiti a noi avversi. Tutti i governi, dal nostro pun– to di vista anarchico, sono n·emici nostri e dei popoli; ogni ~isura autoritaria e coer– citiva dev'esser da noi condannata e rintuz– zata senza transigere; ogni manifestazione, opinione od intenzione autoritaria dev'esser criticata, sconfessata e combattuta; ma sen– za dimenticare che il fascismo é sempre

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