Lo Stato Moderno - anno VI - n.4-5 - 20 febbraio 1949

LO STATO MODERNO 77 chiesto 11ulla ai sodaldenwcratlci. N °" si poteva più abilmn,te met– tere i socialdemocratici nella cOtldizionedi dover a loro volta chie– dere il meno possibile. A 11-Che da questa parte, cioè da parte di De Gasperi, non ci sembra che Sarogat ne esca quindi gloriosome11te. A tutti noi questo episodio somm,m,e11te dispiace. Sopratti<tto ci dispiace vedere tanta fortuna eguagliata da cosi poca virtù. Le chances dei socialden,ocratici era110verammte forti il 18 aprne; la loro posizi0t1e illtemazicmale è stata sempre rispettata; oggi an– cora, per ragiat,i interna::iOt1Gli, la Democrazia Cristiana /ia .,. certo bisog"° · di loro. Ed essi dissipano tutte queste occasioni e questi sorrisi della f ortu11a,incapaci COtlll! smw di trasformare in UM for::a politica quel voto di libertà che due milioni di itali.u,i avevmio loro offerto e affidato il 18 aprile. UMBERTO SEGRE E' il socialismo democratico un'utopia ? La sinistra del P.S.L.I., nel recente Congresso di Mi– lano, è apparsa una forza sufficientemente compatta e omogenea: ma ha perduto, in sede di assemblea congres– suale, l'essenziale battaglia ·per la conquista uei fluttuanti; l'ha perduta contro Saragat, il quale ha pronunziato un notevole ed abile discorso, per quanto generico ed im– preciso nei punti essenziali, ed è riuscito a suscitare nei più un'impressione, in parte errata ed illusoria, di con– cretezza, di vigile senso di responsabilità e di serietà am– ministrativa, da uomo di governo che sa spogliarsi della veste d'uomo di parte. Diciamo che tale impressione, riportata dalla mag– gioranza dei congressisti e registrata con vari gradi di soddisfazione dalla stampa e dall'opinione pubblica, i– illusoria ed errata, perchè si basa solamente e semplici– sticamente stil fatto che Saragat ha - appunto - trala– sciato, anzi soppresso, tutte· e istanze di uomo di parte, ossia le i~ari~e":soci!lliste, ~e s1 è posto sul piano esclusi– vamente negattvo della difesa di un cerio tipo di demo– crazia politica contro il totalitarismo comunista. Di qui la genericità sostanziale delle sue enunciazioni, che tutti gli anticomunisti hanno accolto come prova di concre– tezza realistica, e che invece, con la riduzione di fallo del– l'attuale funzione socialista al livello di un minimo co– mune denominatore difensivo e sostanzialmente conser– vatore, ha eluso il vero problema concreto e centrale del Congresso, che era questo: se ci sia o non ci sia ragione { di esistenza per un so,cialisÌnc> democratic9,_ ossia per la. istanza sociale di una democrazia classista diversa dal I comtih.i.,mo, con sue proposte e sue motivazioni che non si rii:lucano "all'esigenza dell'anlilotalilarismo. Questo è 11 ' problema fon da men tale del socialismo moderno; e la so- luzione di esso affermerà la ragion d'esistere del partito, come partilo socialista, o la negherà, imponendo agli at– tuali socialdemocratici la scelta (o il sacrificio) verso un ruolo di liberalismo più o meno avanzato. Questo problema - ripeto - è stalo eluso in pienp, per quanto sia intuibile che ~al e buona art.e cù:i suoi aderenti c ngressuali, fors anche mconsciamente, negfilno ormai di fatto un vero e conseguente caratterp classista al movimt>nto socialista, e qQÌndi neghino la storicìlà di un socialismo odierno. NegaQo di fatto, ~a - per - così dire - non hanno il coraggio di negare di diritto, di rinunziare, cioè, ad llna ideologia. Di qui la sterilità di tale posizione, la sua indecifrabilità, la scarsa forza d'attrazione verso le forze genericamente liberali del Paese, che dovrebbero esserne la base politica. Infinitamente più efficace la chiara e incisiva posi– zione di Andreoni, il quale è stato, almeno in assemblea, il 'vincitore simbolico del Congresso. Quel suo negare re– cisamente qualsiasi convenienza e opportunità di riunirsi ai vari Romitn e quel suo appellarsi alla maggioranza del popolo italiano, sono il solo chiaro e mordente tenta– tivo di disincagliare il partito da certa vecchia retorica e di avviarlo verso una nuova realtà nazionale. La quale, tuttavia - chi ben guardi - è pur essa pericolosamente generica (l'imprecisata e unità col popolo italiano >), e non può che evolversi, o involversi, obiettivamente, in nazional-socialismo, nell'accezione ormai storica del ter– mine, ossia nazionalismo autoritario più o meno arricchi– to di riforme sociali imposte dall'alto. Questa posizione - che è sloricisticamente molto seria - si riassume in un giudizio di condanna dell' utopia socialista democru- tica, ed ha le sue prove e i suoi testimoni d'appoggio nella Russia sovietica stalinista, nell'Italia fascista post- 1926 e diciamo anche post-1943, nella Germania nazista, nella Jugoslavia nazional-comunista. E' una posizione sto– ricistica, la quale relega nel regno delle utopie più o meno illuministiche la concezione del e socialismo democratico e realmente internazionalista>, e mira a risolverne le istanze sociali - o in senso classista, o in senso corpo– rativista - inserendole nello sviluppo storico del nazio– nalismo; e quindi fatalmente realizzandosi in autarchia– spazio vitale-guerra-imperialismo. Tutto ciò 6ignifica di– sperare profondamente delle ragioni storiche della demo– crazia e del socialismo: giacchè socialismo non può vo– ler dire che sviluppo massimo, sul terreno pratico, del potenziale politico ideale della democrazia; e ciò, sia nell'accezione socialdemocratica, sia nell'accezione tros– chista., Socialdemocratici e troschisti hanno in comu– ne (magari con loro grave disappunto) questa grande cosa che è la mèta finale e la causa ultima: un ordinamen– to di democrazia integrale. I bolscevichi e i fascisti han– no in comune quest'altra mèta finale: un ordinamento di integrale dittatura. Ecco - sia detto di passata - come andò che gli amici di Critica Sociale e noi di Iniziativa socialista uscimmo insieme pur con gravi divergenze re– ciproche, dal P.S.I.U.P. paracomunista. 'futta la serietà dolorosa del problema sia nel giudicare (e quindi nel rassegnarsi coerentemente al giudizio) se veramente la democrazia socialista (e abbiam detto che lo sviluppo logico-pratico della democrazia non può essere che so– cialista) sia irrealizzabile, e se tutta la funzionalità stori– ca del socialismo debb:1 ridursi o risolversi in bolscevi– smo e in fascismo. ••• A questa paurosa prospettiva - tragicamente ironica la nostra speranza può, ma solo in parte, opporre la grande esperienza del socialismo laburista inglese, e l'alto potenziale di realismo storico della scuola socialista au– striaca, creatrice di una tradizione di cultura socialista legata ai problemi politici concreti, la qu.ile è stata il clima migliore per quell'audace politica di regolamenta– zione economico-finanziaria che ha fatto superare all'A,1- stria difficoltà terribili in questo dopoguerra, attraverso i due cambi della moneta e l'inflazione repressa. L 'esperien.za laqurista inglese dimostra, o tende a rii– mostrare e per il momento ci contentiamo), la ·possibilità di realizzazione di un'audace democrazia socialista senza dittatura politica. Ma serve solo in parte a confortare la nostra speranza e la nostra ragione di lotta, perchè in essa tutto lo slancio che avvantaggia le soluzioni sociali– ste democratiche all'interno del Paese, sembra angustiar– si, sul piano delle relazioni internazionali, in una po– litica di scarso mordente internazionalista, poco aperta ad una piena collaborazione europea, e soprattutto grave– mente infetta di autarchismo economico. Parrebbe, qnin. di, anche qui, che il socialismo non si realizzi che comç nazionalismo socialista. Questo lato negaUvo del fenome➔ no, che può essere contingente e correggibile, non deve d'altra parte scoraggiarci fino a farci dimenticare il lato positivo che è questo: la prova della possibilità di un sistema socialista senza dittatura, e la certezza che l'Io, ghilterra socialista non esporterà dittatura negli altri pae• si, mentre i nazional-socialismi o comunismi sono ditta-.

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