Studi Sociali - anno II - n. 14 - 16 ottobre 1931

2 sacl'ificio. Ma oggi, dopo l'immane ecatombe, il militarismo é piu forte di uomini e di armi in o<>nipaese; si é insediato da padrnne anche do– ve prima non c'era od era insignificante; ed avvel<'lla piu di prima le coscienze, e affama piu di prima i popoli, con l'assorbire ricche;,7.e, frut– to del lavoro umano, assai piu. grandi di una volta. Lo Stato, pel mantenimento dei suoi e– :;ei citi di terra, del mare e dell'aria, cost.3 oggi e pesa sulle masse lavoratrici e in genere su tutta la popolazione d'ogni paese, nel modo piu insopportabile. E se viene, nono.5tante, soppor– tato ,. soltanto perché ogni cittadino sta fra l'incudine della f.ame ed il martello della vio– Jeuza tatale. Da un secolo si fa propaganda pacifista ed antimilitarista, e non vogliamo dilungarci so– pra un argomento trattato .a esuberanza fin da prima dell'ultima guerra, e che tale guerra ha illustrato coi fatti pi(t terribili. Quando avre– mo detto che i mali che si denunciavano venti o trent'anni fa sono un nulla in confronto .a quelli che il militarismo statale infligge oggi ai popoli, avremo detto tutto. E non insistiamo col prospettare le maggiori rovine che una nuo– va guerra arrecherebbe. coi progressi tecnici e scientifici che l'infame at·te cli uccidere ha fat– to in questi ultimi tempi: sat·ebbc senz'altro l 'abi>' o, in cui sprofonderebbe la civilta uma– na. Ebbene la politica degli Stati, cli tutti gli tati, complici del capitalismo internazionale, ta spingendo l 'umanita Yerso questo abisso; <>rmai, si pu6 dire, che ve la spinga JJer moto automatico, malgrado ogni contraria intenziil- 11e (se ve n'é) dei suoi uomini, - e che il peri– colo non consista più in questo o quel possibile fatto stat_al , ma nell'esistenza dello Stato per se ste · ·a. L'idea di Stato, come idea di organiz– zazione sociale, non potrebbe esspre piu sconfit– ta cli cosi. .. La salvezza dell 'nrnanita non sta, quindi, che nel ritorno della sua evoluzione progressi– va sulla via della liberta, contro lo Stato e con– tro il principio d 'autorita, secondo l 'inclicazione ed il consiglio dell'anarchismo. Gli anarchici hanno la ragione dalla loro, come un medico ha :ragione di con igliare a un malato la vita al- 1 'aria pura e alla luce benefica del sole. Se il malato non ascolta il suggerimento ciel dottore. la sua disobbedienza non dimostra che questi ha torto anche se ha parlato inutilmente. Pos– sano gli anarchici non e. ere, ancora una volta, le Cassandre inascoltate della moderna Ilio, la -sventurata citta universale stretta cl'a edio dalle for7,e collegate ciel privilegio e della tiran– nide. LUlGI FABBRI. • Richiamiamo l'attenzione dei compagni sull'artico– Jo di E. Malatesta "A proposito di Revisionismo" pubblicato nel N.o 28 del 1.o Agosto u. s. de "L'Adu– nata dei Refrattari" di New York. Quelli che seguo– no l'attuale polemica sul "revisionismo" che si svol– ge nei periodici di parte nostra, debbono leggerlo. Non lo ripubblichiamo, benché siamo completamen– te d'accordo con le idee in proposito del nostro com– pagno lontano, perché di certo tutti i lettori di "Stu– di Sociali" possono facilmente procurarsi il periodi– co degli amici di New Jork assai piU diffuso del nostro; e la nostra sarebbe una ripetizione inutile. Noi, o collaboratori nostri, ci siamo occupati or– mai a sufficienza dell'argomento, sia esplicitamente che implicitamente, in piU d'un articolo, sia da que– ste colonne che da quelle del "Risveglio" di Ginev– ra e de "La Lotta Anarchica" di Parigi, coi quali ci troviamo in maggior concordanza di idee e di tenden– ze. Di Malatesta abbiamo preferito ripubblicare vecchi articoli che si riferiscono alla questione suddetta (ne pubblichiamo uno anche in questo numero), perché cié coincide con la intenzione che avevamo, nel fon– dare questa rivista, di ripubblicare a poco a poco quanti pili scritti potremo dei pili importanti, e or– mai introvabili e dimenticati, del nostro compagno. Cié non ai é parso inutile contributo alla attuale discussione, anche se qualche articolo di piU antica data confuta revisionismi di carattere diverso e per situazioni molto diverse dall'attuale. Altri articoli pe– r6, specie quelli di data posteriore alla guerra 1914- 18, s'inquadrano perfettamente nella polemica in cor– so, come se fossero scritti oggi. Qel resto i nostri lettori sono abbastanza intelli– genti per capire da sé che cosa di ogni scritto, - di cui scrupolosamente avvertiamo la data della prima pubblicazione, - pué considerarsi fuori dell'attualita del momento, e che cosa invece (e non ci pare poco) vi rientra in pieno e getta pili viva luce d'idee su- gli argomenti in discussione. Biblioteca Gino Bianco S'fUDI SOCIALI Intorno al nostro anarchismo Ho l'impressione, sia per quello che appare nei varii nostri periodici in Italia e fuori, sia per quello che i compagni ci mandano ,e che resta in gran par– te impubblicato per mancanza di spazio o per so– verchia insufficienza di composizione, ho l'impres– sione, dico, che non siamo ancora riusciti a far comprendere a tutti gli scopi che ei proponiamo con questa pubblicazione. V'é infatti chi, interpretando a modo suo il no– stro espresso desiderio cli praticitA e di realizzazio– ne crede che noi intendiamo "iniziare un processo Tevisionista dei valori dell'anarchismo teorico" e, secondo le proprie tendenze e le proprie preferen– ze, teme, o spera, che noi si voglia rinunziare, in 1>rati-ca, se non in teoria, alle nostre concezioni ri– gorosamente anarchiche. Non v'é cla tanto. In realtA noi non crediamo, come qualcuno ci ha fatto dire, che vi sia "antinomia tra teoria e pra– tica". Crediamo invece che in generale la teoria é 1 vera solo se é confermata dalla pratica, e che nel caso nostro se non si pu6 fare subito l'anarchia non é già per deficienza della teoria, ma perché non tutti sono anarchici, e gli anarchici non hanno an– cora la forza di conquistare almeno la loro libertà e di imporne il rispetto. Insomma noi restiamo fermi nelle idee che fin .dall'origine sono state l'anima del movim,ento a– narchico e non abbiamo proprio nulla da rinnegare. Diciamo questo non a titolo di merito, poiché se cr_edessimo di essere nel passato caduti in errore sentiremmo il dovere di confessarlo e di corregger– ci; ma lo diciamo perché é un fatto. E chi cono– sce gli scritti cli r,ropaganda sparsi un po' dapper– tutto dai fondatori di questa Rivista ben. dlfficil– lnente riuscirebbe a trovare una sola contradizione tra quello che diciamo ora e quello che dicevamo giA pili di cinquant'anni or sono. Non é dunque di "revisione" che si tratta, ma di sviluppo delle idee e della loro applicazione alle contigenze attuali. Quando le idee anarchiche erano una novità che meravigliava e sbalordiva e non si poteva che far la propaganda in vista di un lontano avvenire e gli stessi tentativi insurrezionali ed i processi volon– tariamente provocati ed affrontati non servivano che a richiamare l'attenzione pubblica a scopo di pro– paganda, poteva bastare la critica della società at– tuale e l'esposizione dell'ideale a cui si aspirava. Anche le questioni di tattica non erano in fondo che questioni sui mezzi migliori per propagare le idee e pre1iarare gl'individui e le masse alle ago– gnate trasformazioni. 1\1a oggi i tempi sono più maturi, le circostanze sono cambiate, e tutto fa credere che, in un tem- 1>0 che potrebbe essere imminente ma che· certo non é molto lontano, ci troveremo nella possibilità e nella necessità di applicare le teorie a! fatti reali e mostrare che non solo abbiamo più ragione degli altri per la superiorità del nostro ideale di libertà, ma anche perché le nostre idee ed i nostri metodi sono i più pratici per il raggiungimento del massi– mo di libertà e di benessere possibile allo stato at– tuale della civilizzazione. La stessa reazione imperversante e trepida man– tiene il paese in uno stato di equilibrio instabile che lascia aperta la via a tutte le speranze come a tutte le catastrofi. E gli anarehici possono da un momento all'altro esser chiamati a mostrare il loro valore e ad esercitare sugli avvenimenti una pres– sione che potrft a prima giunta non essere pr-epon– derante, ma che sani tanto più grande quando mag– giore sara il loro numero e la loro capacita. morale e tecnica. Necessità quindi di approfittare di questo perio– do transitorio, che non pu6 essere se non di cal– ma preparazione, per mettere insieme il più pos– sibile di forze morali e materiali e tenersi pronti per tutto quello che potra avvenire. . . . 11 ratto che non bisogna perder di vista é questo: noi siamo una minoranza 1·elativamente piccola, e resteremo tale fino al giorno in cui un cambiamen– to nelle circostanze esteriori - condizioni econo– miche migliorate e libertà aumentata - non met– tera le ma,gse in condizioni di potere meglio com– prenderci e noi in posizione di potere esplicare pra– ticamente l'opera nostra. Ora, le condizioni ,economiche non miglioreranno sensibilmente e stabilmente e la libertà non aumen– terA seriamente fino a che vigera il sistema capita– listico e l'organizzazione statale clrn sta a difesa del privilegio. Quindi il giorno in cui, per cause che sfuggono in gran parte alla nostra volontà ma che esistono e dovranno produrre i loro effetti, l'equili– brio sarà rotto e scoppierà la rivoluzione, noi ci tro– veremo ,come ora in esigua minoranza tra le varie forze in conflitto. Che cosa dovremo fare? Disinteressarsi ']el mov,lmento sarebbe un suici-– dio morale per ora e per sempre, poiché senza l'o– pera nostra, senza l'opera di quelli che vogliono spingere la rivoluzione fino alla trasformazione to– tale di tutti gli ordinamenti sociali, fino all'abolizio– ne di tutti i privilegi e di tutte le autorità, la rivo– luzione finirebbe senza aver nulla trasformato di essenz.iale, e noi ci troveremmo nelle stesse condi.– zioni di ora. In un'altra futura rivoluzione sarem– mo sempre piccola minoranza e dovremmo ancora disinteressarci del movimento, e cioé rinunziare al– la ragione stessa della nostra esistenza che é quel– la cli combattere sempre per la diminuzione (fino a che non si potra conseguire l' abolizione completa) del!' autorità e del privilegio ai– 'meno per noi che crediamo che la propaganda, l'e– ducazione non possa, in ogni dato ambiente socia– le, che raggiungere un numero limitato d'individui, e che occorre cambiare le condizioni ambientali prima che sia possibile l'elevazione morale di un nuovo strato d'individui. Che fare dunque? Provocare, se ci é possibile, noi stessi il movimen– to, parteciparvi in ogni modo con tutte le nostre forze, imprimervi il carattere piU libertario e pili egualitario che per noi si potrà, appoggiare tutte le forze di progresso, difendere il meglio quando non si pu6 raggiungere l'ottimo; ma conservare sempre 1ben distinto il nostro carattere di anarchici che non vogliono il potere, e mal sopportano che altri lo prenda. V'é tra gli anarchici - noi diremmo tra sedicen– ti anarchici - chi pensa che, non essendo le masse capaci ora di organizzarsi anarchicamente e di di– fendere la rivoluzione con metodi anarchici, dovrem– mo noi stessi impossessarci del potere ed "imporre l'anarchia con la forza". (La frase, come sanno i nostri lettori, é stata pronunziata letteralment-e, in tutta la sua crudezza.) Io non star6 a ripetere qui che chi crede nella potenza eclueativa della forza brutale e nella liber– tà promossa e sviluppata per opera dei governi, pu6 essere tutto quello che vuole, potrebbe anche aver ragion-e contro di noi, ma certamente non pu6 dir– si anarchico, se non mentendo a se stesso ed agli altri. Far6 osservare solamente che se governo ci deve essere, non saremmo noi che potremmo esserlo sia perché siamo troppo piccola minoranza, ia perché noi non abbiamo le qualitA che ci vogliono per con– quistare e conservare il potere e perché, sia detto 1 ad onor del vero, anche tra quei singolari compa– gni che vorrebbero conciliare l'anarchia colla dit– tatura "provvisoria", non si trova o si trova troppo 1·aramente chi sia capace di fare il legislatore, il giudice, il -carabiniere... ed il generale massacra– tore! Vi potrebbero bene essere tra noi alcuni, e non certamente tra i migliori, che, per insipienza o per ragioni meno confessabili, si accoderebbero al partito trionfante e cercherebbero cli avere un po' della torta governativa, ma questi non farebbero che tradire la causa che intendono difender-a, come han fatto certi pretesi anarchici russi, come f~nno quei 40 SOcialisti" che si alleano ai borghesi per far progredire il socialismo, o quei "repubblicani" che si danno alla monarchia per preparare la repu~ blica. Bisogna perci6 nella rivoluzione adoperarsi per• ché le masse s'impossessino della terra, degli stn• menli di lavoro e cli tutta la ricchezza sociale, e reclamino e prendano tutta la libertA di cui sono capaci ecl organizzino come possono e come voglio– no la produzione, lo scambio e tutta la vita socia– le indipendentemente cla ogni imposizione di gover– no; bisogna combattere ogni accentramento per la– sciare intera libertà alle singole località ed impe– dire che altri si serva delle masse pili arretrate, che sono sempre la grande maggioranza numerica, per soffocare lo slancio delle regioni, dei comuni e dei gruppi più progrediti - e dobbiamo in tutti ' casi pretendere per noi stessi la più completa auto– nomia ed i mezzi per poter organizzare la nostra

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