Lo Stato Moderno - anno VI - n.4-5 - 20 febbraio 1949

76 LO STATO MODERNO e ad un certo punto fece anche avanzare la proposta, at– traverso l' « Osservatore romano >, di una sua mediazione fra gli opposti blocchi. Evidentemente si pensava che, se la guerra avesse dovuto scoppiare a brevissima sca– denza, l'Italia, non in grado di riarmarsi rapidamente e quindi di opporre un fronte solido all'invasore, avesse tutto l'interesse a cercare di rimanere fuori del conflitto; e, ove questo non fosse possibile (noi siamo tra quelli che non lo consideravano e non lo considerano possibile) for– se conveniente che, almeno di fronte all'invasore, non si presentasse come ostile. l\fa non appena svanita l'im– minenza del pericolo, l'atteggiamento del Valicano è cam– biato radicalmente. Radicalmente, ma in perfetta coeren– za con i suoi in !eressi. Già il discorso del Papa di Natale, e meglio ancora quello recente, hanno espresso abbastan– za chiaramente quale linea politica il Valicano segua e propugni. Poichè il mondo si presenta per esso diviso in due: da una parte i paesi a civiltà cristiana, dall'altra i nuovi barbari che la civiltà cristiana minacciano, non resta, pur senza avere la predeterminala volontà di giun– gere a provocare la guerra, che propugnare un'allenza di tutti i paesi « cristiani > senza, come precisava la < Ci– viltà Cattolica > assurde distinzioni tra paesi democratici e non democratici (Spagna, Portogallo, Argentina). Scopo di questa alleanza, presentare un fronte abbastanza mu– nito da sconsigliare all'altra parte la guerra, o alla peg– gio, se alla guerra si arriverà, essere in grado di vincerla. Il ragionamento, come si vede, non fa una grinza. Dal ,punto di vista, in.fatti, della difesa della Chiesa, non vi è dubbio che questa sia la via migliore. Nel resto, cioè in quello che è la situazione interna dell'Italia, essa si •presenta del tutto favorevole alla Chiesa, al nuovo guel– fismo; e pertanto l'attuazione di simile politica non può che favorire il consolidamento dello status quo. E se la guerra non sarà imminente, sarà anche possibile raffor– zare l'Italia militarmente ad un. livello decente. In parte coincidente con questo ragionamento è quel– lo delle Potenze Occidentali, per riarmarsi e, cercar di allargare la cerchia degli alleali. Al posto della difesa della Chiesa c'è la difesa della democrazia. E' vero che c'è da parte dell'Inghilterra e degli Stati Uniti la preoc– cupazione di evitare le unioni con i paesi fascisti o filo– fascisti; ma dal punto di vista interno le preoccupazioni son.o ben limitale, cosi come Io sono per molti altri paesi aderenti, compresa la Norvegia. Per essi c'è poi, ollre alla necessità imprescindibile di non farsi sorprendere, an– che quella di mantenersi o di rimettersi al rango di grandi potenze, così da poter trattare come tali di fronte ad ami– ci e ad avversari. Quanto ai paesi piccoli aderenti al Pat– to Atlantico, come il Belgio e l'Olanda, anche per essi non ci sono dubbi. La loro posizione geografica li pone in una condizione in cui una loro dichiarazione di neu– tralità sarebbe perfettamente inutile, e li isolerebbe senza contropartita. Ben diversa è la posizione dell'Italia. La dichiara– zione di neutralità (a proposito di neutralità: sarebbe be– ne che si distinguesse anche in serle polemica, e si evi– tasse di parlare di una equidistanza che non solo non è possibile, ma di fatto non è mai esistita; così come sareb– be bene intendere che parlando di neutralità noi non in– tendiamo affatto fare gli utopisti che credono possibile ri– manere fuori da un conflitto mondiale nel caso che que– sto scoppi), la dichiarazione di neutralità da parte del– l'Italia, come da parte della Svezia, può avere, quale che sia l'importanza del nostro paese dal punto di vista stra– tegico e del suo peso effettivo in Europa, un effetto di– stensivo che, senza pregiudicare le possibilità di sicurez– za del mondo occidentale, potrebbe valere a tenere aper– ta la via per un'intesa con alcuni paesi dell'Europa orien– tale, i quali, come appare da molte notizie che ne vengo– no (ce ne sono di recentissime dalla Cecoslovacchia), sono ancora lontani dal costituire quel massiccio blocco che da molti si crede. Inoltre, dato che la situazione obiettiv,a internazionale non è tale da esigere per la sicurezza del mondo l'ingresso dell'Italia nel blocco occidentale, che può benissimo ar– marsi senza di noi, vale la pena di tener conio della si– tuazione interna del nostro paese. E p_roprio queste con– siderazioni ci portano a desiderare che si eviti di entrare in patti militari. Essi signjficano per noi un rafforzamento delle attuali classi dirigenti politiche ed economiche, e conseguentemente il rafforzarsi di una politica di tipo decisamente, anche se mascheralamente, reazionario: con– trario, non solo ad una democrazia socialista, ma anche a quella democrazia moderna « concreta e operante > che è n.elle aspirazioni di Paggi. In sostanza, noi crediamo che l'ingresso dell'Italia nel Patto Atlantico oggi abbia un fine, e certamente avrà effetti, che non sono di pura di– fesa o sicurezza nei confronti di presunti futuri aggres– sori, quindi non puramente di politica estera, ma piutto– sto di politica interna. E' qui che il nostro dissidio con la politica seguita finora dal governo è più acuto. E alla luce di queste considerazioni apparirà che il nostro federalismo si pone come una esigenza e non come una illusione, o come una vaga aspirazione utopistica. Quanto al fatto che l'Unione Europea debba avere il bene– placito, anzi l'aiuto, di Washington, è cosa che non vale la •pena di discutere tanto è evidente. Solo, noi non cre– diamo che il Patto Atlantico sia un primo passo verso questa Unione, o Federazione come n.oi preferiamo dire e pensare. Un passo potrebbe essere forse, se l'Europa saprà approfittarne, il Consiglio Europeo. In ogni caso, vorremmo ancora ricordare che il no– stro atteggiamento, che con soverchia leggerezza viene definito di incertezza, non si •può sintetizzare in. un < ni > che noi opporremmo ad un appello della storia (come è stato detto anche in auesta rivista in un cappello apposto ad un mio precedente articolo). Si tratta in.vece di una azione diversa da quella del governo che noi vogliamo wolgere. E l'azione stessa del governo non è una risposta in realtà, ma una sollecitazione. Le nostre sollecitazioni alla storia sono ben diverse. PIERO GALLARDO Fortuna contro . ' virtu fo un suo libro di Me-morie politiche, dedicato al q1ti11quen11io 1921-25, di cui leggeremo finalmente il testo, tra poco, per i tipi di Garzanti, Ant011io Salandro racconta che egli non aveva mai voluto appartenere al Partito Liberale, nè frequentarne i Congres. si, nè ricever,u ordini: tanta era la gelosia della sua perso11ale in– dipe,idenza politica. Poi, la cosa finì t11ale.Un bel giorno Giovan– tii Ge11tile, che da quel partito proveniva, se ne dimise, scrivendo a Mussolini clie chiedeva· l'iscrizi011e al partito fascista, vero ed autentico, ormai, partito dei liberali italia11i. Povero Gentile/ Ma povero Salandra, a11c/ie: il q1.ale, preso da fitrioso dispetto, quel giof'tlo stesso si iscrisse al Partito Liberale, per dit11ostrare final– mente la sua i11dipende11:,a dal fascismo. Il resto della storia, ab. bastanza lacri111evo/c,potrete leggerlo presto. L'episodio bostp Pe– rò a 11wstrare come gli uomi11ipolitici di vecchio stampo comide– rassero i partiti come congreghe minori, e maggiore e fondamen– tale soltanto la !oro posizione personale. E' 1111 pò quello clie ha fatto il nostro 011or,rvoleSaragat nei riguardi del P.S.L.l. Irritato 'Per l'incostanza dei suoi compagni, ha deciso u1>bel giorno di dimettersi da ministro. Se si fosse trot– tato di dimissi011i di carattere strettamente personale, nessu11a po. /emica ne sarebbe nata. Ma no, si trattcwa di mettere in accusa, c011quell'atto, tutto· il Partito davanri all'opilli011epubblica, e da– vanti cJI GO'Venio; e sÌ! stesso, l'011orevole Saragat, al di sopra di ogni accusa, grande inquisitore. De Gasperi si è mostrato, come di con.melo, abilissimo: ha mostrato che la cosa 11011 lo riguardava, è stato di una discrezi011e angelica; lia rifiutato le dimissio11i.In fondo 11011 teme l'opposizio– ne socialdemocratica, sebbene qualche piccolo fastidio essa possa pur recargli: 1101,ta11to come opposizione, q1ta11topiuttosto come assen:,a. Si è portato ,allora in modo da solleticare l'ambizione po– litica dei socialdemocratici, con l'offerta a Trm1elloni della ,-ap– p,-esentanza italiana all'O.E.C.E.; ma nello stesso tempo, non ho

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