Lo Stato Moderno - anno VI - n.4-5 - 20 febbraio 1949

LO STATO MODERNO 97 Questo opererebbe lentamente, !Ila alla fine sarebbe de– cisivo. L'alt;a concerne la rigidità salariale. Deprezzare la moneta ai fini di una maggiore occupazione significa in un primo men lo rialzo del costo della vita, e per il rin– caro dei prodotti d'importazione, e per il maggior potere d'acquisto messo in circolo nelle nuove occupazioni. Ta– le rincaro non dovrebbe essere seguito dal rialzo dei sa– lari e delle remunerazioni fisse in genere: esso significhe– rebbe una distribuzione più equa dell'attuale fra gli attua– li occupati e gli attuali disoccupati. In. un secondo mo– mento seguirebbe il beneficio economico per tutti. · Questa esigenza, tipica Italiana, di una moneta ten– denzialmente sottovalutata, è stata intravista e sostenu– ta dai partiti di sinistra: ma sostenuta dal punto di vi– sta p.rettamente politico della pregiudiziale avversione al– J'E.R.P., e non dal punto di vista economico-sociale qui considerato. Perciò c'è poco da sperare che la C.G.I.L. vorrebbe entrare nel merito di una siffatta manovra. Tut– tavia, questa affermazione potrebbe anche non dimostrar– si giustificata all'atto pratico. In realtà, l'inconveniente dell'E.R.P., per noi, è pro– prio questo: che consentendo una sufficiente tranquillità sulla bilancia dei pagamenti, devia l'attenzione dalla con– sideraz10ne della valutazione della moneta e della ragio– ne di scambio internazionale, e dai loro riflessi sul grado di occupazione, E' fuori questione che finora l'E.R.P. - e gli aiuti precedenti - sono stati più che provvidenziali per dare pane e lavoro e per avviare la ricostruzione. Ma più il tempo passa e più c'è pericolo che esso divenga . controproducente. Un sintomo di questa verità potrebbe già vedersi in una circostanza che forse qualcuno potrebbe essere in– dotto ad opporci per contrastare alla nostra tesi. Duran– te lo scorso anno, la circolazione è aumentata di 175 miliardi, e di essi ben 156 sono stati dovuti ad acquisti di valute e divise non riassorbile da corrispondenti im– portazioni. Si potrebbe vedere in questo fatto una proVll che si esporta già più che sufficientemente (dato il soste– gno valutario fornito dall'E.R.P.) di .fronte ai nostri bi– sogni di importazione e alle nostre possibilità produttive. La verità invece, per noi, sta proprio nella opposta inter– pretazione. L'attuale valutazione della lira rende cara la nostra -produzione in termini di valute estere, e quindi fa ostacolo ad un più ampio volume di esportazioni a prezzo unitario diminuito, con che fa ostacolo anche al bisogno di importazioni di materie prime e di generi ali– mentari, contenendo lo sviluppo della produzione e con– servando tendenzialmente elevato il costo della vita. Un giro vizioso in senso opposto a quello considerato dal no– stro ipotetico contraddittore. E' questa- la conclusione particolare - accanto a quella generale vista al par. 7 - che scende da questa rlisamina sulla valutazione delJa lira, e che sottoponiamo all'attenzione del lettore. ALDO DE TOMA A Napoli, un economista-cronista Mi sia consentito, una volta tanto, di lasciare da banda la veste dell'economista per prendere quella del cro– nista, almeno in qualche parte di questo articolo. Desidero infatti riferire ai lettori con la maggior obiettività possi– bile quanto è capitato a Napoli in occasione del Convegno per lo studio dei problemi della disoccupazione. Come è noto, da tre anni a questa parte la Confede– raz:one dell'Industria chiama a raccolta tutti gli· studiosi di problemi economici, qualificati da cariche universitarie, per discutere un problema di particolare importanza della nostra vita produttiva. A questi studiosi si affiancano, poi, operatori economici; e così si crea l'ambiente per una di– scussione tra teorici e pratici che può dare quak1'e frutto. Nel 1947 si discussero i problemi del re·nserimento della nostra economia nel vasto circuito mondiale. Nel 1948 si discussero i problemi dell'E.R.P. Nel 1949, come ho detto, quelli della disoccupazione. Napoli, capitale del Mezzogiorno, venne scelta di pro– posito per questo Conveguo. Infatti. il problema della di– soccupazione, nell'Italia meridionale, assume aspetti par– ticolarmente virulenti, anche sul piano politico. E giusta– mente si afferma che finchè non si avvia a soluzione il problema del Mezzogiorno, la nostra situazione economica non potrà dirsi equilibrata. Vorrei avere a mia disposizione una fotografia per mostrare come si è svolta la cerimonia dell'inaugurazione del Convegno, con il discorso dell'on. Corbino, relatore generale. Da una parte, seduti in fila, sei Ministri (tre democristiani, due socialdemocratici ed un liberale). Dal– l'altra, davanti ad un tavolinetto, !'ori. Corbino.· In mezzo. il tavolo della presidenza. Sembrava di assistere ad un processo. L'On. Corbino, pubblico ministero della repub– blica degli economisti italiani (come lo definì in seguito !'on. Fanfani), lesse con ·calda oratoria meridionale una lunga relazione, ponendo l'accento su tutti i fatti che han– no irrigidito il mercato; che hanno, cioè, portato all'at– tuale situazione, per cui i vari fattori della produzione sono praticamente immobilizzati _e non hanno la possibilità di cercare liberamente la via per un loro economico impiegb. E' chiaro che una relazione di questo genere doveva ne– cessariamente assumere un sapore politico. Forse l'on. Cor– bino è andato un po' troppo in là: cioè ha politicizzato la sua relazione più di quanto non fosse opportuno, e la reazione dell'on. Fanfani, sempre sul piano politico, come si vedrà, non è mancata. I sei m'nislri in fila, compunti, costituivano, per forza di cose. anche se non ne avevano singolarmente e collegialmente colpa, l'obiettivo per il tiro a bersaglio dell'on. Corbino. Dopo il discorso, un ministro mi disse che gli sembrava di ·essere al processo del Car– dinale; ed un altro, che gli sembrava di essere su una fiera in cui si danno le palle a tre un soldo. Il pubblico, per la verità, è stato piuttosto favorevole all'on .. Corbino con lar- ghi ed entusiastici applausi. - Dopo la relazione dell'on. Corb'no che, si capisce be– ne, è stata tutta un inno alla libera concorrenza, cominciò il torneo dei vari oratori .. Mi sia permesso, qui, classifi– carli in quattro categorie. Nella prima si possono collocare gli econom'sti comunisti, cioè il sen. Fortunati e l'on. Pe– senti. E' assai difficile la discussione di un problema eco– nmico quando, per troppe ragioni, la si porta sul terreno politico. Ed i comunisti ebbero buon gioco nell'affermare che la disoccupazione non è altro che l'aspetto piµ appa– riscente di una società economica decrepita. in via cli dis– soluzione, che non sa trovare in sè stessa le forze atte alla guarigione. Ma mentre una volta i comunisti dovevano ri– farsi a schemi teorici, adesso hanno la ricetta pronta. Di– menticano, però, questi economisti, che nell'U.R.S.S. lo Stato è monopolista della domanda di lavoro, e quindi ha la possibilità di determinare il saggio reale del salario in relazione al livello del reddito nazionale. Ma determina an– che, mediante premi e punizioni, il livello della produttivi– tà; ed elimina le vischiosità spaziali, mediante l'obbligato– rietà degli ~stamenti dellla mano d'opera da un luogo al– l'altro, quando se ne presenti la necessità. In queste condi-– zioni è facile risolvere il problema della disoccupazione: basta aumentare il numero delle ore di lavoro e la ~rodut-

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